Mandarono la cavalleria contro la folla esasperata dall’aumento del prezzo del pane, dalla mancanza di lavoro, dalle condizioni di vita sempre più pesanti. I lavoratori milanesi perdono centodiciotto uomini, cinquecento sono i feriti gravi. Decine e decine gli arrestati. Il processo si svolge due mesi dopo e per Anna Kuliscioff la condanna è di due anni di galera. La milizia rivoluzionaria di Anna inizia presto. Figlia di un magistrato zarista allevata in una famiglia aristocratica, fornita di una solida cultura europea, non ha ancora vent’anni quando emigra clandestinamente in Svizzera dopo avere svolto attività politica in Russia, Anna conosce già la Svizzera: giovanissima vi si era recata per proseguire gli studi a livello universitario ( in Russia l’accesso all’Università è ancora vietato alle donne ) e si iscrive, caso straordinario per una donna a quei tempi, alla facoltà di ingegneria. A Lugano conosce Andrea Costa, anche lui costretto all’esilio forzato dal fallimento di un moto contadino in Romagna. Vanno insieme a Parigi e là pensano di costruire la loro vita (avranno insieme una figlia) ma vengono quasi subito arrestati sotto l’accusa di preparare moti insurrezionali. Costa viene condannato e Anna, assolta, torna a Lugano. Comincia qui l’altalena delle separazioni, delle fughe, degli interrogatori, delle lontananze forzate che alla lunga finiranno per logorare il loro legame e si separeranno nel 1885. Amareggiata per il cattivo andamento dei loro rapporti personali, senza nessun aiuto nell’accudire alla piccola, sempre occupata a fuggire, l’attività politica di Anna conosce una breve sosta per riprendere più intensa e serena quando si trasferisce a Napoli dove, tra l’altro, trova modo di esercitare la sua professione: si è laureata in medicina ed esercita come aiuto ostetrico. Conosce Turati il quale sta approdando al socialismo e vede in Anna la compagna della sua vita. L’impegno politico di Anna si rivolge alla causa delle donne, il problema del lavoro, della parità salariale, dei servizi sociali, della maternità dichiarando che non si può pretendere che la vita di un essere umano si realizzi in una funzione biologica che, seppure importantissima, si esplica in un tempo relativamente breve rispetto alla durata della vita. Combatte perché sia protetto il lavoro delle donne e quello dei fanciulli ancora soggetto allo sfruttamento indiscriminato. Assiste all’avvento del fascismo. La segregazione cui viene costretto il suo compagno, il delitto Matteotti, le distruzioni delle sedi dell’Avanti! L’atmosfera di violenza non fanno che accelerare la fine di un fisico già assai logorato. Il 29 dicembre 1925 Anna muore. Il funerale si svolge a Milano seguito da un’immensa folla di donne, lavoratori, compagni.
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SON LA MONDINA, SON LA SFRUTTATA
Son la mondina, son la sfruttata,
son la proletaria che giammai tremò:
mi hanno uccisa, incatenata,
carcere e violenza, nulla mi fermò.
Coi nostri corpi sulle rotaie,
noi abbiam fermato i nostri sfruttator;
c’è molto fango sulle risaie,
ma non porta macchia il simbolo del lavor.
E lotteremo per il lavoro,
per la pace, il pane e per la libertà,
e creeremo un mondo nuovo
di giustizia e di nuova civiltà.
Questa bandiera gloriosa e bella
noi l’abbiam raccolta e la portiam più in su,
dal Vercellese a Molinella,
alla testa della nostra gioventù.
E se qualcuno vuol far la guerra,
tutti uniti insieme noi lo fermerem:
vogliam la pace sulla terra
e più forti dei cannoni noi sarem.
-Pietro Besate-