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La trama (con parole mie): Anna Karenina, nobildonna di San Pietroburgo nella prima metà dell'ottocento sposata al politico Karenin, molto più anziano di lei, in viaggio verso Mosca per riconciliare suo fratello con la moglie alle prese con una crisi coniugale, conosce il giovane militare in carriera Vronsky.Tra i due scoppia una passione travolgente che porterà la donna a stravolgere le regole della società finendo per lasciare il marito in modo da poter vivere l'amore per il nuovo compagno, ed assumere di fatto i connotati della reietta: e mentre Karenin farà di tutto per continuare ad andare incontro alla madre di suo figlio, Anna finirà per crollare sotto il peso del suo nuovo ruolo e di quello che vorrebbe per Vronsky la famiglia di lui.Un dramma da camera che coinvolgerà, in qualche modo, anche Levin e Kitty, vittime come Anna dell'amore, ma destinati ad un fato ben differente.
Normalmente qui al Saloon non hanno vita facile i film all'interno dei quali la forma ha in qualche modo, sempre e comunque la priorità sulla sostanza: quando non si tratta di proposte radical chic destinate ad essere bottigliate, infatti, è facile che si tratti di blockbuster d'autore che di norma finiscono per essere più noiosi, bolsi e pesanti di titoli effettivamente autoriali ed effettivamente lenti come la più monumentale delle epopee russe.
E proprio con l'epopea russa si cimenta Joe Wright, regista patinatissimo che stando a quello che è il mio panesalamismo sulla carta dovrei detestare e che al contrario ho sempre trovato enormemente talentuoso, in particolare grazie alla prova che fornì con l'eccezionale Espiazione, drammone romantico che ai tempi fece grande scalpore qui in casa Ford, in bilico tra sentimenti, commozione, piani sequenza vertiginosi ed una confezione impeccabile.
Non è da meno questa sua versione di Anna Karenina, romanzo supercult di intere generazioni - che io non ho letto, giusto per metterlo in chiaro - firmato da uno dei nomi di riferimento della Letteratura mondiale, Lev Tolstoj, filtrato attraverso un gusto al limite del kitsch ed una sensibilità che, più che ricordare il dramma spaccacuore da togliere il respiro, strizza l'occhio a Baz Luhrmann e al musical in grande stile: onestamente siamo ben lontani dall'avere di fronte un'opera memorabile o un Capolavoro struggente, ma è inequivocabile che il lavoro di Wright sia impressionante dal punto di vista visivo, a partire dai suoi riferimenti al Teatro fino all'uso dei carrelli, delle scenografie, degli agganci tra le scene, di piccoli squarci di poesia pura ben nascosti da una confezione che pare avere la priorità su tutto il resto - la lettera strappata diventata fiocchi di neve, per quanto scontata possa suonare, mi ha strappato un'espressione di pura meraviglia -.
Anche il cast risulta sorprendentemente azzeccato, nonostante Keira Knightley - ultimamente sempre più insopportabile -, in particolare grazie ad un Jude Law granitico e lontano dal suo vecchio status di sex symbol e a Matthew MacFayden, che con il suo Oblonsky riesce nell'intento di rendere credibile un personaggio fatto macchietta come fosse il più profondo tra i protagonisti del dramma, riportando alla mente del sottoscritto addirittura lo spirito di alcuni degli Ekdal del Capolavoro - quello senza dubbio - di Bergman Fanny e Alexander.
Non so ora se i puristi dell'opera letteraria potranno apprezzare l'approccio decisamente più scanzonato scelto da Wright per rendere probabilmente più fluida ed elegante la narrazione, ma per una volta posso tranquillamente affermare che la forma riesce ad essere di maggiore aiuto rispetto alla sostanza non soltanto per quanto riguarda il ritmo della pellicola, ma soprattutto per quanto concerne il suo "corpo", quasi non fosse possibile scindere il suo lato terreno, la sua apparenza, dai contenuti: in questo senso il buon Joe è riuscito in qualche modo a fornire un ritratto forse fin troppo perfetto della materia che l'ha ispirato, plasmata sui sentimenti e sulla travolgente portata degli stessi ma anche sull'attrazione irresistibile e selvaggia, sul colpo d'occhio come veicolo per i cuori che battono, le pelli che si sfiorano, la voglia che sale, irrefrenabile, a scapito di qualsiasi contesto sociale, regola o senso della ragione e della morale.
Del resto i narratori russi, troppo spesso accusati di una certa qual freddezza di fondo, risultano in realtà tra i più intensi che la Letteratura abbia mai conosciuto: Wright, affrontando una sfida certo non facile, ha scelto di non prendersi così tanto sul serio da risultare spocchioso e raccontare un amore privo di mezze misure senza farsi soffocare dall'epica e dai contenuti, sfruttando la valvola di sfogo dell'occhio che vuole la sua parte per dare una sua interpretazione del "sacro" attraverso un fiume di magnifico "profano" che a volte, come in questi casi, non fa certo male.
In un certo senso, dunque, questa Anna Karenina non sarà la donna della vita, ma senza dubbio causerà turbamenti e lesioni ai muscoli del collo di molti degli spettatori che ne incroceranno il cammino e si troveranno costretti a voltarsi cercando uno sguardo che potrebbe cambiar loro la vita.
Fosse anche solo per una notte.
MrFord
"Hai ragione tu
cosa voglio di più
cosa voglio
Anna
voglio Anna.
Non hai mai visto un uomo piangere
apri bene gli occhi sai perchè tu ora lo vedrai
apri bene gli occhi sai perchè tu ora lo vedrai."Lucio Battisti - "Anna" -
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