ANTIGONE - di Valeria Parrella

Creato il 18 gennaio 2013 da Ilibri

Titolo: Antigone
Autore: Valeria Parrella
Editore: Einaudi
Anno: 2012

Lascia fare alla natura, ad Ananke -, dice il legislatore, e in quale contraddizione più dolorosa cade dicendo questo, se ad Ananke ha sottratto il corpo di mio fratello, destinato certo a Thanatos nei campi, per accanirsi su di lui con la terapia? Come era adesso voi non lo sapete, e vi auguro di mai saperlo e al contempo invidio il vostro non sapere. Ti invidio coro, perché consumi il tuo tempo con il pane e la corsa delle bighe e il nettare di Dionisio. Ma cosa è il tempo rattrappito mio e di mio fratello, rattrappito corpo per tredici anni, tu non sai. Quando al legislatore manca la ragione è il popolo che deve tornare a ragionare”. 

Il testo di Sofocle torna a teatro e lo fa con Valeria Parella.

La scrittrice napoletana, già autrice di testi teatrali e non solo, torna a scrivere di Antigone e della sua lotta contro la legge che si fa ingiustizia di fronte a temi di straordinaria e delicata umanità come l’eutanasia, la detenzione nelle carceri e il suicidio.

Il confine tra vita e morte, così come quello tra legge dell’uomo e legge della natura è labile.

Il Legislatore guardiano di Tebe applica ciecamente le sue leggi invocandone il pieno rispetto, sordo alle ragioni della coscienza, ancorato al diritto che non si rinnova, che non sa tutelare l’uguaglianza, la libertà e la salute.

Il coro si accende in un dibattito che si alterna nei giudizi, che prende posizione ora per il Legislatore ora per Antigone.

Polinice gravemente ferito in battaglia è in coma da tredici anni tenuto in vita artificialmente, immobile nella sua vita apparente con il suo fiato sordo e pompato in un tubo che la sorella Antigone non riesce più a riconoscere, perché “la vita è un soffio che esce […] non uno che entra”. La sua mano consegnerà il fratello a Thanatos, alla morte necessaria, strappandolo ad un accanimento terapeutico e normativo intollerabile.

Il Legislatore la condannerà alla detenzione senza fine e senza speranza. Tra le mura del carcere, Antigone conoscerà un’altra vita apparente, quella che si consuma in “pochi metri, un solo servizio e un lavabo[…]Tutto questo per ventidue ore al giorno, e quelle altre due […] in un cortile assolato”.

Il Legislatore rifletterà e si convincerà sulle parole dell’anziano indovino Tiresia che lo ammonisce: “Ad Antigone avresti dovuto chiedere perché, e scandagliare fin nel fondo prima di giudicare”; ma per Antigone il tempo dell’attesa è terminato.

Il testo della Parrella, dopo Brecht e Anouilh, recupera un mito di straordinaria modernità: Antigone ha attraversato il tempo ed è arrivata sino a noi per dialogare con il presente e per condurci ad una riflessione doverosa sulla necessità di farsi parte del processo di formazione della legge. Non possiamo rimanere estranei a ciò che viene scelto per noi ed imposto dall’alto alle nostre coscienze. Siamo responsabili della nostra libertà e della nostra vita.

Autodeterminarsi è bellissimo” dichiara la scrittrice in un’intervista. “Il flusso della vita e della morte è più forte delle leggi della comunità”.

Il tutto ce lo spiega con un testo di esemplare lirismo che non ha perso la solennità della tragedia antica.

Lo spettacolo, diretto da Luca De Fusco, è già approdato al Teatro Mercadante di Napoli e proseguirà la sua turnée in tutta Italia.

Il teatro è un tempio moderno, dove avviene un rito collettivo. Per partecipare devi alzarti dal divano, devi assumere un atteggiamento attivo, viverlo. Lo stesso atteggiamento da tenere verso i temi fondamentali della vita. Pensare, spegnere la tv”, ci ricorda la Parrella.

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