Un quadro dentro al quadro, dentro al quadro.
Ecco come descriverei il nuovo film di Joe Wright, già regista di “Orgoglio e Pregiudizio” ed “Espiazione”.
E’ Anna Karenina (Keira Knightley, immancabilmente) la protagonista della storia, uno dei personaggi più celebri dell’omonimo romanzo di Tolstoj, pubblicato per la prima volta nel 1877, e definito dall’autore stesso “ un capolavoro del realismo”.
L’aristocratica russa, bella e sensuale, moglie di Karenin, alto funzionario dello Zar alla fine dell’800, si innamora inaspettatamente del giovane Aleksej, interpretato da Aaron Johnson. Sono gli occhi di lui, occhi grandi, azzurri, irresistibilmente profondi, ad esprimere meglio la loro passione, un amore proibito perché contro le regole.
Il film è vivace, mutevole, travolgente, ricco di sequenze veloci, divertenti e colorate. Lo scintillio dell’oro, del bianco, delle perle, dello sfarzo delle grandi famiglie si alternano alle ombre cupe della povertà.
Nel silenzio corrotto dell’alta società, l’ondeggiare lieve di un ventaglio che dapprima suona come un battito d’ali, presto si trasforma nello scalpitio furioso degli zoccoli di un gruppo di cavalli.
Si parla del prezzo che hanno i peccati, di quanto bene e male in fondo non siano che concetti relativi. Si parla dell’amore, di come ci si possa rendere ridicoli quando si ama, di quanto sia offensiva e umiliante la gelosia. La miseria e la “felicità più grande” sembrano essere le sponde opposte di un fiume impossibile da attraversare.
L’azione si svolge su di un palcoscenico, le quinte si muovono, le porte si spalancano, ora verso un campo innevato, ora in un salone da ballo; la danza è l’arma di seduzione più potente. Mosca è la nuova Babilonia, le voci e le dicerie, le maldicenze e gli scandali dominano la scena. La musica si disperde, occupa ogni anfratto oscuro delle grandi case e delle anime tormentate. Come diceva Shakespeare “Ogni uomo è un attore e tutto il mondo è un palcoscenico”.
Il regista ancora una volta si cala alla perfezione nella realtà storica, rievocando ricevimenti, costumi, gioielli e carrozze. I tramonti diventano bellissimi dipinti, i balli delle fotografie. Le stazioni innevate, il fumo grigio, gli sguardi rubati e quelli negati creano un’atmosfera sospesa e trascinano lo spettatore indietro, in un mondo incantato.
E alla fine c’è chi sceglie una vita semplice che risplende di luce vera; chi preferisce pentirsi di qualche errore compiuto lungo la strada, invece di dover sopportare il rimorso per non averlo fatto; e chi, oppresso dai sensi di colpa, cerca semplicemente una via di fuga.
Qualunque sia la storia, in amore non si chiede mai “perché?”
Carlotta Prandi