Il dimesso Busu racconta la storia dei Ciraulo, palermitani, che si arrabattano come possono per galleggiare sulla soglia della povertà più nera, rivendendo il ferro vecchio delle navi in disarmo. Un giorno, la piccola e vivace Serenella viene colpita a morte da un proiettile destinato ad un capetto mafioso neanche troppo sconosciuto. Il padre Nicola si dispera, fino a quando la promessa di un risarcimento garantito ai morti ammazzati dalla malavita innescherà una spirale discendente persino peggiore del lutto per una giovane vita spezzata. Pronta inizialmente ad indebitarsi con gli strozzini e poi, quando finalmente i “piccioli” si materializzano nel salotto di casa, ad investire l'intero gruzzolo in un bene nient'affatto indispensabile (una Mercedes), la misera famiglia, vittima di mafia, con una mano si asciuga le lacrime e con l'altra intasca i soldi dello Stato, ma quando si scoprirà vittima di se stessa le conseguenze saranno altrettanto tragiche. Daniele Ciprì perde Maresco, ma non per questo il suo primo lungometraggio da “solista” si crogiola in una versione consolatoria del crudo cinismo che lo ha in passato contraddistinto. In una versione più digeribile, questo sì, all'insegna di un surrealismo un po' annacquato e una maggiore rarefazione simbolica, tutto a vantaggio della fruibilità narrativa. Addio alle blasfemie tipiche del duo siciliano, all'angelo sodomizzato e alla statua della Madonna violentata di Totò che visse due volte. É stato il figlio si lascia guardare anche da un pubblico che va al di là della smaliziata e cinefila élite appassionata di Cinico Tv. Rimangono i corpi sudati, laidi, flaccidi, vecchi. La stessa estetica dell'osceno. Che dire ad esempio delle pratiche notarili seppellite dall'avvocato strabico sotto una nevicata di forfora, o della vocina stridula del funzionario regionale, ridicolo nano in doppiopetto?
Alfredo Castro a Giselda Volodi e Aurora Quattrocchi (una nonna Rosa che sotto i modi remissivi e premurosi camuffa un atroce matriarcato), fino al giovane Fabrizio Falco, incoronato miglior attore emergente al lido veneziano. Siamo sul terreno del grottesco, lo stesso che già Matteo Garrone ha scelto di percorrere con il suo Reality, dove con 'reality' si vuole indicare un genere tv, bensì la realtà (vera) che il protagonista sembra perdere di vista, accecato dal miraggio di un riscatto, ahimé effimero, dalla miseria sociale. Per il regista partenopeo e la sua Italietta da piccolo schermo si tratta degli undici minuti di celebrità di warholiana memoria, che l'incanto del Grande Fratello è capace di far perdurare il tempo di una stagione televisiva. Per la Sicilia ritratta da Ciprì, invece, appena scaldata dai furori consumistici degli anni '80, il sogno di redenzione assume la forma ben più tangibile di una Mercedes blu, blu come quella dei politici, con la quale far schiattare d'invidia tutto il quartiere e, attraverso l'invidia, guadagnare rispetto e dignità. Non c'è differenza alcuna tra l'acquisto sconsiderato di Nicola, che dilapida una fortuna per un'auto di lusso, ma continua a vivere in una topaia, e il matrimonio kitsch che apre Reality, di quelli che mandano le famiglie sul lastrico per uno sfondo di cartapesta e lo scintillio di qualche paillettes.
Entrambi i film guardano ai fasti mostruosi della (tragi)commedia all'italiana di Risi e Monicelli, nonché alle famiglie difettose diEttore Scola, brutte sporche e cattive. Ma, a ben vedere, il bersaglio di Ciprì è ancora più lontano nel tempo, affonda in una traccia letteraria ancora straordinariamente fresca: non si è seccato l'inchiostro di Giovanni Verga. L'ossessione del capofamiglia Servillo per la Mercedes, che cura con tenerezza come si accudirebbe una figlia, risponde alla stessa logica maniacale di Mastro Don Gesualdo, altro pater familiasfollemente attaccato alla sua “roba”. Così come lo spietato e cupo darwinismo, che faceva naufragare alla Provvidenza deiMalavoglia tarpando sul nascere ogni possibile speranza di miglioramento sociale, rivive nell'ineluttabilità della tragedia che si abbatte sulla famiglia Ciraulo, rigettandola a terra non appena cerchi di alzare la testa oltre la cinta di grigio della periferia palermitana.
Il film uscirà nelle sale italiane il 14 settembre 2012Posted 2 hours ago by Sara Marmifero