Antiche Guerre Cosmiche – Vito Introna
Posted by Nephrem On'Yn'Rah on mag 26, 2011 in Recensioni | 0 comments
Titolo: Antiche Guerre Cosmiche
Autore: Vito Introna
Prezzo: 15€
Edizione: Edizioni Diversa Sintonia, collana Connectiva
Pagine: 304
Il romanzo è diviso in tre macro-testi che possono essere considerati come tre racconti lunghi ognuno a se stante, ognuno con i propri personaggi e la propria storia, tutti e tre sono concatenati in ordine cronologico a raccontare varie centinaia di anni di storia futura (e anche passata, nella prima parte assistiamo a un evento ucronico e distopico) sino a un epilogo che non è tale, poiché permette immediatamente di capire che al testo ne seguiranno altri (si spera), non soltanto per il “continua” posto alla fine del libro ma anche per tutta una serie di elementi della storia che sono stati solo accennati e di cui si presume si parlerà nei prossimi capitoli della saga.
Il romanzo è di qualità crescente, in pratica mano a mano che si avanza migliorano le storie e la chiarezza di queste, ma andiamo con ordine: s’inizia con “Gli Aspetti Oscuri dell’esistenza, il Diario Apocrifo di Boris Zuckowsky” che, come si può intuire dal titolo, è trattato in prima persona (quella del folle Boris), di come questo ragazzotto intellettuale (o pseudo-tale) viene manipolato da forze superiori (i Lesiadi in varie forme, come Vecchi della Galassia o come ibridi genetici tra la razza aliena e quella umana) per lottare e “sconfiggere” Belzebù, il Diavolo (che non è propriamente tale, ma un alieno da incredibili poteri mentali che si nutre dei corpi, delle menti e delle anime degli esseri viventi) e liberare l’ultimo avamposto da questo creato, Ummo, pianeta abitato da esseri telepatici ma privi di spiritualità (e sarà questo a favorire l’ascesa al potere di Belzebù, grazie ai suoi inganni e alle sue macchinazioni).
L’idea alla base di questa storia è molto interessante e la forma di “diario” (che personalmente apprezzo molto, anche se qui è stata dura digerirlo) avrebbe dovuto rendere il tutto molto più interessante e intrigante, sfortunatamente in questa prima parte si notano eccessivi infodump, alcuni problemi di “punto di vista” (i quali saranno più presenti ma anche più comprensibili nell’ultima parte del testo) e un registro linguistico eccessivamente forbito (anche se bisogna ammettere che molto di tutto questo dipende dalla forma stessa della narrazione, stiamo infatti leggendo un “diario apocrifo” che oltretutto è stato diffuso come ebook ed è stato abbellito aggiungendo parti romanzate così da indurre sempre più gente ad adorare Boris e a erigere un culto su questo ragazzo che da solo ha “sconfitto” Belzebù e distrutto il governo della Pangermania, che qui aveva pressoché conquistato il mondo) e i due personaggi principali di questo diario (Boris e Luluk) appaiono eccessivamente simili nel modo di esprimersi (ma anche qui vale quanto detto sopra).
Si prosegue con “La Porta dei Suicidi”, è già dalle prime pagine si può vedere un salto di qualità indiscutibile rispetto al Diario, qui la quarta di copertina dice “I lesiadi ci porteranno […] su Xazq, pianeta misterioso di proprietà del diavolo in persona, dove un piccolo uomo con ascendenze leisadi riuscirà a sconvolgere un millenario mercimonio delle anime suicide” ma trovo che sia quanto meno riduttivo esporre l’argomento di questa seconda parte in questo modo, infatti “l’uomo con ascendenze leisadi” è solo uno dei protagonisti di questa storia corale, sono infatti molti i protagonisti che vengono presentati al lettore, anche se alla fine saranno solo in due a contribuire maggiormente (come rappresentanti della razza umana, in quanto le anime suicide di Xazq appartengono a varie razze aliene oltre alla nostra) alla “Rivoluzione xazqiana” (definizione mia), i difetti visti in precedenza qui sono quasi del tutto spariti, il linguaggio è molto più scorrevole, più piacevole da leggere, i protagonisti meno odiosi (è difficile riuscire a trovare simpatico Zuckowsky) ed “elaborati” e virgoletto solo perché per necessità hanno tutti elementi comuni che li hanno portati a trovarsi tutti suicidi su Xazq (per sapere in che modo non potete far altro che leggere il romanzo) e quel poco di infodump che si trova è ridistribuito in maniera migliore, non che sia positiva la sua presenza ma ad ogni modo si riesce ad arrivare alla fine della seconda parte senza prestarci eccessiva attenzione e trovando abbastanza interessanti gli scenari e le informazioni storiche che vengono somministrate al lettore.
Terza e ultima (e migliore, escluso un problema di punti di vista che descriverò in seguito) parte è “L’Olocausto di Partenope”, altra storia corale ma con un protagonista più centrale, se nella parte precedente era difficile concepirne “protagonista” chi veniva indicato come tale in questa parte è più semplice e accettabile, in quanto Giuseppe (questo il suo nome) ha una funzione molto più centrale nel dirigere gli eventi verso la battaglia con Belzebù (ecco perché sino ad ora si è virgolettato “sconfitta”, il Diavolo non era stato sconfitto, aveva solo perso un avamposto ma non la guerra).
La storia si svolge nuovamente sulla terra, secoli dopo la morte di Zuckwosky e la liberazione dei Suicidi, una delle razze aliene conosciute su Xazq ha “conquistato” la Terra (a voi capire il perché delle virgolette) instaurando un governo di classi, con città divise da livelli di vicinanza ai “padroni alieni”, dove le capitali sono quelle città in cui risiedono in pianta pressoché stabile i “dominatori”.
Ovviamente (o quasi) non tutto quello che sembra così semplice è reale, molti gli intrighi e le macchinazioni della Mosca, la cui presenza è indubbia (può il Diavolo non essersi lasciato più alcuna via di fuga in caso si trovasse alle strette? Improbabile se non impossibile) e sarà Giuseppe, insieme a una comunità “cristiana” a portare alla scoperta tutti gli inganni e le menzogne che regnano sovrane sul nostro pianeta.
Qui l’infodump è quasi del tutto assente, la narrazione è la più fluida e controllata delle tre parti del romanzo e in pratica l’unico difetto che si possa trovare in questa storia riguarda la gestione dei punti di vista e l’aumento esponenziale di personaggi nelle battute finali del racconto.
Capita spesso e volentieri di veder cambiare punto di vista della narrazione andando a capo, senza uno stacco netto e preciso, cosa che nei primi casi sbilancia un po’ chi legge e negli ultimi (quando i personaggi secondari aumentano eccessivamente, dato il loro ruolo, esemplificativa è la presenza di un paio di ragazzi napoletani che parlano “l’antico dialetto” e il cui ruolo è praticamente nullo, sono solo degli spettatori, eppure spuntano all’improvviso per un paio di paragrafi destabilizzando il corso della lettura) anche un po’ di frustrazione, fortunatamente questi momenti sono relegati (letteralmente) a poche pagine, giusto nei momenti in cui quei nuovi personaggi appaiono, in questo modo si riesce a raggiungere il finale del libro apprezzandolo come buona “opera prima” (intesa come primo romanzo strutturalmente e concettualmente complesso) che, per quel che riguarda il sottoscritto, ha tutte le potenzialità necessarie per dar vita alla saga che promette, in fondo se la qualità aumenta ogni cento pagine (questo il numero approssimativo delle singole sezioni del libro) ci si possono aspettare grandi cose dai seguiti, no?
Alcune ultime note: come si può vedere immediatamente dalla copertina (dove spicca il nome della collana in cui il romanzo è inserito “Connectiva”) in tutto il romanzo è il connettivismo e le sue varie “manifestazioni” (società telepatiche in cui le informazioni viaggiano da un membro all’altro come se fossero tutti i nodi di una rete telematica, emozioni controllabili da menti “superiori” in grado d’imporsi alla “rete” e così via) vengono esposte con una nota pessimistica apprezzabile, i vari infodump in cui vengono raccontati i retroscena delle varie società aliene che si incontrano nel romanzo sono pur nella loro natura godibili (leggasi: anche se sarebbe bello non vedere infodump, quell’infodump risulta comunque tanto curioso da essere interessante) esemplificativo a mio avviso la storia degli Erktij, che con mio rammarico hanno avuto un ruolo minimo nell’insieme del romanzo.
Concludendo, val la pena leggerlo? Sì, ne vale la pena, basta solo non lasciarsi fermare da Boris.