Magazine Cultura
Quello di Daniele Luchetti è un film che in qualche modo parla alla generazione di chi è stato bambino negli anni Settanta e ha guardato con gli occhi di bambino il riflesso sul privato, in particolare sul proprio ambito familiare, della rivoluzione sociale e culturale in corso.
Ma probabilmente Anni felici parla ancora di più allo stesso Luchetti che certamente nel film ha travasato parte dei suoi ricordi personali e del suo vissuto e probabilmente ha avuto bisogno di raccontare questa storia attraverso una cinepresa (esattamente come fa il protagonista del film, Dario), per venire a patti con il suo passato, per perdonare e perdonarsi e per ricominciare.
Sotto questa luce il film acquista una tenerezza che va persino al di là delle intenzioni dell'autore e che probabilmente lo riscatta da qualche elemento di "già visto" e di "piacioneria".
Anni felici è la storia di un periodo nella vita di una coppia, quella formata da Guido (Kim Rossi Stuart) e Serena (Micaela Ramazzotti), vista attraverso gli occhi del figlio maggiore, Dario (Samuel Garofalo), anche in relazione al figlio minore Paolo (Niccolò Cavagna). In particolare, racconta dell'amore travagliato tra queste due personalità un po' adolescenziali, lui convinto di essere un artista di avanguardia nonché incline al tradimento, lei che utilizza la propria fisicità e la forte attrazione tra di loro per tenere legato a sé il suo uomo, ma cede infine a un'esperienza extramatrimoniale.
Il tutto raccontato con ironia e leggerezza, grazie soprattutto alle interpretazioni dei due bambini.
Purtroppo del film - che pure ha un'ottima sceneggiatura firmata da Rulli, Petraglia, lo stesso Luchetti e Caterina Venturini - è inevitabile avere la sensazione di aver già visto molto in film precedenti, forse per una certa convenzionalità del racconto e della modalità narrativa.
Film gradevole dunque, ma che - a mio parere - non dice niente di particolarmente nuovo.
Voto: 3/5
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