‘Lotta per la tua vita, prima che sia finita’
1. Nella disapplicazione di una vita, di una memoria, un’infanzia mi fa incontrare un’altra infanzia e tutto torna chiaro, presente, mai andato via.
2. E quindi riparto dal libro e dall’autore: Alberto Manzi è noto agli italiani per aver condotto il programma televisivo Non è mai troppo tardi (Premio Internazionale di Tokio nel 1965). Con centinaia di puntate questa trasmissione ha permesso l’alfabetizzazione di milioni di italiani. Meno note sono altre fasi del suo vivere. L’attività di insegnante di Manzi ha inizio nel carcere minorile di Porta Portese per poi svilupparsi in ulteriori ambiti (tra questi la fondazione di cooperative sociali in Ecuador). Quando scrive Orzowei, negli anni cinquanta, l’autore si trova in Amazzonia tra gli Indios Kiwari per studiare delle formiche. Da tutte le sue esperienze di insegnante e di ricercatore, Manzi attinge a piene mani per costruire il suo personaggio. Orzowei è, infatti, una storia piena di insegnamenti ma al contempo ci rimanda a magici mondi conradiani di avventure ed incontri dove tutto può accadere. Isa è un bambino bianco trovato ed allevato da una tribù africana. Da buona parte del villaggio viene discriminato per il colore della sua pelle (e già qui abbiamo un primo fondamentale insegnamento: anche l’uomo bianco può essere vittima del razzismo) Tutti lo chiamano Orzowei (trovato) e lo sottopongono a vessazioni e insulti. Dopo una prova Isa lascerà il villaggio per scoprire il mondo. In questo passaggio abbiamo un po’ il ciclo della vita, l’ingresso nell’età adulta che avverrà attraverso prove e sacrifici. Nel suo peregrinare Isa troverà un’altra tribù pronta ad accoglierlo senza nulla chiedere. Avrà il tempo di crescere ed imparare. Ad un certo punto poi cercherà le sue radici, la gente bianca. Entrerà in relazione con le loro abitudini e con il loro mondo per poi trovare infine se stesso grazie a tutte le esperienze accumulate. Il romanzo vinse il Premio H.C.Andersen.
3. Nel rivedere il telefilm dedicato ad Orzowei riprendono vita i sapori, le suggestioni, l’incontrovertibile fascino di una leggenda, di un mito che ha segnato una generazione. La beltà resta immutata nel tempo come forse solo il Sandokan di Sollima ha saputo fare. La serie televisiva si apre con un neonato ritrovato in una giungla. Successivamente ritroviamo Isa adolescente inseguito dagli altri ragazzi del villaggio sulla canzone degli Oliver Onions. Dopo una lotta furibonda col coetaneo Mései giace inerme a terra. Ritornato al villaggio scopre che i membri del consiglio vogliono parlargli. Dovrà superare una prova. Il suo corpo verrà ricoperto di bianco e fino a quando il colore non andrà via Isa non potrà tornare al villaggio. Nel frattempo tutti potranno cercarlo ed ucciderlo. Da qui prendono il via le avventure di Orzowei. Il telefilm andato in onda nel 1977 trova la propria forza anche nella storia ed i raccordi con il romanzo sono garantiti dallo stesso Manzi che cura il soggetto e la sceneggiatura. La regia è di Yves Allégret mentre Peter Marshall veste benissimo i panni di Isa. La sigla-capolavoro è opera dei fratelli De Angelis.
Flavio Sciolè