«Dall’Africa settentrionale al cuore della penisola italica, una lunga serie di imprese ha costellato l’avventurosa vita del geniale generale cartaginese che attraversò l’Europa, superò le Alpi e marciò verso Roma con i suoi uomini e i leggendari elefanti, durante un inverno rigidissimo. Spinto da un odio implacabile e dall’incrollabile volontà di distruggere Roma, durante la guerra Annibale perse tutti gli affetti più cari: i suoi fedeli amici e commilitoni perirono in battaglia, il fratello Asdrubale fu decapitato e la sua testa venne scaraventata nell’accampamento cartaginese. E, soprattutto, la sua amata Similce morì dissanguata, dopo essere stata brutalmente violentata dai soldati nemici, e il loro figlio Fuabal non sopravvisse al freddo inverno durante la traversata delle Alpi. Ormai vecchio, solo e abbandonato dai concittadini, il valoroso comandante ripercorre la sua lunga storia e racconta le gloriose imprese militari. E anche se la sorte del cartaginese è segnata, Annibale non si piegherà alla superiore forza del destino, fino all’estremo gesto di sfida verso i suoi eterni nemici». Sin dai banchi di scuola intere generazioni di studenti hanno studiato e sono stati interrogati sulle grandi battaglie della Seconda guerra punica dividendosi tra sostenitori di Scipione e dei romani e simpatizzanti di Annibale e dei cartaginesi, dando il la anche ad accese discussioni politiche, in cui Annibale incarnava l’eroe, senza macchia e senza paura, che aveva avuto il coraggio e l’ardire di ribellarsi all’imperialismo romano. Sulla sua figura sono stati scritti innumerevoli saggi, biografie e romanzi; Hannibal. Il conquistatore, edito da Newton Compton, è il primo capitolo di una trilogia dedicata a Cartagine scritta da Ross Leckie (la traduzione italiana è di Rosa Prencipe), autore scozzese (da non confondere con l’omonimo poeta canadese), che vive attualmente ad Edimburgo. Questo di Leckie si va ad inserire così nella già corposa bibliografia che tratta di uno dei personaggi più famosi e leggendari della storia antica. Il romanzo si muove su due piani, quello storico, frutto di documentate ricerche, e quello privato che cerca di ricostruire la figura dell’uomo sottostante all’eroe. La tecnica scelta dall’autore è quella del racconto in prima persona, Annibale, vecchio e prossimo alla fine, ci guida attraverso la sua vita partendo dall’infanzia cartaginese fino ad arrivare alla vecchiaia che lo vede ormai un relitto dimenticato.
Pagina dopo pagina assistiamo alla formazione ed all’evoluzione della sua personalità, inizialmente influenzata dal padre Amilcare che gli infonde l’odio profondo ed irreversibile per Roma, mentre sarà il suo precettore ad inculcargli quella mentalità “rivoluzionaria” e “moderna” che lo trasformò in un grande innovatore sia in campo politico che militare. Ma sarà solo l’incontro con l’amata Similce a completarlo facendolo diventare l’uomo che è sopravvissuto al suo tempo. Le battaglie che hanno contrassegnato la sua epopea sono narrate ed esaminate nei minimi particolari, partendo da uno sguardo d’insieme, con i piani e le disposizioni dei due eserciti, si arriva poi allo scontro corpo a corpo, che ci restituisce l’orrore di mutilazioni, ferite e morti che colpiscono senza riguardo la sensibilità del lettore moderno. L’Annibale che esce fuori dalle pagine del romanzo è un uomo tormentato, schiacciato da un fato ineluttabile, prigioniero, quasi, di una missione che abbraccia per eredità e che è poi costretto, quasi per dovere, a portare avanti fino alle estreme conseguenze. Un uomo antico, dunque, portatore di grandi valori, geniale e creativo nelle scelte strategiche, tanto da inventare tattiche e formazioni che poi saranno fatte proprie dagli eserciti successivi, ma duro e spietato con sé stesso, con i suoi soldati e con il nemico. Annibale, secondo Leckie, è uomo quasi incapace di provare sentimenti “normali”, un uomo che si perderà completamente dopo la drammatica morte dell’amata Similce, che gli estirpa dal cuore ogni pietà, e, con essa, anche la possibilità di scegliere un destino diverso per sé e per i suoi, bruciato com’è dal fantasma di Roma, che lo divora dall’interno, trascinandolo all’inevitabile fine.
Il fato pone sulla sua strada un suo alter ego, duro e puro, diverso e geniale, esattamente come lui, Publio C. Scipione, che rappresenta quasi l’altra faccia della stessa medaglia, come si evince dal suggestivo ed emozionante dialogo prima della battaglia decisiva, quasi che la storia pretendesse che per fermare per sempre un uomo eccezionale ne servisse un altro della stessa pasta. Quello di Leckie è, in conclusione, un romanzo corale in cui si muovono tanti personaggi, ben caratterizzati psicologicamente, che permettono alla storia ed al mito di diventare palpabile e reale attraverso il vissuto dei singoli, uomini e donne, capaci di grandi atti e di terribili nefandezze, ma proprio per questo, umanissimi, fedele specchio di tempi in cui i connotati di onore, giustizia, amore, amicizia erano alquanto differenti da quelli contemporanei.