Anna Karenina, ti ho quasi smezzata, sappilo. Che bella sensazione vedere il segnalibro quasi a metà! La prossima tappa segnerà il giro di boa, e un bel finalmente me lo concedo, su.
C'ho messo molto tempo a leggere questa terza parte, soprattutto perché politica, Sanremo e maglia mi hanno tenuto un po' lontana dalla lettura, inoltre non sono state pagine ricche di chissà quali avvenimenti, anzi.
Il protagonista, come al solito, non è Anna bensì Levin. Levin tormentato, Levin che crede di aver dimenticato Kity, Levin che desidera soltanto una vita normale, semplice, anche come quella dei contadini che lavorano per lui. Li vede allegri dopo una giornata di lavoro e si sente una nullità, perché lui quella gioia di vivere non se la sente addosso, mai. Anche se ha una vita più agiata di loro, anche se può permettersi di passare il tempo coltivando i suoi hobby anziché lavorando, anche se è istruito ed è un brav'uomo, sente una specie di "invidia" per la condotta semplice dei suoi braccianti. La loro vita è così naturale, povera, facile che sembra essere più facile anche la felicità, una felicità che Levin sente non potrà mai appartenergli.
Kity, in questa terza parte, fa un'apparizione fugace, nient'altro. Viene più volte anche evocata dalla sorella, Dolly, che vorrebbe tanto vederla sposata con Levin, ma lui niente, gli brucia ancora troppo il no della ragazza alla sua passata proposta di matrimonio. "Io non posso chiederle di diventare mia moglie solo perché non ha potuto sposare chi voleva lei", pensa Levin. E come dargli torto? Eppure lui sa quello che prova, sa che non è vero che l'ha dimentica, a se stesso non può mentire. Sente che, semmai una felicità può esistere per lui, non può che essere una felicità legata all'amore di Kity.
Per Levin non è un momento facile. L'amore non c'è, il fratello Nikolaj è molto malato e anche il lavoro non va così bene. Levin cerca una soluzione per far rendere di più il suo terreno, pensa di iniziare a trattare meglio i contadini, vorrebbe aumentare la loro paga, responsabilizzarli. Il tutto, ovviamente, per ottenere un tornaconto personale, visto che in realtà delle condizioni del popolo russo Levin sembra fregarsene, come sottolinea in ripetute discussioni con amici e conoscenti. Per studiare al meglio le soluzioni da mettere in campo decide di partire per un lungo viaggio all'estero, per vedere come funzionano le cose in Europa.
L'amore di Anna e Vronskij non occupa molto spazio in questa terza parte, di fatto tra i due non cambia niente. Sembrava che la situazione fosse a un punto di svolta, dopo che lei aveva confessato al marito Aleksej di averlo tradito e di essere innamorata di un altro uomo, invece no. Il marito tradito decide di essere superiore alla bassezza della moglie, decide di non sfidare a duello l'avversario, di non chiedere il divorzio e di continuare a vivere la loro vita come se niente fosse. Decide di ignorare il tradimento, di continuare a vivere come se non lo sapesse. L'unica cosa che chiede ad Anna è di fare i suoi comodi con discrezione, senza far venire l'amante nella loro dimora, ad esempio.
Se lei sceglierà di mettere in piazza il suo amore illegittimo, se sceglierà di andare via dalla loro casa ne pagherà certamente le conseguenze da un punto di vista morale. Inoltre dovrà rinunciare a suo figlio. Anna non sembra poter vivere senza il suo bambino, d'altra parte nemmeno Vronskij sembra più tanto convinto di voler continuare a vivere quell'amore bellissimo, che però gli impedisce di fare la carriera che meriterebbe.
- Noi siamo coetanei; forse tu hai avuto più donne di me. [...] Ma sono sposato e credimi che, se impari a conoscere la sola moglie che ami, conoscerai tutte le donne meglio che se ne hai a migliaia. [...] Le donne sono il principale ostacolo all'attività di un uomo. È difficile amare una donna e combinare qualcosa. Per questo c'è un solo metodo comodo, che non t'impedisce di amare: il matrimonio. Come posso dirti quello che penso, come faccio a spiegartelo, [...] aspetta, aspetta! Sì, si può portare un carico e fare al contempo qualcosa con le mani solo se il carico è legato dietro la schiena: questo è il matrimonio. E l'ho capito quando mi sono sposato. Di colpo mi si sono liberate le mani. Ma se non ci si sposa, per tirarsi dietro il carico, tieni le mani così occupate che non puoi fare nient'altro.