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Per capire la montagna e il trekking c'è voluto un pò di tempo, l'inizio è tremendo non riesci ne a vedere ne sentire, sei solo concentrato sulla fatica, sulla respirazione affannata dall'altitudine, sul sudore, il freddo e la sete, l'attenzione è tutta rivolta su me stesso e non riesco a capire il senso, perchè salire e faticare? potevo starmene in qualche spiaggia in india, o continuare a passeggiare a Kathmandu...
Dopo alcuni giorni le cose iniziano a cambiare, capisci che la salita va affrontata lentamente e a piccoli passi, come le discese, camminare 5 o 6 ore al giorno diventa meno faticoso, man mano che salgo mi accorgo che il mio fisico reagisce bene senza alcun problema (mi avevano terrorizzato con i problemi legati all'altitudine) piano piano l'attenzione si sposta verso l'esterno, il paesaggio che prima mi sembrava muto inizia ad emettere suoni, mi accorgo dei cambiamenti di luce, dei profumi e della vegetazione che muta ad ogni passo. Il percorso è estremamente vario, attraversiamo giungle di bamboo, ruscelli, ponti, cascate, salite ripidissime, trazzere strettissime sul bordo di un burrone, bisogna fare molta attenzione a dove metti i piedi, un errore potrebbe compromettere l'intero percorso o essere addirittura fatale, (un paio di volte abbiamo visto sangue sulle pietre). Il tempo è bellissimo, qui è estate, ma è tremenda l'escursione termica, con il sole puoi stare senza maglietta, la sera ti serve il cappello di lana, la notte sull'Annapurna base camp la temperatura è -5, e menomale che è estate!
Ho iniziato il percorso con Ghorak la mia guida, è lui che porta il mio zaino, l'ho concluso con altre tre persone, dopo qualche giorno dalla partenza infatti ci siamo uniti al gruppo di un fotografo australiano, simpatico, socievole e con delle passioni in comune, che viaggiava con due sherpa, visto che è più facile trovare camere doppie in questo periodo abbiamo continuato il viaggio insieme, tuttavia non tutte le notti abbiamo trovato le camere, ma ciò mi ha dato la possibilità di dormire nella "dining room" con gli altri nepalesi giocando a carambola, in un magazzino delle coperte e in una capanna di bamboo a quasi 3000 metri. Quasi tutti giorni mangio "dal-bhat" il piatto tipico nepalese, riso, verdure, bamboo piccante e zuppa di lenticchie che loro mangiano con le mani, tutti i giorni a pranzo e cena, sempre lo stesso!
Non dimenticherò la soddisfazione e l'euforia di arrivare in cima a 4200 metri circa e vincere il freddo, la sensazione di stare dentro una nuvola, vedere contemporaneamente il sole sorgere da un lato e la luna calare dall'altro, i nepalesi che trasportano pesi improponibili con la testa (anche gli anziani), panorami mozzafiato in una dimensione di vita completamente diversa dalla nostra. Mi dispiace adesso andare via.
Due cose curiose: i due bambini che ho conosciuto tra le montagne ai quali ho insegnato a costruire castelli di carte (per loro montagne) si chiamano Santos e Criston.
Ho girato un video nel punto più in alto raggiunto e tra le nuvole sono apparse due iniziali B.P. (ultima foto)
Dopo alcuni giorni le cose iniziano a cambiare, capisci che la salita va affrontata lentamente e a piccoli passi, come le discese, camminare 5 o 6 ore al giorno diventa meno faticoso, man mano che salgo mi accorgo che il mio fisico reagisce bene senza alcun problema (mi avevano terrorizzato con i problemi legati all'altitudine) piano piano l'attenzione si sposta verso l'esterno, il paesaggio che prima mi sembrava muto inizia ad emettere suoni, mi accorgo dei cambiamenti di luce, dei profumi e della vegetazione che muta ad ogni passo. Il percorso è estremamente vario, attraversiamo giungle di bamboo, ruscelli, ponti, cascate, salite ripidissime, trazzere strettissime sul bordo di un burrone, bisogna fare molta attenzione a dove metti i piedi, un errore potrebbe compromettere l'intero percorso o essere addirittura fatale, (un paio di volte abbiamo visto sangue sulle pietre). Il tempo è bellissimo, qui è estate, ma è tremenda l'escursione termica, con il sole puoi stare senza maglietta, la sera ti serve il cappello di lana, la notte sull'Annapurna base camp la temperatura è -5, e menomale che è estate!
Ho iniziato il percorso con Ghorak la mia guida, è lui che porta il mio zaino, l'ho concluso con altre tre persone, dopo qualche giorno dalla partenza infatti ci siamo uniti al gruppo di un fotografo australiano, simpatico, socievole e con delle passioni in comune, che viaggiava con due sherpa, visto che è più facile trovare camere doppie in questo periodo abbiamo continuato il viaggio insieme, tuttavia non tutte le notti abbiamo trovato le camere, ma ciò mi ha dato la possibilità di dormire nella "dining room" con gli altri nepalesi giocando a carambola, in un magazzino delle coperte e in una capanna di bamboo a quasi 3000 metri. Quasi tutti giorni mangio "dal-bhat" il piatto tipico nepalese, riso, verdure, bamboo piccante e zuppa di lenticchie che loro mangiano con le mani, tutti i giorni a pranzo e cena, sempre lo stesso!
Non dimenticherò la soddisfazione e l'euforia di arrivare in cima a 4200 metri circa e vincere il freddo, la sensazione di stare dentro una nuvola, vedere contemporaneamente il sole sorgere da un lato e la luna calare dall'altro, i nepalesi che trasportano pesi improponibili con la testa (anche gli anziani), panorami mozzafiato in una dimensione di vita completamente diversa dalla nostra. Mi dispiace adesso andare via.
Due cose curiose: i due bambini che ho conosciuto tra le montagne ai quali ho insegnato a costruire castelli di carte (per loro montagne) si chiamano Santos e Criston.
Ho girato un video nel punto più in alto raggiunto e tra le nuvole sono apparse due iniziali B.P. (ultima foto)
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