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Anno Sabbatico e Fuga dei Talenti

Creato il 09 marzo 2011 da Fugadeitalenti

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Ospitiamo oggi il “guest post” di Riccardo Caserini, autore del libro “Mollo tutto e parto” (edizioni Vallardi) e del blog “Anno Sabbatico“. A Riccardo abbiamo chiesto di scrivere una riflessione che unisse i temi del suo e del nostro blog.

Un consiglio spassionato? Leggete le prossime righe…

Chi di noi non ha mai sognato di mollare tutto e di partire? Magari anche solo per un breve periodo di tempo.

Siamo in molti ad averlo pensato almeno per un giorno, eppure sembra una cosa così impossibile da realizzare, un sogno – appunto.

Prendersi una pausa dalla routine per dedicarla a se stessi è quello che spinge i giovani e meno giovani dei Paesi del Nord Europa, a concedersi un ‘gap-year’ (liberamente tradotto, un ’anno sabbatico’). Si tratta di un momento, che si colloca dopo le scuole superiori, al termine dell’università, oppure anche a carriera avviata, per fare il punto della situazione, riavvicinarsi ai propri desideri e ritornare poi con le idee più chiare ed una carica di energia in più. Anche il mondo del lavoro di questi Paesi è abituato a questa ‘pratica’, tanto da vederla di buon occhio ed incentivarla. Chi si concede un anno sabbatico è visto come una persona proattiva, dinamica, che ha saputo prendere una decisione e portarla avanti, che ha saputo organizzarsi e che ha fatto un’esperienza di vita impagabile.

Concedersi un anno sabbatico significa affrontare questi problemi e chiedersi se non ci sia qualcos’altro oltre alla routine alla quale ci siamo abituati. Può rappresentare un primo passo per chi inizia a considerare il fatto di lasciare l’Italia per lungo tempo, una prima ‘prova’, a tempo determinato, più gestibile e accettabile da chi ci sta vicino. Una volta che ci si è abituati al mondo fuori dal nostro quotidiano ed una volta ri-avvicinati ai nostri desideri, si aprono orizzonti prima impensabili e diventa molto più normale considerare la possibilità di vivere all’estero. Altri Paesi offrono inoltre più occasioni lavorative rispetto al nostro e, una volta che ci si sente ‘cittadini del mondo’, è molto facile essere tentati di lasciare la nostra piccola Italia.

La nostra cultura non ha ancora ‘sdoganato’ l’idea di anno sabbatico. C’è ancora un po’ di scetticismo, dovuto al fatto di consideralo una sorta di vacanza per ‘scansafatiche’, oppure di temere di non trovare un lavoro al proprio ritorno. E’ forse questo conformismo, che tende a mantenere le cose come stanno senza provare a guardare avanti, a spingere molti di noi a volersene andare. La maggior parte di chi mi scrive su www.annosabbatico.it e che ha il desiderio di ‘mollare tutto e partire’ è rappresentato da persone molto responsabili. Sono i nostri talenti e sono spinti alla ‘fuga’ da questi aspetti della nostra cultura rigida e conformista.

Le cose stanno, però, iniziando a cambiare. E’ sempre più facile incontrare chi ha fatto quest’esperienza, e sono sempre di più le persone che stanno pensando di premere il tasto ‘pausa’ per farsi delle domande e dare una direzione nuova alla propria vita. Anche gli ambienti delle ‘risorse umane’, i direttori del personale, stanno cominciando a rendersi conto che un anno sabbatico può essere molto utile, perché in grado di creare persone più aperte a idee nuove e culture diverse, di abituare al cambiamento e di sviluppare in chi affronta questo ‘progetto’ capacità che saranno utili alle aziende stesse per creare e tenersi così i propri ‘talenti’. Più l’idea di anno sabbatico verrà accettata e più si innescherà un ‘circolo virtuoso’ che, agendo sulle persone, sulle aziende e, di conseguenza, sulla nostra cultura, potrà veramente dare una mano a cambiare questo Paese, in modo che i nostri talenti non siano costretti a fuggire per sempre da qualche altra parte“.

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