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Animal Kingdom: sopravvivenza nella giungla metropolitana

Creato il 02 novembre 2010 da Pianosequenza

Animal Kingdom: sopravvivenza nella giungla metropolitana

Animal Kingdom
(Animal Kingdom)
David Michôd, 2010 (Australia), 112' uscita italiana: 30 ottobre 2010 voto su C.C. Animal Kingdom: sopravvivenza nella giungla metropolitana
Stando al nome, Animal Kingdom potrebbe suggerire l'ennesimo documentario con velleità artistiche della National Geographic; si tratta invece di un sorprendente film australiano, a basso costo e notevole resa. Il parallelo etologico è giustificato dal fatto che il mondo nel quale si muovono i personaggi è una savana, dove solo i più forti sopravvivono. Lo scopriamo ben presto insieme al giovane protagonista Joshua (l'esordiente James Frecheville), che dopo la morte per overdose della madre è costretto a riallacciare i rapporti col resto della sua famiglia, dalla quale era sempre stato tenuto a distanza di sicurezza. Infatti la nonna (Jacki Weaver) e gli zii (Ben Mendelsohn, Joel Edgerton, Sullivan Stapleton, Luke Ford) rappresentano una compagnia poco raccomandabile: rapinano banche e si sono imbarcati in una lotta senza regole con la violenta polizia locale. Il povero J, anello più debole della catena alimentare, diviene quindi l'obbiettivo di continue vessazioni da parte dei maschi alfa (i leoni) della situazione: il patriarca Pope (Mendelsohn) teme che possa in qualche modo rappresentare un pericolo per il futuro della “banda”, mentre il detective Leckie (Guy Pearce) è convinto di poterlo usare come teste contro i suoi familiari. Come dice il famoso adagio: non importa che tu sia leone o gazzella; appena sveglio, comincia a correre...
Al suo primo lungometraggio, l'australiano David Michôd scrive e dirige un film convincente, di atmosfera e di sostanza. L'interessante lavoro di caratterizzazione col quale sono costruiti i personaggi rende le dinamiche familiari ricche di pathos ed intensità: è sempre presente una tensione strisciante, che avvolge anche le situazioni più banali. A rafforzare questa perenne sensazione di insicurezza sono soprattutto due protagonisti, il cui agire è reso imprevedibile da motivazioni pseudo-affettive (la nonna-matrona Janine) o da una sottintesa psicosi non più curata (il capobranco Pope). In questo inferno, Joshua – giovane, inesperto e quindi debole per definizione – fatica a trovare la sua strada, tentando di “ripararsi” all'ombra di quelli che sembra considerare gli elementi più carismatici, ma comprende presto che l'unico modo per sopravvivere è appunto quello di diventare, con la forza, a sua volta un leone. Lo scenario proposto non è di certo tra i più rassicuranti ma riesce a mostrare (pur con qualche esasperazione) un abbagliante spicchio di realtà, proprio grazie alla prospettiva “vergine” dalla quale viene filtrato, cioè gli occhi dello spaesato J, un ragazzone non troppo sveglio che vorrebbe solo vivere normalmente come i suoi coetanei (la scuola, una fidanzata, videogame, televisione). Con stile asciutto e buon senso scenico, Michôd riesce a mettere in scena con naturalezza questa storia borderline, esaltandosi nelle sequenze “di suspance” delle quali cura con attenzione ogni dettaglio – aiutato dall'efficace contrappunto musicale, firmato da Antony Partos. Film autoctono, “ruspante”, Animal Kingdom rivela un'Australia diversa da quella dell'immaginario collettivo, e che ha le sue radici proprio nelle origini da colonia penale che la storia ha voluto attribuirle; diventa un palcoscenico selvaggio sul quale va in scena la rappresentazione più vecchia del mondo: la sopravvivenza.
Rivelazione.

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