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Anteprima libro "Il segreto di Maria" di Angelo Chiarelli

Creato il 10 gennaio 2011 da Larazavatteri
Il segreto di Maria
I
Quando si trovò faccia a faccia col suo passato, capì di essere sola. Voleva sprofondare in un baratro profondo migliaia di metri da dove non avrebbe più avvertito il suono della voce altrui. Quanto peso aveva avuto l’opinione degli altri nella sua esistenza! Ogni sua scelta era condizionata da un rimprovero o da un futuro rimorso. Stare accovacciata ai piedi di quella statua immobile, gelida e silenziosa, era per lei il godimento più profondo che potesse desiderare. Almeno non sarebbero uscite voci ipocrite dal marmo! Soltanto in quel luogo avrebbe potuto pensare. Solo lì la scia delle sue meditazioni avrebbe dato vita ai suoi ricordi. Con la testa nelle mani, il volto stanco e il lamento singhiozzante, rimembrava episodi della sua vita passata, nei quali lo splendore dei suoi occhi poteva dividersi per un po’ dalle lacrime.
E’ così amore! Il mondo non ci accetta e purtroppo, noi siamo il mondo! Ma tu sognami, perché io non avrò altri sogni prima di incontrare il tuo!
Scrollava il capo al suono di queste parole provenienti dal passato, al fine di dimenticare tutto, di coprire la sua memoria col velo dell’oblio. Ma non ci riusciva. Ogni volta che restava sola qualcosa dentro di lei si muoveva e il dolore la riportava a vivere. Solo una speranza la confortava: l’avrebbe rivista, le avrebbe stretto di nuovo la mano e avrebbe potuto gioire nuovamente. Ma lei non arrivava! Le lancette sull’orologio scorrevano. Il ticchettio era stato lento, prima di raggiungere l’ora dell’appuntamento, ma adesso il loro moto era veloce e inarrestabile. Così è il tempo: lento nel dolore, veloce nel piacere. I suoi occhi erano ormai stanchi di contare le ore, li chiuse per un attimo e la memoria le fece un piccolo dono.
Erano passati ormai sette anni da quando aveva sposato Ettore, un ingegnere generoso e buono a cui voleva bene ma che non amava. Lei diceva di odiarsi e il suo nome era la causa primaria: Maria, un nome comune, ma che comporta la responsabilità di conservare l’eredità della madre di Cristo. Ricordava ancora il giorno in cui, il suo futuro marito, glielo aveva chiesto in quel rumoroso locale di periferia e come lei si fosse affaticata a sussurrarglielo nell’orecchio. Lui non lo capì! Se ne avvide fuori dal locale, quando Ettore per chiamarla usava gesti o parole che gli evitavano di pronunciare il suono di un nome stroncato dalla musica assordante del locale.
Maria ! – si affrettò a ripetere la ragazza per evitare ulteriori imbarazzi.
Ah, scusami, ma con quel casino non avevo capito bene ! – disse l’altro grattandosi la testa per nascondere la sua distrazione. Maria si preoccupava di rassicurarlo. Non era la prima volta che doveva ripetere il suo nome, per quanto comune era .
Penso che abbia un suono strano quando esce dalla mia bocca! – disse per giustificare la sua incomprensione.
Un suono gradevole ! – precisò Ettore riuscendo a strappare dalle labbra dell’altra un abbozzo di sorriso.
La loro unione si consolidò molto in fretta. Si fidanzarono già al secondo appuntamento, ma lei non lo amava. La sua mente era occupata da un’altra persona della quale sussurrava alcune volte il nome nella notte.
Chiara, perché ? – gridò a notte inoltrata una volta, facendo alzare il marito dal letto, che sia affrettò ad accendere la luce.
Che c’è tesoro ! – domandò Ettore stringendola al petto. Lei piangeva, non aveva acquistato ancora pienamente i sensi e quando lo fece, si affrettò a nascondere il suo dolore con una menzogna:
Mia sorella Chiara è morta in un incidente stradale ed io alcune notti la ricordo gridando il suo nome ad alta voce !
Del resto nessuno, nemmeno il marito, si sarebbe accorto della bugia. Lei era fuggita dalla sua città per lasciarsi alle spalle il dolore di quell’amore finito. Aveva raccontato della morte dei suoi in tempo prematuro, e ora si affrettava ad aggiungere quest’altro particolare, di quest’ipotetica sorella, stroncata anche lei da un triste destino.
Non ti preoccupare, amore – diceva Ettore consolandola – io ti ho sposata perché ti amo, accetterò qualunque effetto che il tuo passato ha apportato sul tuo presente. – disse l’altro facendo una breve pausa. Quell’interruzione aveva tutta l’aria di precedere una domanda e Maria la temeva.
Perché non me ne hai parlato prima? – domandò con tono apprensivo.
Ho cercato sempre di nascondere questo disaggio ! – rispose lei sciogliendosi dall’abbraccio dell’altro e coprendosi il volto con il lenzuolo per mentire meglio .
Ma io sono tuo marito ! – volle precisare l’altro con il solito tono pacato. La sua nota di sentimentalismo non ricevette risposta. Maria aveva gli occhi ancora aperti; non avrebbe dormito per il resto della notte. Da allora però avrebbe dovuto evitare ogni altra intromissione del suo passato nel presente di lei e di Ettore. Così fu! Sfogava il suo dolore nel bagno prima di dormire, così nella notte la mente avrebbe riposato come purificata.
Ora però era sola ai piedi di quella statua. Che cosa avrebbe potuto dire del suo presente? Ancora una volta i ricordi invadevano la mente senza remora e i suoi occhi potevano riposare.
Chiara non era sua sorella! La conobbe molto tempo prima di sposare Ettore e la sua vita cambiò. Ricordava ancora di quella festa in casa di Carmen Fermi, una sua amica con l’ossessione della moda e del narcisismo. Era Luglio. Carmen festeggiava la sua laurea in giurisprudenza. Si vantava del voto ricevuto, ingigantendo i suoi sforzi e i suoi studi. Quella sera la villa era piena. Ogni angolo era popolato da molte persone, che sorseggiavano birra da un boccale. Maria era seduta su una sedia e bevendo un liquore rispondeva alle domande delle amiche.
Non pensavo che saresti riuscita a laurearti così velocemente! –disse una ragazza riferendosi a Carmen ma guardando Maria con un’occhiata sbieca, che era molto illuminante. Maria distoglieva lo sguardo, con vergogna. Erano ormai cinque anni che si era iscritta all’università e ancora tardava a mettere il tassello finale alla sua carriera da studentessa. Forse provava un po’ d’invidia per l’amica neolaureata, ma sapeva trattenersi e nulla traspariva all’esterno, eccetto la vergogna per i suoi fallimenti.
Sai, io lavoro e studio, per questo impiego più tempo per dare gli esami ! – rispose all’altra che non le aveva indirizzato proprio una domanda diretta. D'altronde la tentazione di nascondere le proprie vergogne è inarrestabile.
Non dicevo a te Maria, so benissimo quello che fai ! – concluse l’amica con un accento impregnato di falsità. Maria si nascose dietro il bicchiere di liquore. Si rese conto di essere stata inopportuna; bevendo non poteva più compromettersi con i suoi discorsi.
Sapete chi viene stasera da noi ? – disse Carmen interrompendo il silenzio imbarazzante creatosi. Le altre ragazze aprirono la bocca e la fissarono come se dalle sue labbra dovesse fuoriuscire il segreto della vita.
Ci degnerà della sua presenza la signorina Chiara Tondi !
“Chiara”! Se ricordava il suo nome ai piedi di quella statua, Maria era pervasa da un brivido. Ma allora le era completamente indifferente. Chiara era una ragazza molto bizzarra. Dopo la morte dei suoi era andata a vivere dai nonni, che la lasciavano libera di fare quello che voleva. La perdita prematura dei genitori aveva però lasciato in lei un solco profondo. Si sentiva sola, abbandonata e scacciava via questo senso di angoscia mostrandosi burbera nei confronti degli altri. Quella sera era lei l’attrazione primaria. Tutti l’aspettavano impazienti e il suono delle loro voci infime nascondeva un tranello.
L’ho invitata quasi con un senso di sfida! Sapevo che non avrebbe accettato e allora gli ho posto la domanda con un tono che faceva intendere il suo rifiuto. Nelle persone cocciute funziona sempre; ogni consiglio deve essere violato ! – disse Carmen lodando la sua arte di mentire. Le altre la ascoltavano sghignazzando. Tra gli altri il sorriso di Maria era più tenue; non tanto per rispetto nei confronti della ragazza derisa, ma per la sua ossessione di occupare sempre le retrovie in ogni posizione. Non le piaceva essere la voce fuori dal coro, voleva essere una comune ragazza che ossequiava le idee degli altri senza osannarle.
Dopo ore di attesa le ragazze si azzittirono. Non speravano più in una venuta di Chiara. La villa era ancora piena di gente, ma, quasi per un piacere morboso, si attendeva quella ragazza solitaria che avrebbe dovuto dare nuova luce alla festa. Il cancelletto si aprì. Il cigolio che produsse attirò l’attenzione di tutti. Chiara era arrivata! Dal suo volto traspariva un’aria di soddisfazione per aver fatto a modo suo. La sua entrata nella villa fu accolta da un sottofondo di ghigni. Carmen da perfetto anfitrione la invitava a sedersi senza fare complimenti . – Sono felice che tu sia qui con noi! – disse con un tono che fece trasparire nettamente il suo desiderio di deriderla. Davanti a tanta sfrontatezza, Chiara abbassò il volto e il suo viso si colorì d’imbarazzo. I ghigni aumentarono d’intensità. Nella sua testa malediceva il momento in cui aveva deciso di recarsi nel covo dei suoi carnefici. Timidamente occupò il posto vicino a Maria. Quest’ultima avvertì chiaramente dall’alito dell’altra, che aveva bevuto; i suoi occhi ne erano la conferma.
Allora Chiara – cominciò una ragazza alla sua destra gesticolando con le braccia – quale onore per noi averti qui stasera! Cosa ti ha spinta a venire qua ?
Chiara trovò una posizione più comoda sulla sedia e rispose a monosillabi per non far trasparire il suo stato di ebbrezza. – Una scommessa !
Ci offendi così ! – aggiunse Carmen che sapeva benissimo il motivo per cui l’altra era con loro. Il suo tono era colmo d’ironia sferzante. Intanto Maria si allontanava da Chiara. L’odore di alcool che emanava era insopportabile. Si avvicinò all’orecchio di un’amica e sussurrò:
Mio Dio com’è ubriaca ! – emise un ghigno alla fine della sua osservazione che fu accompagnato da quello dell’amica. Chiara sembrava aver sentito la frase. Una sua breve occhiata verso Maria bastò per farle riassumere il suo contegno. L’altra amica intanto, si affrettava a parlare all’orecchio della altre per rivelare a tutti il segreto. Pochi secondi bastarono per smascherare Chiara !
Bevi con noi te ne prego ! – disse Carmen porgendo nelle mani di Chiara un bicchiere colmo di un forte liquore. L’altra lo tracannò tutto di un fiato e poggiandolo sul tavolo, fissò Carmen con uno sguardo di sfida. – Ma non fare complimenti, ne abbiamo quanto ne desideri – aggiunse la padrona di casa, con un accento irritato. Altri due sorsi di liquore bastarono per far cadere Chiara per terra. Le altre ragazza si affrettarono a circondarla. Due la presero di peso e la buttarono su una sedia sdraio vicino alla piscina. Carmen le buttò addosso un secchio d’acqua. Chiara scrollò la testa, ma non ebbe la forza di rialzarsi. – Su avanti bevine ancora ! – gridavano tutte in coro picchiandola a loro modo. Ma lei, con il volto verso il suolo e la respirazione quasi impercettibile, non dava segni di vita. Tutte continuarono a divertirsi su di lei. Maria ebbe all’improvviso un attimo di commozione: era sbagliato approfittare di lei in quel modo spregiudicato. Ma non era stata lei per prima a svelare lo stato di ebbrezza della ragazza? Se ne doleva! Ora però poteva rimediare al suo errore. Gridò nella folla, facendo sentire, per la prima volta, la sua voce superiore alle altre:
Ora basta, volete ucciderla ! – disse avvicinandosi a lei e aiutandola ad alzarsi. Le altre furono stupefatte. – Che cosa stai facendo Maria ? – domandò una di loro con un tono di meraviglia. Dei ghigni sulle labbra di tutti circondavano il gesto della ragazza. – La sto aiutando ! – disse alzandola dal suolo e uscendo dal cerchio che le si era formato intorno. Fu un clamore generale. Quanti sorrisi sentì alle sue spalle! Riuscì a uscire dal cancello e condurre Chiara alla fontana vicino alla villa. Le rinfrescò il volto lentamente e le domandò come stava.
Meglio ! – rispose l’altra reggendosi sulle proprie gambe. Maria fu tranquillizzata. Il suo fiato e le sue movenze rivelavano la quantità di bicchieri tracannati, ma almeno ora era cosciente.
Ti chiedo scusa per quello che ti hanno fatto ! – disse fissandola negli occhi e sorridendo lievemente. Chiara s’infiammò. Si fece spazio con una mano per non vedere più il suo volto. Poi quando si trovò alle sue spalle, le disse:
Perché, ti credi migliore di loro ?
Quanta verità c’era nelle sue parole. Lei era stata l’artefice di tutto. Si vergognava di se stessa. Senza voltarsi elaborò nella mente una scusa plausibile da rivolgere a Chiara. Quando si girò per dirgliela, lei era già lontana. Si vedeva appena la sua sagoma traballante che camminava nel buio della notte.
Maria aveva fissato quell’episodio nella sua memoria. Lo ricordava spesso e si mordeva le mani per quello che aveva fatto. Chiara glielo ricordava spesso nelle ore in cui erano sole e anche se il suo tono era ironico, lei ne soffriva.
Il fiato del vento sfiorò il suo viso. Lei ne rabbrividì. Quel tenue strascico di realtà era bastato per trascinarla fuori dal sentiero della sua memoria. Guardò l’orologio. Lei non sarebbe venuta quel giorno. Si alzò per raggiungere casa. Il marito era ancora a lavoro.
Ciao tesoro – disse Ettore accogliendo la moglie che non ebbe nemmeno il tempo di appendere il cappotto all’appendiabiti. Si avvicinò al marito e lo baciò freddamente. Lui non si accorse della sua glacialità, c’era abituato.
Sei ancora a lavoro ? – domandò mettendo entrambe le mani sulle spalle di Ettore.
Si, - rispose l’altro – devo concludere per domani un progetto importante, forse potrò avere un incarico migliore se questo andrà a buon fine. – s’interruppe un minuto per voltarsi verso di lei e strizzare gli occhi come per ricordare un nome sentito per la prima volta .
Chiara ! – A quel nome Maria rabbrividì. Forse il marito aveva scoperto l’inganno, sapeva che lei non aveva sorelle e che la storiella che gli aveva raccontato tempo fa era falsa. Tutti i suoi timori si rivelarono vani.
Ha chiamato una certa Chiara, dice di essere una tua compagna di liceo. La ricordi ? – disse Ettore voltandosi con la sedia verso la moglie. Maria cercò di assumere l’espressione più impassibile possibile, ma si accorse subito di essere stata inopportuna: doveva pur mostrare una certa meraviglia alla notizia di una compagna che non vedeva da più di dieci anni .
Si – rispose – la ricordo, abbiamo fatto gli ultimi tre anni insieme, ma da quando mi sono trasferita a Roma, non l’ho più rivista!
Possibile che Ettore non aveva notato l’analogia fra quel nome e quello della fantomatica sorella? Forse non voleva parlargliene alla luce della reazione avuta l’ultima volta? Oppure voleva vedere quale espressione avrebbe assunto il suo volto al suono di un nome a lui sconosciuto? Comunque non era questo il problema che la preoccupava maggiormente ora! Il suo timore più grande era che Chiara aveva telefonato a casa sua, non sul suo cellulare dove l’aveva sentita l’ultima volta. Che cosa significava questo? Una caparbia voglia di Chiara di riprendere il contatto con il passato, oppure una coincidenza bella e buona? D’altronde non avrebbe dovuto avere timori. Nessuno poteva immaginare chi fosse veramente Chiara. Quella che fino a quel momento era stata sua sorella, ora era diventata la sua compagna di suola. Tutto appariva normale, era lei che poteva compromettersi con la sua espressione intimorita.
Non stai bene Maria ? – domandò Ettore preoccupato del colorito pallido della moglie. – No, non preoccuparti sto bene e solo che da oggi mi sento un po’ stanca. – disse toccandosi la testa con una mano. Il marito la invito ad andare a letto e riposare, lui l’avrebbe raggiunta presto. – Metti tu la sicura alle finestre ? – domando Maria. Il marito, voltatosi già nuovamente verso il monitor del suo computer, asseriva con la testa. Il calore delle coperte diede un conforto alle membra infreddolite di Maria. Il giorno dopo avrebbe dovuto rivedere Chiara.
II
Anche il sogno le regalò qualche ricordo. Le sembrava di essere tornata nel suo paese. Molti anni erano trascorsi, ma la coscienza di immergersi nelle proprie origini faceva sobbalzare dall’emozione il suo cuore. Chiara era lì, su quella vecchia panchina. Era bella come tutte le volte che l’aveva incontrata; sembrava che nulla fosse cambiato. Il suo sorriso malizioso, i suoi occhi timidi che cercavano di evitare l’orbita di quelli di Maria. Erano i tratti del suo viso che la attraevano di più. Maria si avvicinò. Si sedette accanto e la baciò, sfiorandole appena le labbra. Un saluto fievole, un fuggente attimo di emozione, ucciso dalla sua sconvolgente dichiarazione:
Parti Maria, fuggi da me! – cominciò Chiara alzandosi dalla panchina.
Io non ti abbandonerò mai – rispose Maria imitando il gesto dell’altra e afferrandole un braccio.
Invece te ne andrai! Io non passo farlo. Sai che mia nonna non potrebbe restare da sola, la sua malattia non glielo permette. Inoltre non ho i soldi per allontanarmi … - continuò Chiara girandosi e pronunciando il suo discorso in faccia all’altra, quasi come si fa per una minaccia. Ma una minaccia non è accompagnata dalle lacrime di chi la pronuncia. I suoi occhi erano colmi di pianto, le sue labbra tremanti.
Perché piangi amore ? – domandò Maria assumendo un atteggiamento mesto. Il suo sguardo era lucido. Chiara si asciugò le lacrime con un braccio e disse:
Io non voglio distruggerti … - un singhiozzo accompagnò le sue parole. Un’essenza di alcool uscì dalla sua bocca.
Hai bevuto ancora – rimproverò Maria scuotendo il corpo ebbro dell’altra – me lo avevi promesso ! – Chiara scosse la testa .
Sì, è vero! Ho bevuto! Hai un motivo in più per lasciarmi, per fuggire via. – Un sorriso falso s’impresse sulle labbra di Maria.
Tu sei pazza! Come potrei fuggire? Ho una famiglia! Mio padre e mia madre come la prenderebbero ? – Chiara si voltò con l’aria di non voler dare più spiegazioni .
Io ti ho avvertita! Io e te non possiamo stare insieme. I tuoi ti renderanno la vita impossibile. Tutti ormai sanno di noi. Se ancora tuo padre e tua madre non sono a conoscenza dei fatti, scappa. La gente si dimenticherà di te e i tuoi ti ricorderanno come la figlia che è partita per lavoro e non per la lesbica che si è innamorata di un’ubriacona. Io non ti dimenticherò mai, perché la mia vita non avrà senso senza di te, ma devo salvarti, non posso pensare solo a me. E’ così amore! Il mondo non ci accetta e purtroppo, noi siamo il mondo! Ma tu sognami perché io non avrò altri sogni prima di incontrare il tuo! – voltò le spalle per nascondere le lacrime, poi, con tutto il fiato che riuscì a raccogliere, gridò – Scappa da qui, scappa!
Le ultime parole rimbombarono nella mente assonnata di Maria una miriade di volte. Come un nugolo di polvere il sogno offuscò la coscienza della realtà. Un grido fuoriuscì dalle labbra:
No, Chiara non farlo ! – gridò alzandosi dal letto e spalancando gli occhi. Quando riprese coscienza completa di quello che la circondava, si accorse di aver sbagliato: la sua stanza da letto; la porta socchiusa; il rumore di passi veloci provenienti dalle scale. Aveva pronunciato di nuovo quel nome compromettente. Il marito stava accorrendo nella stanza, ma aveva sentito davvero il nome da lei urlato? Con le mani fra i capelli, il singhiozzo nel respiro e lo sguardo basso si alzò per avvicinarsi allo specchio .
Mi hai chiamato amore? Non stai bene ? – disse Ettore spalancando la porta. Allora non aveva sentito niente? Maria era salva, immune alle domande che le avrebbero ricordato il passato. – Si grazie amore, sto meglio. Mi gira un po’ la testa, mi sento stordita, ma per il resto … - Il marito le si avvicinò le tastò con una mano la fronte e commentò:
Sì, stai decisamente meglio. Comunque è normale che ti senta stordita, la febbre si è abbassata molto da ieri sera. Che paura mi hai fatto prendere, stavo per chiamare il pronto soccorso, ma tu ti sei calmata. Non capivo cosa borbottavi … di una partenza. Non è che hai un viaggio in programma con qualche ammiratore ? – domandò ironicamente Ettore. – E chi vuoi che venga con me? Sto invecchiando Ettore, ho solo trentacinque anni e sento di dimostrarne cinquanta. – rispose l’altra guardandolo con un sorriso che reclamava un bacio. – Ma se sei bellissima, la donna più bella del mondo! – disse Ettore rispondendo al sorriso e sfiorandole le labbra.
Ah a proposito – disse avviandosi verso la porta – ha chiamato di nuovo Chiara e dato che avevi la febbre, ho pensato che ti avrebbe fatto bene rivedere una tua vecchia amica e le ho detto di passare stamattina dandole l’indirizzo! – concluse aprendo la porta.
Che cosa hai fatto ? – disse Maria spaventata e spalancando gli occhi.
L’ho invitata stamattina da noi, perché non avrei dovuto ? – disse Ettore stringendosi nelle spalle.
Maria non poteva opporsi più di tanto. L’espressione sorpresa del marito già l’aveva compromessa. Una sua ulteriore ostinazione a non accettare che l’amica venisse da lei, poteva essere fonte di sospetti. Cercò di assumere il contegno a cui era abituata. – Ma certo che hai fatto bene! Mi preparo e scendo! E’ già arrivata ? – disse Maria passandosi una spazzola fra i capelli. – No, dovrebbe arrivare per le undici. Io vado a fare la spesa, non c’è più niente in frigo. Potrebbe restare a pranzo … - commentò Ettore. Maria si osservava nello specchio e non guardava più negli occhi il marito . – Sì, potrebbe ! – rispose con un tono secco. Ettore si chiuse la porta alle spalle lasciandosi un piccolo spiraglio, da dove concluse il suo dialogo con Maria:
Sei sicura che possa lasciarti da sola ? – disse premurosamente. Maria non si voltò, ma cercò di rispondergli guardando il suo riflesso nello specchio. – Si sicura, sto meglio, grazie.
La porta si chiuse. Maria attese per un attimo. Doveva essere certa che il marito fosse uscito. Il tonfo che produsse il portone quando si chiuse la rassicurò. Si buttò sul letto. Levò gli occhi al soffitto. Che cosa avrebbe fatto ora? Come le sembrava strana l’idea di spaventarsi al pensiero di vedere Chiara. Un tempo i loro incontri rappresentavano il senso della sua vita; ma ora … tutto era cambiato: le relazioni, l’età e il modo di rapportarsi con gli eventi. Eppure il suo ricordo la cullava ancora come le onde del mare. Pensare che più di dieci anni erano passati da quando si erano baciate per la prima volta, la faceva stare male. Un male ambiguo, che la turbava, ma paradossalmente la faceva sentire ancora viva. Ricordava gli ultimi anni dell’università. Era il tempo in cui doveva dare gli ultimi esami e poi si sarebbe laureata . “Scienze politiche”, che laurea insulsa! Non le era mai piaciuta pienamente. Aveva frequentato i corsi solo per una dolce imposizione del padre che voleva nella famiglia almeno un “dottore”; il fatto che Maria sarebbe stata un’inetta nella politica non gli interessava molto. Mancavano circa dieci giorni alla presentazione della tesi e le sue colleghe organizzarono un falò sulla spiaggia per festeggiare la fine della carriera universitaria. Maria accettò l’invito. Non che le piacesse tanto passare tutta la notte sulla sabbia bagnata, ma l’idea di restare chiusa in case in quegli ultimi interminabili giorni la opprimeva. Quella sera lasciò casa sua con molta più fretta del solito:
Dove vai stasera? Non si usa più chiedere il permesso ? – domandò il padre ironicamente. Maria si voltò, quasi colpita realmente da quella falsa accusa. – Si hai ragione. Vado con le mie colleghe di facoltà a festeggiare fuori. Mi mancano pochi capitoli della tesi e stasera non mi va proprio di studiare … - Il padre sfoggiò un sorriso amoroso. Non voleva sapere, dove andasse la figlia. Usciva talmente di rado che gli faceva piacere che anche lei sentisse la necessità di respirare un po’ d’aria diversa di quella della sua stanza. L’unica cosa che lo aveva infastidito era che la sua “bambina” uscendo non lo aveva salutato come al solito. – Scherzavo tesoro ! – esclamò andando incontro alla figlia e baciandole amorevolmente la fronte. – Va e divertiti! Fra poco dovrai pensare al lavoro da svolgere per tutta la vita e quando l’avrai raggiunto, rimpiangerai questi momenti!
Maria sorrise. Dopo aver salutato il padre, si chiuse la porta alle spalle. Giunse alla spiaggia all’ora stabilita. Un’accozzaglia di macchine erano parcheggiate intorno. Da lontano si scorgeva un piccolo fuocherello. Delle ombre irriconoscibili si muovevano vicino. Si avvicinò dopo aver girato la chiave nella serratura della sua macchina. Le ombre divennero più riconoscibili. Tutti l’accolsero baciandola e offrendole una birra. Parlarono fino a tarda ora. Poi una sua amica si alzò dal suolo. Era più ubriaca rispetto alle altre. – Vado a prendere una birra al pub vicino ! – singhiozzava a ogni parola, barcollava a ogni passo. Maria si levò in piedi, le prese i soldi che aveva in mano e la invitò a risedersi. – Vado io stai pure qui ! – Camminò fino a raggiungere l’altra parte della strada. Le insegne luccicanti del pub attirarono la sua attenzione. Nonostante l’ora molte persone sorseggiavano ancora birra e alcolici vari. Appena entrò, fu squadrata dagli sguardi degli uomini intorno e colpita dalle loro risate ebbre. Si avvinò al bancone lentamente. Nel locale tutti la osservano in modo strano. Ma cosa aveva di diverso dagli altri? Ordinò timidamente una birra al barman porgendogli i soldi sul bancone come un bambino che va a comprare quello che gli occorre con il denaro contato. – Altro ? – domandò il barista rivolgendole uno sguardo strano, ma più umano di quello degli altri. – No ! – rispose lei abbassando gli occhi dalla vergogna. Le sembrò di scorgere un sorriso sulle labbra dell’altro quando si girò per prendere la bevanda. Vicino a lei una ragazza stava a testa bassa sul bancone. Il bicchiere di whisky era quasi vuoto. Il barista porse a Maria la birra e gliela stappò senza levarle gli occhi di dosso. – Grazie ! – aggiunse mantenendo la stessa espressione e costringendo l’altra a guardarlo. Maria fu costretta a ricambiare il sorriso con un’ipocrita movenza delle labbra. La ragazza accovacciata vicino alzò il viso reclamando altro liquore. – Basta – disse il barista senza nemmeno guardarla negli occhi – per oggi il bicchiere rimarrà vuoto!
Maria la riconobbe. Chiara? Non l’aveva più vista da quella volta in cui l’aveva salvata dalle grinfie delle sue amiche. Era molto cambiata. Le occhiaie erano più marcate, l’alcool e la mancanza di sonno avevano trasformato i suoi occhi. Eppure Maria riusciva a vedere ancora qualcosa di bello in quella sparuta figura. Chiara si alzò bruscamente facendo cadere lo sgabello a terra e gridando in faccia al ragazzo che si rifiutava di darle quanto chiesto. – Ti ho detto che non posso dartene più. – alzò lo sguardo per un breve istante mentre sciacquava un boccale sotto l’acqua – non vedi come sei ridotta? Dai vattene, sei vuoi puoi tornare domani ! – disse abbassando lo sguardo per non alzarlo più. – Per favore, dammi la bottiglia te la pagherò ! – disse la ragazza. L’altro sembrava non sentirla. – Per favore, farò tutto quello che vuoi ! – continuò tentando di persuaderlo. A queste parole l’altro chiuse l’acqua e asciugò le mani con uno straccio. – Tutto hai detto ? – domandò stringendole forte le guancie con una mano. Chiara acconsentì. Avrebbe venduto l’anima per avere un altro bicchiere: figuriamoci il suo corpo. Seguì il barista in una stanza. Maria aveva osservato tutta la scena. Decise di aspettarla fuori. Dopo un po’ Chiara uscì dal locale. Il suo viso era pieno di lividi, gli occhi gonfi, il golf aperto faceva intravedere il seno, il bottone dei jeans era sbottonato: si era lasciata violentare. La bottiglia di liquore penzolava dalla mano destra. Maria le si avvicinò. Non volle rimproverarla. – Ciao, ti ricordi di me ? – domandò cercando di fermare lo sguardo su i suoi occhi. Ma le pupille dell’altra non erano più abituate a incrociare quelle degli altri. – Non so chi tu sia ! – rispose bruscamente Chiara spostando l’altra e continuando a camminare. – Sono Maria Della Torre ! – aggiunse l’altra senza voltarsi. Chiara rimase immobile ripetendo il nome appena udito con atteggiamento mesto. – Maria ! – abbassò lo sguardo per un attimo e lo rialzò scoppiando a ridere. Maria non capiva, ma restava immobile. L’atteggiamento dell’altra diventò di nuovo triste. – Che cosa volevi fare? Cambiarmi ? – disse ricordando la compassione che Maria le aveva donato quella sera, in quella notte buia, sottraendola alla folla “assassina”. – Vedi hai perso, io non cambierò mai ! – concluse. Un attimo di silenzio circondò le due; poi Chiara abbasso il capo vomitando tutte le schifezze bevute. La bottiglia le scivolò dalle mani e si frantumò al suolo. Maria accorse a sostenerle la fronte. Dopo la aiutò a sedersi su una panchina. Vomitò altre due volte. Poi sembrò che il suo stomaco fosse acquietato. – Tutte le notti è la solita storia ! – disse Chiara – bevo, scopo e vomito. Poi finisco a blaterare da sola. – concluse guardando i resti della sua sbornia che fermentavano al suolo. – Questa sera però non sei sola ! – aggiunse Maria interrompendo il soliloquio dell’altra. Chiara raccolse le forze per emettere un lieve sorriso. – Ah, povera illusa. Si è soli anche in una folla. Se pensi che il bacio del tuo ragazzo, l’abbraccio di tua madre o le parole di conforto dei tuoi amici possano tirarti fuori dal vuoto di cui la tua coscienza è pervasa ti sbagli. Per quanto ti adoperi a sfuggire al nulla, prima o poi devi giungerci. Tutto alla fine è nulla. – disse appoggiando la schiena alla panchina e liberando il capo dietro di sé. – Non dire così – continuò Maria – è solo un momento brutto poi passerà ! – Chiara sollevò il capo e la fissò negli occhi. – Cosa ti fa pensare che tutto passi? Noi tendiamo a vedere la vita come un’oasi di felicità che la morte distrugge coattamente. Ma se fosse il contrario? Se la morte non fosse altro che il nostro liberatore? Una volta credevo a ciò ma ora non più! Nemmeno la morte ci libera! Il nulla ci circonda, noi siamo il niente che si nutre di niente, siamo esseri che non viviamo abbastanza da veder crescere quello che abbiamo creato. – Maria la osservò attentamente. Come darle torto? – Comunque, grazie! – continuò Chiara – mi hai assistito due volte e non ti ho mai ringraziata. Tu sei Maria, vero ? – domandò con un’aria mesta cercando di colorire la sua bocca con un tenue sorriso.
Si Chiara ! – rispose l’altra. Chiara si stupì che qualcuno ricordasse il suo nome, ma la meraviglia durò poco, perché Maria continuò:
Non ringraziarmi per l’aiuto, sai non è stato solo per pietà che l’ho fatto ?
E per cosa allora? – domandò l’altra guardando negli occhi Maria come se avesse intuito la causa recondita che l’aveva spinta a compiere il gesto di quella notte. Maria fu scossa da una strana sensazione. Non aveva provato mai niente del genere. Il suo stomaco brontolava come in prede a un improvviso attacco di fame, ogni membro del suo corpo tremava e il cuore le sussurrava emozioni che solo in seguito avrebbe capito chiaramente:
Non lo immagini? – domandò poi afferrandole la mano e ricambiando lo sguardo che le aveva rivolto prima.
Può darsi? – rispose Chiara storcendo in modo innaturale la bocca con un pizzico di civetteria e distogliendo lo sguardo da lei. Maria allora si decise afferrò il viso dell’altra e la baciò con tutta la passione che l’agitava dentro. Quel bacio fu il più bello e duraturo che Maria avesse mai dato.
Ora Maria nella solitudine della sua stanza non ricordava più i particolari precisi di quella notte, ma le sensazioni provate con Chiara sulla spiaggia erano rimaste indelebili. Il campanello squillò. Maria si alzò di scatto. Lei era arrivata! Come l’avrebbe accolta? Quando la porta si aprì una figura di donna, si presentò davanti a lei. Un bambino alquanto gracile le stringeva timidamente la mano. Non c’era dubbio la donna era sicuramente Chiara. I suoi occhi avevano perso intensità e la sua pelle era diventata meno brillante, ma l’avrebbe riconosciuta fra mille. – Ciao Maria ! – cominciò la donna lasciando la mano del piccolo e stringendo con affetto Maria. – Quanto tempo è passato dall’ultima volta … - Maria le lanciò un tenue sorriso e si avvicinò per darle un bacio sulla guancia. Quel semplice gesto lasciò sulle labbra di Maria il sapore della compromissione. Se avesse potuto, non avrebbe esitato a baciarla sulle labbra e a far l’amore con lei. Ma non poteva ammettere ciò. Tutto era cambiato: le relazioni, i luoghi e le passioni; ogni cosa aveva, ormai, lasciato il posto a un’altra. – Qual buon vento ? – domandò Maria ironicamente soffocando fra i denti un sorriso di astio. Chiara abbassò lo sguardo. Era imbarazzata. Sapeva che Maria aveva costruito faticosamente una vita nuova, per sfuggire al suo passato e si sentiva in colpa a essere entrata così coattamente nel suo nuovo nucleo affettivo. Alzò timidamente lo sguardo e indirizzandolo all’interno dell’abitazione domandò con un filo di voce: - Posso ! – Adesso era Maria quella in imbarazzo. Aveva riempito di colpe una persona che aveva soltanto desiderato vederla. Anche lei abbassò lo sguardo e invitò i due a entrare. Li fece accomodare in salotto e prendendo il telecomando del televisore lo porse al bambino sorridendo . – Tieni, vedi la Tv io e Chiara dobbiamo fare due chiacchiere. – marcò il tono sull’ultima parola, rivolgendo lo sguardo canzonatorio verso l’altra, che arrossì. Si allontanarono nella sala attigua e cominciarono a discutere animatamente. Il volume della televisione era alto. Il bambino non poteva sentire la loro lite. Discutevano di tutte le cose negative del passato e ogni ricordo richiamava un urlo. – Perché sei venuta qua? Potevamo vederci fuori a un bar, ma non qui ! – grido Maria agitando le mani sotto il viso di Chiara. – Dovevo farlo Maria, dovevo … - rispose l’altra cercando di introdurre il suo argomento; ma Maria non lo permetteva. – Ma cosa dovevi fare rovinarmi la vita, come … - a queste parole anche il tono di Chiara divenne aspro. – Come che cosa? Volevi dire come ho già fatto? Dai ammettilo ! – l’altra si calmò. Si accorse di essere stata inopportuna. – Non volevo dire questo. E’ solo che è passato molto tempo, tante cose sono cambiate … - Chiara la interruppe bruscamente. – Ma una cosa è rimasta immutata ! – Maria aveva compreso quello che Chiara voleva dire, ma desiderava sentire dalle sue labbra quell’ammissione di affetto. – Che cosa vuoi dire ? – domandò. Chiara si girò su se stessa osservando per un attimo il bambino che aveva gli occhi fissi sullo schermo. Poi si voltò. Trattenne il fiato. Un attimo di silenzio precedette la sua frase, poi il suono delle sue parole seducenti quanto amare. – Il nostro amore Maria, il nostro … - Maria le mise una mano sulla bocca. – Basta, hai detto già troppo non permetterti di ripetere quella parola, tutto è perduto, tutto è passato ! – L’altra si levò con dolcezza la mano di Maria dalla bocca e trattenendo sempre il suo polso le domandò: - Perché non è così? Non continua il nostro amore ? – Maria rimase imbambolata. Borbottava confusamente. – Ma io … non lo so … non posso … Ettore … - Chiara le lasciò il polso. Lei si riprese. Il fatto di non avere un diretto contatto con lei, la aiutava a trattenere meglio le sue emozioni. – Non ti preoccupare – cominciò sedendosi su una sedia bassa vicina – non voglio risvegliare il nostro passato. Noi ci siamo amate tanto e anche se questo sentimento è ancora vivo, non possiamo più continuare. – A questo punto Maria non poté fare a meno di intervenire. – E allora perché sei venuta ? – Chiara si alzò in piedi. Camminare su e giù per brevi tratti la aiutava a pensare. – Non sono venuta per noi né per me … - contrasse in modo strano la bocca – anzi diciamo anche per me e in un certo senso anche per te … - il discorso contraddittorio di Chiara, che denotava una sua angoscia e insicurezza latente, fece sorridere Maria. – Ma stai delirando ? – poi il sorriso si trasformò in sguardo critico e inquisitorio. – Hai bevuto di nuovo! Me l’avevi promesso … vedi come ti riduce … - l’altra ondeggiò le mani in senso di dissenso – Non più, ho smesso da tempo di bere ma … - Maria era sempre più confusa. Le si avvicinò ripetendole l’ultima parola della sua frase. – Ma ? – Chiara ingoiò a vuoto per prendere il coraggio. Silenzio. – Ma … - tentò di esprimere il suo stato nel modo più essenziale possibile. – mi hanno diagnosticato un … - rabbrividì a pronunciare quella parola, a nominare il suo carnefice – tumore … - la parola echeggiò più volte nella mente di Maria, che spalancò gli occhi. – Tu-mo-re ? – ripeté balbettando. Una lacrima cadde involontariamente da uno dei suoi occhi. Tentò di soffocare le altre. – Un tumore al fegato ! – disse Chiara accentuando con ulteriori dettagli l’angoscia profonda di Maria. – Non mi resta molto da vivere – continuò – i medici dicono di tentare con la Chemioterapia, ma mi hanno privato di ogni speranza. La metastasi è già molto estesa e … insomma non si può fare molto. – Maria ora piangeva a dirotto. Si avvicinò lentamente a Chiara e la toccò come se fosse stata l’ultima volta. – Non piangere, per favore – diceva Chiara per confortare l’altra. Le accarezzò i capelli con una mano e la sensazione che il tatto le regalò, le fece nascere un sorriso tenue sulle labbra. – Che cosa posso fare io ? – domandò Maria guardando l’altra negli occhi. Una voce provenne dal salotto: - Mamma ! – ed echeggiò nell’abitazione. Quell’urlo infantile aveva sciolto molti nodi nella mente di Maria. – Mio figlio ! – si affrettò a precisare Chiara senza voltarsi, osservando il viso dell’altra per carpirne ogni mutamento. Ma l’espressione di Maria non rilevò niente. Non era mai stata tanto vuota. Si limitò soltanto ad acconsentire con un cenno del capo. Chiara un figlio? Anche lei si era sposata per cessare di ricordare? No, nulla di ciò. Se per Maria era stato Ettore la valvola di sfogo dei suoi sentimenti distrutti, per Chiara l’unico conforto si trovava in fondo ad un bicchiere di brandy. – Eri partita ormai da due anni o forse più. – diceva Chiara descrivendo il giorno in cui credeva di essere rimasta incinta. Si era nuovamente seduta sulla sedia. – Ho continuato a bere – Maria le rivolse un’occhiata di sdegno, ma a cosa sarebbe valsa ormai ? – Si … ho sbagliato lo so – tentò di giustificarsi l’altra – comunque l’ho fatto. Avevo speso tutta la pensione di mia nonna. Sai, sopravvisse per tre o quattro anni dopo la tua partenza. Io intascavo periodicamente i suoi soldi, ma non mi bastavano mai. Come quella sera … - raccontò di un bar; uno dei tanti che frequentava. Un barman le promise una bottiglia di brandy se lei avesse acconsentito a … - sì, hai capito, mi vergogno solo a dirlo ! – continuò Chiara. Maria emise un sorriso amaro. – Però l’hai fatto ! – Chiara contorse le labbra e ben presto le sue gote si riempirono di pianto. – sì, purtroppo si ! – L’altra volle intervenire: - E perché non glielo hai detto ? – Chiara sorrise. – E cosa avrebbe risposto secondo te? “ Sposiamoci, facciamone altri tre di bambini”. – si fermò per marcare di più la voce su ciò che avrebbe detto – ero solo una puttana per lui Maria. E poi non sono nemmeno sicura della paternità di Carlo – Quelle parole fecero rabbrividire Maria. Era proprio il piccolo Carlo la bestia più straziata. Era solo con una madre che stava per lasciarlo e non conosceva nemmeno chi gli aveva donato la vita. Anche se l’avesse conosciuto, non avrebbe ottenuto nulla. Solo un’ulteriore bastonata, solo un'altra conferma della sua natura di “figlio di puttana”. – Mamma ! – ripeté con voce stridula e incerta il bambino dal salotto. Le due accorsero.
III
La stanza era avvolta nel silenzio. Il ticchettio dell’orologio appeso alla parete ricordava che era ora di pranzo. Maria pensò a suo marito; perché tardava a tornare ?
Avrà trovato sicuramente traffico, d’altronde a quest’ora ! – disse rivolta a Chiara esternando un proprio pensiero interiore.
Deve essere proprio un brav’uomo … - chiese Chiara accarezzando i capelli del piccolo Carlo che riposava tranquillamente con la testa poggiata sulle sue ginocchia. Maria rivolse lo sguardo al pavimento. Le parole dell’altra le avevano proiettato davanti la propria natura ipocrita. Un rimorso indescrivibile le saliva dal profondo delle viscere. Era da molto tempo che non provava un sentimento simile. – Sì, - cominciò – è proprio un ottimo marito. Il suo unico difetto è di essersi innamorato di me … - Chiara interruppe il discorso dell’altra quasi coattamente:
Parli come se l’amore provenisse solo da lui, come se tu non ricambiassi il suo sentimento … - Maria si levò in piedi e alzò il tono della voce:
Non è vero … - Carlo scosse per un attimo la testa ed emise un mugolio d’insofferenza quasi come se stesse per svegliarsi; ma non lo fece. Maria abbassò la voce, ma continuò con il suo tono carico d’ira. – io voglio bene a Ettore. È stato lui che mi ha tolto fuori dal buio che mi portavo dentro … è solo che … - si mise una mano sugli occhi come per trattenere le lacrime. Si sedette di nuovo accanto a Chiara – è solo che non lo sento mio pienamente, ho quasi timore di dimostrargli il mio affetto; alcune volte ho l’impressione di essere con un estraneo. Insomma … - Chiara la fissò negli occhi ed emise un breve sorriso:
Insomma non lo ami … - Maria scosse la testa. Non poteva più mentire:
Perché ti diverti a farmi del male? Non so nemmeno io quello che provo e poi … - le mise una mano sulla sua – io non voglio perderti! - una lacrima macchiò la mano di Chiara – farò di tutto per salvarti … - Chiara strinse forte la mano dell’altra e chiuse gli occhi emettendo un debole sospirò che invitava Maria a tacere:
Purtroppo non puoi salvarmi! Non c’è niente che tu possa fare … almeno per me – rivolse un’occhiata di affetto verso il bambino – ti ho già parlato di questo. Tu devi prenderti cura di Carlo, amarlo come una madre, come io avrei fatto se avessi potuto … - Maria abbracciò affettuosamente l’altra piangendo a dirotto e illudendosi con frasi alle quali nemmeno lei credeva più:
Tu potrai … - Chiara strinse i denti e chiuse gli occhi godendosi quell’abbraccio. La chiave girò nella serratura. Maria si affrettò a sciogliersi dalla calorosa stretta. Si asciugò velocemente le lacrime:
Amore, sono tornato – disse ad alta voce Ettore credendo che Maria fosse di sopra e che Chiara non fosse ancora arrivata. Maria sia alzò dal divano e si diresse verso la porta per invitare Ettore ad abbassare la voce:
Perché cosa è successo ? – domandò Ettore con le buste della spesa nelle mani. Maria rinnovò il suo invito ponendosi un dito sulla bocca per renderlo più efficace. Prese il marito per un braccio e lo condusse nel salotto, dove gli indicò il piccolo che dormiva sul divano:
Ah, scusami non lo sapevo ! – commentò Ettore seguendo il consiglio della moglie e parlando a bassa voce – Lei deve essere Chiara … - domandò a Maria con gli occhi rivolti sull’altra. Chiara così poggiò delicatamente la testa del piccolo sul divano e cercò di alzarsi senza fare rumore:
Scusami ma devo fare attenzione, se dovesse svegliarsi, sono guai! - si avvicinò a Ettore e gli strinse la mano. – Maria mi ha già parlato molto di te … - rivolse un’occhiata ironica all’altra che distolse lo sguardo – sei un uomo davvero fortunato, lei è la persona migliore che io conosca … - Chiara in quel momento pensò di non aver conosciuto molte persone nella sua vita, o almeno di non averle conosciute pienamente. Si sentiva davvero sola, inutile e fragile. Ettore lasciò la mano dell’altra invitandola ad accomodarsi e sedendole affianco:
E si – commentò attribuendo ulteriori lodi alla figura della moglie – è proprio vero non avrei potuto trovare di meglio. Ma parlami un po’ di voi. Vi conoscete da molto ? – Quella domanda risuonò nella stanza e Maria la colse. La sua memoria cominciò a viaggiare. Un ricordo già incontrato le si presentò davanti. Quella panchina, le luci di quel bar, il rumore del mare, il calore di quelle labbra che aveva appena sfiorato. La sua ansia, il suo calore interiore e il piacere che le saliva dal profondo di se stessa inebriavano l’aria quanto la sua persona. Chiara era lì affianco con gli occhi chiusi, le mani tremanti e il cuore che batteva forte nel petto. Le labbra tremule si muovevano fiocamente. Si staccarono un attimo dal bacio e rimasero per un attimo inebriate a occhi chiusi:
Perché l’hai fatto ?
Sì, è vero perché l’hai fatto Marì ? – domandò Chiara dal divano. Maria si guardò intorno e si vide circondata dalle mura della sua casa. Non era più nella dimensione del suo ricordo. Eppure quella domanda era un’eco lontana della sua coscienza. Ebbe paura. Trasalì al solo pensiero che l’altra avesse potuto raccontare della loro storia. Con un filo di voce domandò facendo finta di non aver capito bene:
Fatto cosa ? – Chiara sorrise quasi come se avesse intuito i pensieri dell’altra, poi continuò:
Perché mi hai aiutata quella notte quando ero ubriaca … ti ricordi … non eravamo proprio in buoni rapporti in quel periodo, eppure tu hai abbandonato i rancori per soccorrermi e da allora siamo diventate inseparabili … - Maria si tranquillizzò. Decise di stare al gioco:
Forse perché ero più ubriaca di te … - disse ridendo. Gli altri due la seguirono nell’ilarità.
Erano ormai le sette di sera, quando Chiara decise di andarsene. Le aveva fatto molto piacere avere rivisto Maria dopo tanto tempo, ma qualcosa la inquietava. Quell’uomo, quell’ingegnere alto e robusto, quegli occhi sicuri, indomiti e persino infuocati, l’avevano fatta ingelosire. Ma nulla poteva falla soffrire. Maria ed Ettore non attesero molto prima di andare a letto: erano molto stanchi e il calore delle coperte li avvolse subito nella stretta di Orfeo.
Lo squillo del telefono ruppe la barriera del sonno. Maria aprì gli occhi forzatamente e strofinandosi ripetutamente il viso rivolse una rapida occhiata verso la sveglia: erano le quattro, chi poteva essere a quell’ora? Si distese sul corpo di Ettore, perché il telefono si trovava sul comodino al suo fianco e allungando una mano alzò la cornetta ed emise un rauco pronto.
Signora mi perdoni per l’orario, sono della polizia e … - quella frase sospesa riempì di timore l’animo di Maria, che passo furiosamente sul corpo di Ettore svegliandolo di soprassalto. L’uomo, non avendo ancora pienamente acquisito il contatto con la realtà, faceva dei movimenti scimmieschi e cercava di svegliarsi strofinandosi fortemente gli occhi e chiedendo a Maria informazioni:
Che cosa è successo … - Maria con un movimento insolito delle labbra lo invitò a tacere, per permetterle di capire quello che la voce diceva dall’altro capo del filo.
Lo so che non dovrei dirlo così di botto … - continuava il poliziotto al ricevitore, cercando di guadagnare tempo – presumo che eravate molto legate …
Legate? Io? Con chi – chiedeva Maria stordita.
Eh … Eh … - proruppe esitante la voce. Ma a Maria quell’esitazione bastò per comprendere tutto. La sua vita le passò davanti in un baleno e le sue gambe cedettero come se avessero dovuto sopportare il peso del globo terrestre.
Chiara Tondi … - continuava a parlare telegraficamente la voce – è stata ritrovata distesa sul pavimento in un lago di sangue, dopo averci chiamato dicendoci di aver avvertito un rumore e intravisto un uomo nell’ombra … il bambino era stato messo a letto e dormiva ancora fino al nostro arrivo.
Che cosa posso fare? – Maria era rimasta attonita. Avvertiva tanto dolore dentro di se, che la bocca non sarebbe bastata per esternarlo. Solo i suoi occhi covavano dentro un malessere indefinibile, così pieni di lacrime, che non trovavano nemmeno la forza per sgorgare sulle gote. Improvvisamente cominciò a odiare quella voce. Tanto diplomatica era stata nel riferirle il nome e tanto cinica e crudele nel descrivere minimamente la disgrazia. Gli uomini sono talmente stupidi. Sottovalutano l’importanza che le cose hanno per glia altri e credono di poter ragionare univocamente, come se tutte le persone fossero delle loro proiezioni.Com’è strana la vita! Un corpo che prima conteneva una vita di un tratto diventa inanimato. Che paradosso! Ci vogliono nove mesi per mettere al mondo una creatura, ma un secondo può mettere fine alla sua vita. Ma sarà veramente così? E se fossimo noi, ottusi primati con la pretesa di razionalizzare tutto, a non percepire la vita che ancora persiste in quel corpo a non potere condividere la dimensione in cui viene proiettata a vivere quell’anima, a non comprendere quello che ci si presenta sotto forme diverse dell’ordinario apparire? Queste domande si affollavano nella mente di Maria, ma a cosa sarebbero servite? I limiti dell’umano sentire sono ben delineati e l’impossibilità di percepire un’esistenza dopo la morte è uno di questi. Purtroppo o per fortuna Dio non ci ha concesso questo e forse un motivo ci sarà …
Un biglietto … - continuava a spiegare il poliziotto nel telefono – c’è su scritto il suo nome, il numero di telefono e il suo indirizzo. Lo abbiamo ritrovato sul corpo della vittima. Se può farci la cortesia di raggiungere l’appartamento della sua amica …
Mi può dare l’indirizzo … - disse Maria interrompendo il discorso dell’altro.
Come l’indirizzo, non ha detto di conoscerla ?
Si – precisò Maria – la conoscevo. Siamo state grandi … - fece una pausa strozzando la voce su una parola che le risultava difficile proferire – si amiche, ma molto tempo fa. L’ho rivista solo ieri dopo tanto tempo e …
Si capisco – disse la voce impedendo a Maria di scoppiare in un pianto tenuto prigioniero fino a quel momento – il palazzo si trova in via … - e spiegò ogni particolare, la strada, il piano a cui doveva recarsi.
Dopo aver riagganciato Maria, guardò fisso davanti a sé. Nel buio intravedeva l’immagine della sua Chiara. Il marito alle sue spalle la chiamava insistentemente, ma lei era come alienata. Ettore provò a toccarla per farla girare, ma l’altra gli tolse furiosamente la mano di dosso, come se avesse subito un atto di violenza.
Ma cosa fai ? – le chiese inorridito. Lei avvolta nelle tenebre si girò lentamente. Il suo viso fu illuminato gradualmente dal lume della lampada, scoprendo un volto iroso e un’espressione forzata, che cercava di trattenere forzatamente le lacrime. Ettore continuava a fissarla, lei le si avvicinò lentamente, lo afferrò per il pigiama e cominciò a scrollarlo gridando:
Chiara ! – il nome fu liberatorio, il suo viso fu inondato dalla furia delle sue lacrime. Lei si strinse al petto di Ettore per cercare un conforto, continuando a sfogarsi come un fiume in piena. L’altro non poté far altro che abbracciarla calorosamente, e il suo sguardo suggeriva piena consapevolezza degli eventi:
Chiara … - sussurrò a se stesso, quasi al fine di dare un nome al pianto incessante della moglie.

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