Magazine Astronomia

Annegate in un bicchier di ghiaccio

Creato il 18 febbraio 2016 da Media Inaf

antarctic-meteoriteAnche se le meteoriti cadono in modo uniforme su tutta la superficie terrestre, più di due terzi di quelle finora raccolte sono state recuperate in Antartide. Tuttavia, nel ricco raccolto antartico stranamente non sono quasi presenti meteoriti ferrose, mentre altrove se ne trovano in media un buon 5 per cento.

Secondo un gruppo di ricercatori dell’Università di Manchester, nel Regno Unito, la soluzione di questa incongruenza è proprio lì, a poche decine di centimetri sotto la superficie ghiacciata. Nell’articolo pubblicato su Nature Communications, il gruppo interdisciplinare di Manchester stima che, a causa della maggiore conduttività termica, queste particolari meteoriti non riescano quasi mai a emergere dal ghiaccio, come invece fanno quelle rocciose in particolari zone di affioramento.

L’Antartide è la regione più produttiva del pianeta per la ricerca di meteoriti. Un po’ perché è un deserto (sembra strano definirlo così, ma l’acqua liquida è veramente scarsa), peraltro di un colore che contrasta nettamente con quello delle pietre. In più, il freddo asciutto permette la conservazione delle meteoriti per tempi molto più lunghi rispetto ad altre condizioni climatiche.

Ma la ragione principale è che qui agisce un particolare meccanismo di setacciamento automatico, riassunto nell’illustrazione a fianco realizzata dal Museo Nazionale dell’Antartide, che concentra in aree di pochi chilometri quadrati le meteoriti cadute sui milioni di chilometri quadrati dell’altopiano polare.

Dopo la caduta, col susseguirsi delle precipitazioni nevose, le meteoriti vengono sepolte nel ghiaccio. Il ghiaccio, per gravità, scorre verso il mare portandosi dietro il suo carico di meteoriti; tuttavia, se lungo il suo percorso incontra un ostacolo, come una catena montuosa, non può progredire indisturbato ma deve risalire contro la barriera. I forti venti polari rimuovono continuamente il ghiaccio in risalita (ablazione), formando così un affioramento di ghiaccio profondo e antico, il ghiaccio blu, sulla cui superficie emergono e si accumulano le meteoriti. Queste zone di affioramento (MSZ, Meteorite Stranding Zones ) rappresentano dunque delle miracolose miniere per i cercatori di meteoriti.

Ora i ricercatori di Manchester hanno sviluppato un modello – poi confermato da esperimenti di laboratorio – in grado di spiegare come mai le meteoriti ferrose apparentemente non passino attraverso questi meccanismi di “risorgiva”. Quando le antiche meteoriti in risalita arrivano a qualche decina di centimetri dalla superficie del ghiaccio, la parte della radiazione solare che riesce a penetrarvi inizia a scaldarle, e questo succede con più intensità per quelle a elevata conducibilità termica, come quelle ricche in ferro, provocando uno scioglimento del ghiaccio circostante sufficiente a compensare la risalita annuale del ghiaccio. In parole povere, le meteoriti ferrose “annegano” nel ghiaccio.

Una spedizione italiana a caccia di meteoriti in Antartide. Crediti: PNRA

Una spedizione italiana a caccia di meteoriti in Antartide. Crediti: PNRA

In questo modo dovrebbero dunque essersi formati abbondanti strati di meteoriti ferrose, a profondità tra i 10 e i 50 centimetri, finora sfuggiti alle usuali tecniche di ricerca in superficie.

«Se si riuscisse ad accedere a questi strati», commenta Geoffrey Evatt, leader della ricerca, «la nostra collezione di meteoriti ricche in ferro aumenterebbe in modo significativo, aiutando direttamente la nostra comprensione dei primi processi di formazione del Sistema solare», trattandosi probabilmente di frammenti del nucleo di antichi asteroidi, poi frantumati da impatti cosmici.

L’indicazione sulla mappa c’è: ora può iniziare la corsa a chi arriverà per primo a verificare se questo ricchi giacimenti esistano davvero.

Fonte: Media INAF | Scritto da Stefano Parisini


Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog