Niki e Alice sono due sorelle serene, che vivono con una madre single ed eclettica, forse un po’ sognatrice ma che ama la natura e fa del suo meglio per stimolare i sensi e la creatività delle due figlie. Il trio viaggia, va a cavallo, canta e balla ad ogni occasione sino al giorno in cui la tragedia irrompe e le due giovani si ritrovano sole al mondo.
Un padre ignoto e uno nella lontana America sono le figure invisibili che rendono ancora più penosa la situazione. Le due sorelle sono condannate alla separazione. La maggiore è destinata ad una casa-famiglia, la minore dovrà varcare l’Atlantico e ricongiungersi con un genitore e dei fratelli di cui non sa nulla.
Prese dal panico le due decidono di scappare e raggiungere l’amata Camargue, luogo ricco di ricordi felici in cui da sempre si erano ripromesse di tornare. Un sogno, un’utopia, un progetto irrealizzabile come spesso capita con gli adolescenti. Sotto shock, senza un centesimo, in preda agli istinti, le ragazzine non riflettono e fuggono dando inizio ad un pellegrinaggio da una compagna di scuola all’altra fino alla inevitabile disfatta.
Photo: courtesy of BA film Festival 2015
“Mi chiamo Maya” narra una storia di fantasia attingendo però da racconti reali. La pellicola vuole fotografare una situazione tristemente in crescita che travolge ogni giorno sempre più adolescenti, lasciati a loro stessi da famigliari che non eccellono nella comunicazione genitore-figlio. Pare, infatti, che il 30% dei ragazzini scappi di casa all’inseguimento di una fantomatica libertà, aggrappandosi a sogni impossibili. Questo dato allarmante ha spinto la Regione Lazio e le ASL di Roma a dar vita ad un progetto di sensibilizzazione, affidandosi al regista Tommaso Agnese.
Da tanta passione e determinazione è nata una serie di filmati presentati nelle scuole e approdati sui canali televisivi a scopo educativo. Il materiale raccolto da Agnese era talmente vasto e vario da poter vincere una nuova sfida: scrivere una storia unica che riuscisse a raggiungere il grande pubblico da Nord a Sud della Penisola. Ha preso così forma la sceneggiatura del lungometraggio di finzione di oggi, “Mi chiamo Maya”.
Photo: courtesy of BA film Festival 2015
L’opera ha debuttato qualche giorno fa al B.A. Film Festival e arriverà nelle sale il prossimo 7 maggio 2015. Il progetto è ambizioso e la storia è curiosa, interessante, il problema è reale e tocca molti di noi. Parecchi sono gli spunti di riflessione: viviamo in una società in costante evoluzione e questa corsa contro il tempo pare essere foriera di tante novità in grado di migliorare il nostro quotidiano, ma ha un retro della medaglia di incomunicabilità senza precedenti.
Tommaso Agnese si sgancia dallo schema melodrammatico, non sfrutta i meccanismi della lacrima facile o del senso di colpa e col suo piccolo film dà spazio e voce ai giovanissimi e al loro mondo semplice, talvolta di poche parole, introverso, e difficile da comprendere per un adulto che ha superato da tanto tempo l’adolescenza. “Mi chiamo Maya” è un esordio su grande schermo, qualche imperfezione c’è, alcune cose possono non convincere, ma tocca corde che hanno molto da dire.
Vissia Menza