Gli scienziati credono che il veleno presente nella puntura delle api può aumentare il collagene, la sostanza chimica che mantiene la pelle giovane e flessibile. Migliore alternativa al Botox.
Essere punto da un’ape per farti sembrare più giovane?
Può non sembrare allettante, ma il veleno è stato salutato come trattamento del miracolo anti-età.
Gli scienziati hanno scoperto che può aumentare il collagene, che dà alla pelle elasticità giovanile e la può rendere meno soggetta ai danni dei raggi solari.
Maschere contenenti il veleno d’api, sono state nel passato una moda passeggera delle celebrità, disponibili per anni solo in saloni di bellezza e Terme.
Ora, dopo 12 anni di ricerca, è in commercio il primo prodotto della cura della pelle che lo contiene.
La nuova gamma è stata ideata dallo scienziato coreano Dr Sang Mi Han per la compagnia di bellezza “Manuka” della Nuova Zelanda che sarà commercializzata nei negozi “Holland & Barrett “da lunedì.
E’ questa, in sintesi la prossima migliore alternativa in vasetto al botox .
Una dei primi vip che si è sottoposto al trattamento è stata l’anno scorso Camilla, duchessa di Cornovaglia presso un salone di bellezza.
Il prodotto provoca un effetto consistente in un ‘leggero formicolio’ sulla pelle. Apparentemente la parte del corpo interessata al trattamento, reagisce come se fosse punta inducendo il sangue a confluire verso la zona interessata, stimolando la produzione di collagene e di sostanze chimiche che si formano naturalmente come l’ elastina che è una proteina costituente il tessuto connettivo che è elastica e permette a molti tessuti dell’organismo di tornare alla loro forma originaria al fine di mantenere la pelle tesa.
Il Dr Han, un ricercatore presso la National Academy of Agricultural Sciences della Corea del Sud, ha pubblicato la ricerca suggerendo che si possa anche accrescere il numero di cellule chiamate cheratinociti che si comportano come una barriera contro i fattori ambientali quali batteri, perdita d’acqua ed i danni dei raggi solari.
I cheratinociti sono il tipo cellulare più abbondante nell’epidermide. Essi sono presenti nello strato corneo, in quello spinoso ed in quello granuloso e costituiscono l’impalcatura dei vari strati dell’epidermide, ma con l’età la pelle cella perde nell’elasticità con la formazione di linee sottili e rughe.
L’esposizione al sole è una delle principali cause di rughe, perché la luce UV aumenta i livelli di proteine che sono responsabili della degradazione del collagene della pelle. Questo è ciò che determina la riduzione di elasticità della pelle.
Mentre per le api non c’è nessun pericolo, in quanto nessuna resta ferita durante l’estrazione del veleno che è raccolto utilizzando un dispositivo speciale che mantiene le api incolumi.
Una superficie di vetro speciale (nota come il collezionista) è posta a fianco dell’ingresso dell’alveare mentre una debole corrente elettrica viene immessa attraverso di essa, che attrae le api a pungere la classe delicatamente. Le api così non muoiono e rimangono illese.
Il veleno delle api è poi essiccato, raccolte e purificato per rimuovere qualsiasi impurità indesiderata come terra, polvere o polline.
Il veleno d’api è stato utilizzato in applicazioni mediche fin dai tempi antichi. Contiene inoltre una proteina chiamata APAMINA che accresce la produzione di cortisolo nelle ghiandole surrenali. L’apamina agisce anche come neurotossina che rilassa i muscoli e viene utilizzata in un trattamento di artrite chiamato apiterapia e per alleviare i sintomi della distrofia muscolare e la sclerosi multipla.
La terapia con veleno d’ape viene utilizzata da taluni come cura per i reumatismi ed i dolori articolari grazie alle sue proprietà anticoagulanti e anti-infiammatorie. Viene usata anche per desensibilizzare le persone allergiche alle punture degli insetti. La terapia con veleno d’ape può essere somministrata anche sotto forma di pomata sebbene potrebbe risultare meno efficace della somministrazione attraverso la puntura delle api vive. In omeopatia il veleno d’ape viene utilizzato per produrre il rimedio Apis mellifera.
Giovanni D’AGATA