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Anguria o melone?

Creato il 23 gennaio 2014 da Enricobo2

Anguria o melone?

Taskent - Uzbekistan - giugno 2002


Un bel dubbio, non vi pare? Quasi sempre uno di quei turbamenti che impongono una scelta. In qualunque modo tu decida, stai tranquillo che ci saranno i pro  e i contro, con i loro partigiani e cultori che vorranno spiegarti come non è da prendere neanche in considerazione l'altra sponda, anzi ci si meraviglierebbe che tu non propendessi senza titubanze per quella giusta, corretta, leale, etica ed inevitabile. Questa dicotomia la si incontra continuamente dappertutto, sia se si consideri un luogo reale o geografico, che invece se ne faccia una questione teorica. Nell'immagine di qualche anno fa, il "fido" Misha, la proponeva in una polverosa notte di Taskent, il paese che già di default si proclamava orgogliosamente come produttore dei meloni più dolci e delle angurie più succulente del mondo. Lo erano davvero? Chissà, Certo si titubava ad assaggiarle, consci del passato prossimo vissuto dalla lama di coltello che le aveva tagliate e quindi delle conseguenze gastrointestinali che il paese, brodo di cultura di quanto ancora rimane della peste bubbonica, prometteva e puntualmente regalava a turno ai componenti della truppa presente in loco a fare lo start up di una fabbrica e per firmare futuri lucrosi contratti. Notti già calde di un giugno secco di nuvole di polvere all'orizzonte che ti seccavano la gola e promettevano di essere l'avanguardia del torrido caldo estivo, che le stesse cucurbite avrebbe gonfiato a dismisura per farle poi marcire in un attimo e riportarle alla terra; da dolci delizie, a liquami immondi, specchio della vita umana.
Anch'esse però promesse di affari. Del progetto lungamente studiato di un gigantesco essiccatoio per produrre appunto le banane di melone, fette di gialla dolcezza da decorticare e ridurre a frutto secco e confezionato che garantisse una conservabilità sconosciuta a quel paese lontano. Vento di modernità, di cui l'amatore fasullo della naturalità mendace, del c'era una volta e com'era bello, non vuole considerare gli immensi vantaggi di disponibilità nel tempo, sanità, possibilità di distribuzione e tanto altro ancora, a favore di un falso mito che promette è vero freschezza e anche bellezza a fronte, di deperibilità, deterioramento rapidissimo, spreco. Non se ne fece nulla naturalmente, mancavano i dollari. Ma quante volte ancora ho trovato questi due compari, vecchio e nuovo in lotta, anguria e melone a contrasto. In Cina te li trovi sempre assieme in tavola, così insipidi entrambi, divisi insieme sui grandi carri spinti a mano o su camion dai cassoni sbilenchi che devono aspettare fuori della città per entrare, attendere che calino le ombre della notte più fonda, per non intasare il traffico già caotico. Rosso e bianco; il primo, che ormai è diventato un rosa pallido, che ha perso nel tempo la sua severità etica, esiziale per un verso come tutti gli estremi, per piegarsi alla forza irresistibile del mercato, diventando addirittura senza semi per maggiore comodità, perdendo un poco la sua anima che allietava i poemi antichi, quando metteva a confronto gli amici, seduti a sera davanti alla capanna, mentre si beveva vino caldo e sputando i piccoli grumi neri a terra, insieme a parlare di canapa e sorgo.
Il secondo poi, così giallo pallido da parere bianco, la cui dolcezza stucchevole opprime un poco, quasi un simbolo del corrotto che avanza, che però, si porta dietro inevitabilmente la diffusione di un benessere cercato e auspicato. Oppure in quell'East Africa che appare così ricco e povero al tempo stesso, dalle angurie inspiegabilmente piccole e dai meloni troppo grandi. Anche qui tante promesse dall' esterno, verde cupo delle une, giallo vivo degli altri. Tanta ricchezza reale e disponibile, tanta incapacità di trarne un utile giusto per tutti, certo incapacità accresciuta, sfruttata e mantenuta da chi invece incapace non è, anzi abile a sfruttare le debolezze insite nella tribù umana. Così quando li apri, entrambi non rispettano le promesse, diventano subito fiacchi al gusto, acqua insipida l'una, polpa senza nerbo l'altro, simboli inoppugnabili di promesse mancate. Dall'altra parte dell'Africa, i ricordi sereni di Marocco d'antan, dove un truffatore di piccolo cabotaggio cercava di gabbare i turisti cercando di sfruttare la loro ingordigia, il loro essere troppo furbi davanti all'ingenuo nativo. Propinava perle di saggezza da uomo blu sepolto tra le sabbie di un deserto antico, magnificando le bellezze bibliche del melone, brutto di fuori e dolce di dentro, come l'animo umano, intanto rifilava agli ingenui, un pugnale antico di secoli della sua famiglia, in cambio del valore di sacchi d'orzo per i propri cammelli, almeno cento dollari però, lui che diceva non conoscere il valore del denaro, pugnali che trovavi poi al mercato a un dollaro a pezzo.
Anche da noi in fondo la stessa cosa. Anche qui è difficile scegliere, tra la rugosità grigia che promette un profumo ineguagliabile, del Chanteloup e l'enormità dal verde screziato della bassa padana, così gonfia che pare stia per scoppiare, una esibizione di salute esagerata, forse falsa e subito pronta per mandare avanti la diatriba. Scelta al'Uzbeca o alla Cinese, alla Tanzaniana o alla Marocchina  o infine più nostrana. Ma no! Come si può togliere il diritto di scegliere al cittadino, privarlo della libertà di preferenza, diritto inalienabile, dimenticando magari che questa possibilità di scelta era fonte esagerata di spesa e di corruzione senza pari e passando sotto silenzio il fatto inoppugnabile che la gente si era già espressa anni fa con un voto certo e plateale, cancellando questo sconcio, appunto della preferenza e sperava di averlo fatto per sempre. Ma si sa, chi ha un interesse, lo maschera facilmente dietro le scuse più varie, le grida di viva la libertà, lo hanno sempre fatto tutti, comici, puttanieri e grigi protettori del popolo, anche se magari fino al giorno prima, avevano sostenuto l'esatto contrario. Così ci rimarrà sempre il dubbio se sia meglio l'anguria o il melone, nella speranza che non arrivi qualcuno, tranquilli, di certo grande amico e protettore del popolo, a toglierceli entrambi.
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