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Le leggende. Termine che deriva dal latino legenda ed indica "cose che devono essere lette".Potremmo quasi fermarci qui.Patrimonio culturale di incalcolabile valore, che sapientemente mescola il reale al fantastico.Le Alpi ne sono ricchissime, alcune di esse quasi dimenticate ed in parte sepolte dall'inarrestabile scorrere del tempo, altre tenute in vita e tramandate oralmente sino ai nostri giorni grazie al narrare dei nostri vecchi.
Penetriamo, con uno slancio di genuina curiosità, in questo mondo sommerso dove passato e presente si fondono fino a divenire una cosa sola.Ci troviamo in Piemonte, tra le province di Novara e del Verbano-Cusio-Ossola. ...un'antica leggenda cara ai cusiani di un tempo è nota con il nome di “miracolo delle fiammelle”.Si racconta che quando un temporale si dirigeva in direzione del Lago D'Orta minacciando furiose grandinate sulla guglia del campanile dell'isola appariva un flebile tremolio di luci.C'era chi affermava di averle viste, altri invece giuravano di aver udito i rintocchi della campana provenienti dalla basilica.Erano le anime dei defunti che da San Quirico e da San Filiberto (rispettivamente i cimiteri di Orta e di Alzo) accorrevano alla chiesa del santo, per pregare affinché la furia degli elementi si placasse il prima possibile e non si abbattesse sulle terre della loro gente.Un fil rouge atto a tracciare un collegamento tra il mondo terreno e l'aldilà.Addentriamoci nell'entroterra cusiano più precisamente nell'arcana Valle Strona, tortuosa e stretta valle incisa dal suo omonimo torrente, luogo carico di superstizioni e mistero.Si narra di anime che allo scoccare della mezzanotte risorgono dai loro immobili sepolcri e si avviano verso i ghiacciai e le nevi eterne del Monte Rosa.Avvolti nei loro lunghi mantelli rischiarano il loro cammino con una fioca luce emanata da un lumino acceso sul mignolo.Giunti su una delle vette della catena montuosa alle prime luci del sole iniziano a scavare affannosamente per tutto il giorno cunicoli nel ghiaccio intonando antichi canti e cercando di porre riparo a tutte le colpe commesse in vita.I montanari delle vallate attorno al Rosa un tempo erano soliti percorrere il “tragitto dei morti”...Molteplici sono le leggende che si associano alla ricorrenza dei Defunti.Durante la notte di Ognissanti attorno a mezzanotte la credenza vuole che i morti facciano ritorno nelle loro case dove il camino è rimasto acceso e la tavola apparecchiata.Numerose sono le persone che anche al giorno d'oggi si attengono fedelmente a questa tradizione e la sera del 31 ottobre riunendosi con i parenti, dopo aver recitato il rosario, consumano castagne bollite avanzandone a fine pasto una piccola porzione destinata ai defunti.
Merita senz'altro una menzione “l' incanto dei morti” (slegandomi momentaneamente dalle leggende) che si svolge a Luzzogno la prima domenica di novembre e che si lega all'antico tributo della decima (durante la cerimonia viene messa in vendita anche la "Roba dla cavagna", ovvero tutto quello che sta nel cestino da lavoro: pedule, calze pizzi ecc.). Una tradizione lunga ormai più di 3 secoli dove coloro che non sono più tangibilmente presenti lo sono egualmente nell'atmosfera e nei gesti.Ai piedi della croce vengono posizionate delle zucche come nell'antica tradizione celtica e dove possiamo ritrovare le origini della festa anglosassone di Halloween.Una cerimonia suggestiva all'interno di una valle magica....alcuni morti però non trovano pace nemmeno nelle leggende.E' il caso della “pissa dei dannati”, nome con cui viene identificata una piccola cascata del fiume Strona nei pressi di Campello Monti, dove l'acqua che sgorga infrangendosi in mille spruzzi la leggenda vuole alberghi l'anima di due malfattori che neanche il più feroce dei demoni ha voluto tenere al suo fianco.Per sempre intrappolati tra quei gelidi zampilli.Tutto ciò possiede il fascino di cose antiche e lontane, ma solo nel tempo.Leggende e tradizioni che sopravvivono ci legano indissolubilmente al nostro passato; un viaggio nell'ignoto cercando risposte a timori ancestrali mai del tutto sedati, anzi sempre presenti tra gli angoli più remoti di questa ripida valle.
Filippo Spadoni
Per la fotografia d'apertura dell'articolo si ringrazia Severino Piana.
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