Titolo: Io sono HeathcliffAutrice: Desy Giuffrécasa editrice: Fazipagine: 300 c.a.prezzo: euro 18,00data di uscita: 30 marzo 2012
Per le lettrici che hanno amato Cime tempestose di Emily Brönte, giunge in libreria il primo sequel fantasy della storia tra Cathy e Heathcliff: una rivisitazione innovativa ed emozionante di una delle più belle storie d’amore di tutti i tempi.
La Trama:
Elena Ray è una ragazza ricca e viziata, la sua apparente superficialità nasconde però le tipiche sofferenze adolescenziali. Damian Ludeschi è un affascinante ladro di strada, amante del pericolo e romantico sognatore, incapace di accettare l’abbandono del padre e di assecondare i voleri di uno zio violento e avido di potere. Le loro vite sembrano non avere nulla in comune, se non fosse per un’antica maledizione che lega entrambi alla vecchia tenuta conosciuta con il nome di Wuthering Heights, e ai loro storici proprietari: Catherine Earnshaw e il suo amato Heathcliff. Abbiamo imparato a conoscerli e ad amarli nel classico senza tempo Cime tempestose, che ha fatto palpitare tanti cuori, e ora li ritroviamo come spiriti disposti a tutto, anche ad appropriarsi delle vite dei due giovani protagonisti pur di avere una seconda possibilità di vivere il loro sfortunato e triste amore.
Non sarà il destino a decidere per loro, ma il segreto custodito nell’epitaffio di una tomba, che dà vita al sequel fantasy di una delle storie più amate della letteratura inglese: «Le rocce ne saranno custodi. La brughiera prigione. Finché una Figlia di Sangue non giungerà per ridare il sale alle loro ossa. E la terra non griderà più i loro nomi».
Grazie alla disponibilità della simpaticissima autrice abbiamo il piacere di proporvi un brano inedito ispirato a "Io sono Heathcliff"! Buona lettura! ^_^"I giardini del richiamo"Le alte ringhiere bianche erano vestite di rigonfie ortensie dai toni turchesi. Nell’aria scricchiolava la sedia a dondolo di nonna Ada, sonnecchiante sotto i portici di villa Ray, durante le prime ore di un caldo pomeriggio d’Agosto. Virginia era costretta a doversi passare il polso sulla fronte più volte, per asciugare le gocce di sudore che le imperlavano la pelle lievemente abbronzata. I suoi capelli erano leggermente scompigliati da quell’alito di vento caldo che non smetteva di soffiare, animando a mo di vela la gonna estiva della sua uniforme da governante. Rincorrere la piccola Elena era un esercizio che l’aiutava a mantenersi in linea, o almeno era questo il pensiero con il quale cercava di consolarsi durante gli interminabili pomeriggi in cui si occupava di lei, mentre i genitori della piccina erano in giro per la città, in corsa agli affari.Il volo di una farfalla aveva tenuto Elena occupata per più di un’ora, vedendola scorrazzare da un’aiuola all’altra nel tentativo di imitare quelle due ali candide e leggere. Il suo intento non era quello di catturarla, ma di osservarla da vicino il più a lungo possibile, cercando d’imprimere nella sua mente ogni singola venatura corvina che percorreva il sottilissimo strato esterno delle sue ali. Fin quando non la vide, ciondolante, sul petalo di un turgido tulipano giallo. Elena rese i suoi passi ancor più piccoli di quanto già non lo fossero, premendo i piedi nella terra da poco irrigata e macchiando così irrimediabilmente le sue scarpette di raso.«Signorina Elena! Non avresti dovuto allontanarti. Adesso dovrò rivestirti nuovamente per cena, sei incorreggibile!». Il sole batteva ferocemente sul capo di una Virginia affannata e nervosa, ma il suo rimprovero ebbe effetto su Elena solo per la frazione di pochi istanti, perché quest’ultima fu subito attratta da una voce proveniente proprio dal tulipano a cui si era avvicinata: «Dove sei? Non farmi attendere a lungo…noi ti aspettiamo».Un largo sorriso prese lentamente spazio sul volto a cuore della figlia dei Ray, e i suoi occhi si accesero in profondità di un’acuta meraviglia. Incapace di capire se la misteriosa e lontana voce infantile provenisse dal fiore o dall’aggraziato insetto, Elena dimenticò di dover prestare attenzione a Virginia. Per un attimo, si voltò in direzione della nonna, ancora avvolta nel suo sonno pesante, con la luce del tramonto di Roma sul viso.Un coraggio insolito per una bambina di soli sette anni, la spinse a dirigersi verso la farfalla che aveva invaso il giardino con il suo magico richiamo. «Elena Ray, è un ordine! Torna subito qui!». La sgridò ancor più severamente Virginia. Ma il tossire improvviso e insistente della signora Ada distrasse la domestica, facendola allontanare da Elena nel momento che quest’ultima ritenne propizio, visto che all’indecifrabile richiamo si aggiunse un’altra voce, da lei riconosciuta come quella di un bambino. Queste si unirono in un canto lieve, al quale sembrò che l’intero mondo verde attorno ad Elena si elevasse in un ampio respiro, accompagnando in fruscii di foglie e armoniosi dondolii di steli il canto sempre più attraente per la giovanissima erede dei Ray.Giunta finalmente ai piedi del piccolo lago artificiale sul cui bordo si trovava il tulipano, Elena si sporse ad osservare la squadra di pesci rossi intenti ad inseguirsi in un’allegra danza acquatica, ma la sua immagine riflessa la costrinse ad arretrare bruscamente, sebbene non riuscì ad allontanarsi dal recinto in pietra come avrebbe voluto. Le acque muscose mostravano, al posto del suo, il volto di una bambina dai lunghi capelli neri, serpeggianti sulle spalle in folte ondulazioni. Gli occhi di questa erano tristi, ed Elena avrebbe giurato che stesse quasi per piangere, se i suoi pensieri non fossero stati interrotti in maniera violenta dalla presa fredda e forte che l’avvinghiò per la leggera camicetta rosa che indossava, e l’attirò a sé, lasciando che il tuffo malfatto non le permettesse di capire cosa stesse realmente accadendo. Furono in realtà pochi i secondi che la videro sott’acqua, circondata dai pesci adesso spaventati non solo dalla sua burrascosa presenza, ma anche dall’immagine trasparente dei due bambini che si tenevano per mano, e che sorridevano mestamente ad Elena. La piccola non ebbe modo di osservarli a lungo, solo il tempo di notarne la raffinata bellezza dei volti cesellati e simili, per molti aspetti.La gola si aprì a raccogliere più ossigeno possibile, mentre le labbra tumide boccheggiavano sotto gli occhi nascosti dai biondi capelli appiccicati in una massa disordinata e piena d’acqua. «Stai bene?!». La voce tremante di Virginia, il volto pallido e gli occhi velati da un breve pianto di sollievo fecero tornare Elena alla realtà.«Quante volte dovrò dirti di non sporgerti troppo da questo maledetto muretto, eh? Ci siamo prese proprio un grosso spavento…» Sempre Virginia, stringendo la sua protetta tra le braccia, a tal punto da toglierle il respiro. Intanto, anche nonna Ada aveva raggiunto il luogo dell’incidente; i suoi occhi dolcemente severi erano apparsi alla nipote smarriti, anche se solo per un istante«Farai morire di crepacuore la povera Virginia, se continuerai a disubbidirle così spesso». Ada quasi rideva tra le labbra nel dirle queste parole e nel toglierle i capelli dal viso. «E questo cos’è?». Ad un tratto, mostrando a Virginia una ciocca dei capelli di Elena, con un’espressione incredula che fece temere il peggio alla nipote. Non fu infatti una bella sensazione quella di vedere un ciuffo dei suoi capelli intrecciato tra le dita della donna e di color pece. Il contrasto con il resto della sua chioma dorata era evidente persino dopo il tuffo dal quale era riemersa. Le due donne che le erano accanto si guardarono per qualche istante in silenzio; poi, dopo averla avvolta con lo scialle che Ada aveva prima poggiato sulle gambe, rientrarono in casa. Quando Elena si voltò in direzione del tulipano, vide che non c’era più alcuna traccia della farfalla.
Nonostante i numerosi shampoo, la ciocca non accennò a riassumere il suo colore naturale, finché non si decise che per la piccina sarebbe stato meglio andare a letto e cercare di dimenticare il brutto episodio del pomeriggio. Prima di coricarsi, Elena ammirò a lungo la sua immagine riflessa sullo specchio della sua camera, giocherellando con quella sorta di marchio comparso dal nulla, e sentendosi inspiegabilmente ancor più bella del solito. Perché sì, Elena era già consapevole della sua prematura vanità, ma non aveva ancora mai provato un senso di compiacimento così elettrizzante come in quell’occasione.Fu solo l’indomani mattino che, al suo risveglio, si accorse di non avere più alcuna ciocca di capelli bruni che la rendesse diversa da quel che era stata il giorno prima. La delusione fu tale che il tempo le fece dimenticare il ricordo di quei due volti celati ad occhi altrui, così tristi e belli da infondere un’inevitabile commozione in chiunque li avesse visti. Elena non vide mai più i due bambini, fino al giorno in cui la sua vita cambiò a causa loro. Per sempre.