Il countdown è terminato: ieri pomeriggio intorno alle 16.30, a Tunisi, è stata resa nota la rosa dei sei finalisti che concorreranno al premio Arabic Booker 2013, il cui vincitore verrà annunciato il prossimo 23 aprile in occasione della Fiera del Libro di Abu Dhabi.
Eccoli qui:
- Sinan Antoon, Ave Maria (Iraq)
- Jana ElHassan Io, lei e le altre (Libano)
- Mohammed Hassan Alwan, Il castoro (Arabia Saudita)
- Ibrahim Eissa, Nostro signore (Egitto)
- Saud Alsanousi, Gambo di bambù (Kuwait)
- Hussein al-Wad, Sua Eccellenza il Ministro (Tunisia)
Io, come altri, sono rimasta abbastanza sorpresa dalla selezione. E devo ammettere a malincuore che le mie previsioni non si sono quasi per nulla avverate.
Tra i “big” esclusi – volendo utilizzare una terminologia sanremesca – sono rimasti fuori dalla shortlist nomi come: Elias Khoury, Hoda Barakat, Rabee Jaber, Waciny Laredj e Ibrahim Nasrallah.
Mi ha sorpreso molto leggere, ad esempio, che fra i libanesi solo la giovanissima Jana Elhassan fosse stata selezionata. Possiamo pensare malignamente che l’esclusione dei “grandi”sia dovuta al fatto che già l’anno scorso Rabee Jaber, con il suo I drusi di Belgrado, aveva vinto il premio?
Forse i giudici hanno reputato fosse sufficiente farli arrivare tra i semi-finalisti. Tra l’altro, tutti i romanzi libanesi esclusi ruotavano attorno al tema della guerra civile, mentre il romanzo di Jana Elhassan è l’unico a non trattarla. Un segno che i tempi per la letteratura libanese sono cambiati? Se volessimo prendere per oro colato le scelte dei giudici potremmo anche dirlo. Ma significherebbe forse esagerare la portata del Premio.
Questa shortlist inoltre sembra aver voluto premiare i giovani: tre dei sei finalisti hanno infatti circa 30 anni: Jana Elhassan è nata nel 1985, Mohammed Hassan Alwan nel 1979 e Saud Alsanousi nel 1981.
Personalmente, sono contenta che il libro di Sinan Antoon sia tra i finalisti (per chi non lo conoscesse, consiglio di leggere Rapsodia irachena, edito da Feltrinelli, ad oggi l’unico tradotto in italiano, uno dei libri letti nel 2012 che mi ha colpito di più) e spero che ciò porti a nuove traduzioni in italiano. Anche l’autore è rimasto stupito dalla rosa dei finalisti: Arabic Lit (in English) ha riportato su Facebook un commento di Antoon in cui diceva: “Neanche io mi aspettavo questa shortlist, ma queste cose sono spesso piuttosto imprevedibili!”.
E poi sono anche contenta che in lizza ci sia il primo scrittore kuwaitiano nella storia del Premio, Saud Alsanousi, con un libro che racconta le difficoltà e le tragedie degli immigrati asiatici nei paesi del Golfo, un argomento molto sensibile ma importante e sempre attuale.
Infine, come ogni Premio che si rispetti, le critiche non sono mancate. Ma questa volta hanno toccato la Commissione dei giudici e il suo presidente in particolare. Molti commentatori hanno infatti criticato la scelta di mettere l’economista, accademico (insegna alla American University in Cairo) e intellettuale egiziano Galal Amin a capo del parterre di giudici. Amin, da alcuni tacciato di conservatorismo (anche se a leggere i nomi della lista non si direbbe proprio), è uno che in passato aveva applaudito a Chicago di Alaa al-Aswani e criticato invece Pane nudo di Mohammed Choukri perchè secondo lui “immorale” (ognuno ha i suoi gusti).
Intervistato per al-Ahram in merito all’esclusione di alcuni dei “big”, Galal Amin ha dichiarato che i lettori devono saper accettare con tolleranza le decisioni della commissione dei giudici. Amen.
Geograficamente parlando, questa shortlist accontenta le tre macro-aree del mondo arabo: il Maghreb, con Hussein al-Wad; il Mashreq, con Sinan Antoon e Jana Elhassan (per estensione inserisco anche Ibrahim Eissa), e l’area del Golfo, con Mohammed Hassan Alwan e Saud Alsanousi. Almeno in questo senso, i giudici non hanno scontentato nessuno!