Anno astrale 2100. Quale Pianeta per i nostri nipoti?

Creato il 17 dicembre 2014 da Informasalus @informasalus
CATEGORIE: Attualità

Anno astrale 2100. Quale Pianeta per i nostri nipoti?

Non si tratta più di aspettare dieci, venti o trent’anni: l’impatto del cambiamento climatico sulle vite di ciascuno di noi è evidente già ora. E, se non si agirà in fretta, le conseguenze saranno devastanti.
L’allarme lanciato lo scorso 31 marzo dall’Intergovernamental Panel on Climate Change (IPCC) delle Nazioni Unite è il più inquietante dal 2007. Presentando i contenuti del suo ultimo rapporto nella città giapponese di Yokohama, il gruppo di esperti ha tracciato un quadro allarmante: insicurezza alimentare, penuria di acqua potabile, esodi sempre più massicci di popolazioni e rischio di conflitti sono, infatti, direttamente legati al riscaldamento del Pianeta e, si legge nel rapporto, «la probabilità di impatti gravi, estesi e irreversibili cresce di pari passo con l’intensificazione del fenomeno». Una minaccia diretta, dunque, anche per la vita umana sulla Terra.
Un appello ai governi di tutto il mondo
«Proprio per questo – ha spiegato Rajendra Pachauri, presidente dell’IPCC, aprendo i lavori della 38esima sessione del panel Onu – il rapporto è rivolto a un audience di non addetti ai lavori e soprattutto ai decisori politici. Molto del materiale in esso contenuto potrà essere d’aiuto rispetto alla complessa discussione sulla pericolosa influenza antropogenica sui sistemi climatici, in vista dei futuri negoziati internazionali sul clima». È al mondo della politica, insomma, che i tecnici delle Nazioni Unite hanno inteso rivolgersi. Nella speranza di ottenere, finalmente, delle risposte concrete, dopo le conferenze di Copenaghen, Cancun e Durban, organizzate con l’intento di imporre un accordo internazionale vincolante, ma conclusesi senza grandi successi.
Lo studio è particolarmente corposo e dettagliato, frutto di un immenso lavoro: per completarlo sono state passate al vaglio ben 12 mila pubblicazioni scientifiche. L’obiettivo che, secondo l’IPCC, i governi di tutto il mondo dovrebbero prefissarsi è quello di contenere il riscaldamento
globale entro i 2°C in media, rispetto ai livelli pre-industriali. Ad oggi, il dato è già cresciuto di 0,8°C. E il trend indica che, se si dovesse continuare sulla falsariga degli ultimi decenni, si potrebbe arrivare a toccare i +4°C entro la fine del secolo. Il tutto aggravato da un fatto.
Ovvero che, come spiegato dal co-presidente del gruppo scientifico autore del rapporto, Vicente Barros, l’umanità «non è preparata ai rischi legati al cambiamento climatico».
Il prezzo del riscaldamento globale
Perfino il segretario di Stato americano, John Kerry, ha commentato l’uscita del rapporto parlando della necessità di adottare decisioni “rapide e coraggiose”. «Non possiamo permetterci il lusso di aspettare – ha aggiunto – perché il prezzo sarebbe catastrofico. Negare la scienza è un errore». Resta però il fatto che gli Usa, insieme alla Cina, sono tra i principali responsabili dell’inquinamento del Pianeta. E non sono di certo
loro a pagare per primi le conseguenze della distruzione dell’equilibrio ecologico globale: come sottolineato dallo stesso rapporto IPCC, a subire l’impatto maggiore, in particolare a causa delle conseguenze su cibo e acqua, sono al contrario i popoli che abitano nei Paesi poveri. Ovvero, paradossalmente, coloro che contribuiscono meno al cambiamento climatico.
Ma l’Onu ha avvisato i governi anche rispetto all’impatto economico che il riscaldamento globale provocherà. Benché gli esperti abbiano sottolineato come sia difficile produrre stime certe, è tuttavia evidente che il climate change «rallenterà la crescita e creerà delle nuove sacche di povertà». A causa della crescente malnutrizione, ma anche per via del rischio di conflitti violenti che potranno scatenarsi tra popoli e Stati
alla ricerca disperata dei mezzi di sussistenza. Ma attenzione: non sarà soltanto il Terzo mondo a subire le conseguenze del surriscaldamento dell’atmosfera. Se è evidente il fatto che in Africa l’accesso all’acqua diventerà un problema ancor più drammatico rispetto ad oggi – questione
che investirà in modo crescente anche l’America Latina – in Europa le ondate di caldo estremo si moltiplicheranno, così come le inondazioni. Queste ultime colpiranno anche l’Asia, fino a comportare esodi di massa delle popolazioni a rischio.
Allo stesso modo, in America del Nord si registreranno con frequenza sempre maggiore eventi estremi (in particolare siccità, inondazioni costiere e caldo eccezionale). Nessun luogo della Terra, insomma, sarà risparmiato. Eppure – ha concluso Chris Field, uno degli autori del rapporto
IPCC, parlando all’agenzia AFP – questi problemi «sarebbero risolvibili. Il vero punto è che non siamo abbastanza ambiziosi e determinati per farlo».



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