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Anni felici

Creato il 27 ottobre 2013 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

Anni felici

Anno: 2013

Durata: 100′

Distribuzione: 01 Distribution 

Genere: Drammatico

Nazionalità: Italia

Regia: Daniele Luchetti

Data di uscita: 3 Ottobre 2013

Nel cinema e nella cultura italiana, la famiglia è una questione fin troppo importante. Lo sa bene Daniele Luchetti che al tema ha dedicati i suoi due ultimi film, Mio fratello è figlio unico e La nostra vita. A chiudere la trilogia c’è forse il più bello dei tre film, e uno dei suoi migliori, Anni Felici che tra tutte le famiglie che poteva raccontare ha scelto di romanzare la propria.

Al centro infatti ci sono i ricordi d’infanzia del rapporto tra lui e il fratellino piccolo e i genitori, un artista d’avanguardia che non riesce a trovare il suo spazio e una donna comune, tradizionale nella formazione che invece sa essere molto più aperta di quanto non appaia. Una commedia semi-biografica, scritta da Luchetti con Sandro Petraglia, Stefano Rulli e Caterina Venturini, che tratteggia una “storia mitologica” (come diceva il titolo di lavorazione) della famiglia del regista, mescolando l’intimo racconto emotivo al racconto storico di un’epoca.

Raccontato in prima persona e fuori campo dallo stesso Luchetti, dando alla voce fuori campo un senso diverso nell’economia del film, Anni felici racconta attraverso vicende personali percepite e narrate da lontano, da quella sorta di rifugio inefficace che è l’infanzia, la crisi di un’epoca e di un’evoluzione, ossia quando negli anni ’70, soprattutto quelli borghesi, si cominciava a rivoluzionare il modo di intendere la famiglia, le relazioni, il rapporto tra uomo e donna non solo come sessi ma soprattutto come figure sociali, la consapevolezza personale e collettiva (come nella sequenza della performance a Milano alla Triennale) del ruolo della donne e dei suoi cambiamenti che Micaela Ramazzotti, nel ruolo e nella prova migliore forse della sua carriera, incarna perfettamente, in quel passaggio tra madre di famiglia e donna con la D maiuscola.

Ma oltre alle questioni che arricchiscono l’affresco, Luchetti usa la storia e il racconto come specchi che parlano gli uni degli altri, realizzando un film che non espone la propria commozione e che lascia allo spettatore il compito di coltivarla, arrivando magari a emozionarsi dopo la visione: come lo stessa regista ha dichiarato, “è un film che ti guarda”, ma non giudica e si arricchisce della sempre più affinata capacità del suo autore di trovare un’intimità e una verità, anche sensuale con personaggi e attori. Come una sorta di Assayas più semplice, più vicino al cuore e alla testa di un pubblico per il quale la definizione medio è quanto di più lontano dal definirne la mediocrità.

Emanuele Rauco


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