Magazine Poesie

Annotazioni, glosse, recensioni

Da Narcyso

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Annota Luigi Fontanella nella sua rubrica “Libridine” su Gradiva 43/44 2013: “In questa sorta di ideario-diario mi soffermerò su libri, avvenimenti, singoli testi e perfino singoli versi che (…) hanno attratto in un modo o in un altro la mia attenzione o fatto scattare la mia reazione. Sarà prevalentemente questo, d’ora in poi, il mio contributo – assolutamente libero e spero anche giocoso – alla riflessione letteraria. Mi stanca e mi annoia, infatti, sempre più, scrivere vere e proprie recensioni su libri di poesia”.
È un pensiero che mi interessa perchè dichiara una stanchezza – si è stanchi quando si è lavorato molto – e perchè sottintende varie questioni:
– la funzione di un genere letterario, assai popolare e quasi esclusivo, qual è la recensione; è ancora un genere necessario ed esclusivo?
– il fatto che si possa parlare di un libro nella forma, non meno sottile, dell’annotazione, della glossa – i libri si annotano, si pasticciano con la matita, quasi a volerli restituire alla forma ancestrale del manoscritto, di una prima, lampante visione;
– l’annotazione permette un’intimità che la recensione, pur essendo un genere non codificato, non permette:
– l’annotazione realizza involontariamente lo stile del diario, qualcosa che ho chiamato “prosa critica” e che ho praticato nel mio libro “Radici delle isole”;
– l’annotazione mette in atto una frizione, un creativo combattimento amoroso, assai lontano dalle teorie e dalle elugubraazioni di certa metacritica. Non impone visioni ma discrezioni creative;
– la brevità, l’annotazione lampante, non sono sinonimo di superficialità ma di intuizione rapida, di pensiero poetante esso stesso;
– e in ultimo: esistono varie forme di restituzione: restituzione è un gesto, un invito, un’apertura; persino la dichiarazione dichiarata di un dissenso, di una rottura. Perchè non c’e solitudine nell’essere giudicati ma nel non essere giudicati. Abitiamo tempi in cui lo specchio riflette la superficie, forse per paura di spingersi oltre, di riconoscere al pensiero una sua “violenza”, una sua pericolosità. Sentiamo allora il bisogno di semplificarci il più possibile, di cogliere l’attimo di un piacere momentaneo, veloce e intenso. Semplificando, demandiamo agli altri, ad altri poteri, il compito di pensarci, di essere pensati. L’annotazione è una metafora dei nostri lavori in corso, della nostra possibilità di osservare il pensiero che agisce sugli oggetti d’arte facendoli vibrare di una luce che è necessaria a noi stessi, prima a noi stessi, poi agli altri.

Sebastiano Aglieco

 


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