Compie 20 anni la campagna mondiale contro le mine antiuomo
Il 2012 segna vent’anni dall’avvio dell’International Campaign to Ban Landmines, la Campagna internazionale contro le mine antiuomo, un movimento globale fondato da sei ong a New York nell’ottobre 1992, premio Nobel per la Pace nel 1997. Ad ogni anniversario i promotori ripropongono il dramma che deriva dall’uso di questi strumenti di morte e sollecitano i Paesi che ancora non l’hanno fatto a sottoscrivere il trattato che le mette al bando. Si tratta dell’unico movimento globale che si occupa di questa terribile arma che ha mietuto centinaia di vittime e che continua a uccidere.
Per questo il 2012 sarà interamente dedicato a stimolare i governi, le agenzie e i tanti sostenitori a continuare a informare, a denunciare e ad agire per far prendere coscienza al mondo di questa emergenza. Fino ad oggi la campagna è stata portata avanti in 100 Paesi, puntando l’attenzione su svariati aspetti, dai diritti dell’uomo a quelli dei bambini, dai problemi dello sviluppo al dramma dei rifugiati fino agli interventi medici e umanitari. Questo approccio diversificato garantisce alla campagna forza e concretezza tanto da aver raggiunto, dolo dopo 5 anni, i primi successi.
Gli ultimi dati dell’osservatorio sulla campagna risalgono al 2010 e parlano di 4191 incidenti provocati da mina, bombe artigianali chiamate IEDs e cluster bombs, avvenuti in 60 Paesi. 1155 persone sono rimaste uccise e 2848 ferite. In 188 esplosioni, invece, restano sconosciute le conseguenze in termini di sangue versato. Dal 2008 il più grande numero di esplosioni sono state registrate in Afghanistan (1211) e Colombia (512). La cifra totale del 2010 è pressoché identica a quella del 2009, quando gli incidenti identificati furono 4010.
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