Sono finalmente riuscita a decidermi a iniziare Guerra e Pace, immenso, famosissimo, pare che tutto il mondo l’abbia letto tranne me, per cui credo sia giunto il momento di darci dentro! Ovviamente mi torna subito alla memoria un altro grande classico del mitico Tolstoj che lessi nel 2012: Anna Karenina. Il romanzo mi entusiasmò nonostante mi approcciai ad esso non molto convinta. Questa la mia recensione di allora (se non vi va di sciropparvela tutta saltatela pure, ve l’ho inserita apposta in corsivo!).
Un semplice capolavoro d’altri tempi ma sempre attuale grazie alla precisa descrizione degli stati d’animo e delle emozioni provate dai personaggi che sembrano vivere davvero in queste pagine. Incredibile l’equilibrio che Tolstoj ha dato a tutti loro, privilegiando comunque Anna e Levin, dotati di tantissimi punti in comune (anche se in queste 1200 pagine si incontrano in una sola occasione).
Tutto il romanzo gioca su paralleli e antitesi tra situazioni e personaggi; il più intenso di tutti è certamente il rimando, durante il suicidio di Anna, alla morte dell’uomo in stazione. L’entrata del personaggio e l’uscita di esso pare svolgersi nel modo più opposto possibile: Anna felice, serena, pronta a risolvere la situazione generatasi tra Stiva e Dolly prima e Anna disperata per la propria vita così tormentata e piena di dubbi e angosce che vede nella morte la sola soluzione dopo.
Se Levin trova la forza di andare avanti e si approccia alla sua malinconia in modo assolutamente scientifico e filosofico, Anna è passionale e si lascia travolgere da tutte le emozioni in modo totale e appassionato. Che siano positive o negative le sensazioni di Anna si moltiplicano e avvolgono interamente il personaggio, capace così di passare in poche battute da una rabbia e una gelosia intensa e provocatoria, alla tenerezza e dolcezza. La sua lunaticità – chiamiamola così – può suscitare antipatia nei suoi confronti ma senza dubbio è resa in modo ineccepibile; io stessa sebbene non mi avesse del tutto conquistata il suo personaggio nella prima metà del romanzo, nella seconda metà sono rimasta affascinata da una donna così forte e capace di prendere decisioni dolorose e allo stesso tempo così debole e scostante. Raramente si incontrano personaggi così reali, perfetti in ogni lato e coinvolgenti.
Ma questo non è solo un romanzo di amore e morte ma anche un trattato – e qui si spiegano le mie 4 stelline – di politica, agricoltura, pittura e società. Lunghi paragrafi che spiegano nei più piccoli particolari la concezione della cultura dei contadini, degli interventi in una guerra lontana, della coltivazione e della tenuta delle aziende agricole, della pittura italiana di fine ’800, e così via, rallentano la lettura – altrimenti piacevole e scorrevole – del romanzo creando vuoti narrativi e pause dalla trama. Personalmente questi intramezzi, insieme alle discussioni di politica tra i personaggi, li ho trovati molto pesanti.
In ogni caso è un grande classico che va rispolverato ogni tanto, magari prima di una nuova trasposizione cinematografica (l’imminente film di Joe Wright sarà la dodicesima!).
Ho trovato il coraggio di guardare il film di Wright solo durante queste vacanze di Natale, insieme a mia mamma e mia sorella, tutte e tre a produrre critiche di alto livello (“Oddio che brutto l’attore che fa Vronskij”, “La Knightley è decisamente troppo magra, insopportabile quando sorride”…). Quando seppi che sarebbe stato girato in forma “teatrale” ero già disperata, ma mi sono bastati i primi 10 minuti per convincermi che quello è il modo giusto di trasportare gli splendidi dialoghi di Tolstoj sul grande schermo. Certo, Jude Law lo avrei visto sicuramente meglio in Vronskij che non imbruttito e invecchiato nella parte di Aleksej, ma non chiediamo troppo!
Una delle splendide scene di ballo, da notare l’abito nero di Anna (Keira Knightley)
Per farla breve, grande aderenza al romanzo (ricordando che consta di 1200 pagine!), scenografia sublime, attori quasi del tutto azzeccati (pollice in su per l’interprete di Levin davvero bravissimo), colonna sonora perfetta e mai invasiva e soprattutto costumi meravigliosi che hanno fruttato a Jaqueline Durran un oscar. Difficile fare di meglio, bravo Wright!
Voto ad entrambi: ★★★★✰
♫♪ Two steps from hell – Nero
Io penso, disse Anna sfilandosi un guanto, che se ci sono tanti ingegni quante teste, ci sono tanti generi d’amore quanti cuori.