Nuovo progetto per l’Azienda Vitivinicola, impegnata da diversi anni nella sperimentazione e nel recupero della vitivinicoltura di qualità. Antium – Bellone di Anzio 2014 è la nuova etichetta che segna il ritorno dell’antico vitigno autoctono Bellone, tipico proprio della zona di Anzio. Di origini antichissime, noto già in epoca romana e citato da Plinio come uva pantastica, il Bellone è presente nell’area che va dai Castelli Romani, ai Monti Lepini sino alle propaggini verso il mare. Alle spalle di Anzio ha trovato sui terreni sciolti, sabbiosi e caldi, un microclima molto favorevole, caratterizzato da una persistente brezza marina.
Nel Bollettino Ampelografico del 1881 era descritto come vitigno con grappoli dalle proporzioni maggiori ma dai caratteri analoghi ai Belli, gruppo di vitigni diffusi intorno a Roma. Osservazioni confermate anche da Mangarino nel 1888 e Mancini nel 1893. Conosciuto anche come uva pane per la sua buccia spessa e consistente, il Bellone si presenta di colore giallo intenso con riflessi dorati. Vino solare con sentori di frutta esotica ben matura, come mango e papaya, contrapposti a una consistente acidità, lo rendono idoneo a lunghi affinamenti in bottiglia. In bocca risulta molto ampio, ricco e persistente, con leggere sfumature floreali e speziate e con sapidità e mineralità molto pronunciate. L’abbinamento ideale è con la tipica minestra di sgavajone, varietà di pesce autoctona, dei pescatori di Anzio.
Un risultato importante, quello del Bellone, che coincide con la ricorrenza dei 30 Anni di Ricerca e Sperimentazione dell’Azienda. Nel 1985 Dino Santarelli ha avviato un progetto di sperimentazione che, nel tempo, ha determinato la produzione di vini di considerevole qualità, sempre più apprezzati, anche a livello internazionale. Negli anni Novanta, Antonio Santarelli, seguendo l’intuito paterno, ha portato avanti il lavoro con passione su quasi 60 varietà di vitigni diversi, con la preziosa collaborazione dell’enologo trentino, Paolo Tiefenthaler, che dal 1988 è il loro Direttore Tecnico. La sperimentazione vinicola si è concentrata, dapprima, internamente in Azienda, con l’introduzione sul territorio dell’Agro Pontino di vigneti provenienti da Bordeaux.I primi tangibili riscontri si sono avuti infatti sul Cabernet Sauvignon e il Petit Verdot, con un adattamento positivo al microclima locale. Ad oggi, la Casale del Giglio possiede 180 ettari di vigneto riconvertiti, e diverse sono le varietà introdotte, tutte caratterizzate dall’interazione qualitativa Vitigno-Territorio. L’attuale produzione offre una gamma di 20 prodotti da monovitigni e da assemblaggi tra bianchi, rossi, un rosato, una vendemmia tardiva, tre grappe e un olio. Ragguardevoli risultati sono stati raggiunti, dalle uve rosse Syrah, Petit Verdot, Tempranillo, e dalle bianche Chardonnay, Viognier e Petit Manseng.
Da cinque anni Casale del Giglio ha intrapreso la ricerca esterna all’Azienda, sviluppando il primo progetto di recupero di un vitigno autoctono sulla nota Isola di Ponza, che ha permesso di riscoprire l’antico vitigno locale, la Biancolella di Ponza, varietà originaria della Campania, ora autoctona laziale, importata da Ischia nella metà del ‘700 ai tempi del Regno di Napoli sotto i Borbone. Proprio da qui nasce il vino Faro della Guardia, altra novità, che già al suo debutto ha ricevuto riconoscimenti importanti: i 5 Grappoli dalla Guida Bibenda del 2013 e i Tre Bicchieri della Guida Vini d’Italia 2015 del Gambero Rosso. La coltivazione nel Lazio è autorizzata unicamente sulle Isole Ponziane. Vino dai profumi intensi di frutta gialla, pesca e albicocca, integrato da note floreali di biancospino. All’assaggio si presenta minerale e sapido dato dal suolo vulcanico calcareo dell’isola di Ponza, persistente con un retrogusto di note fruttate, agrumate.Hanno collaborato con la Casale del Giglio, sin dall’inizio, alle varie fasi di ricerca e studio il Prof. Attilio Scienza, dell’Istituto di Coltivazioni Arboree dell’Università di Milano, il Prof. Angelo Costacurta, dell’Istituto Sperimentale per la Viticoltura di Conegliano e, in tempi più recenti integrando il team sperimentale, il Prof. Fulvio Mattivi della Fondazione Edmund Mach – Centro Ricerca ed Innovazione dell’Istituto Agrario Provinciale San Michele all’Adige che ad oggi continuano a dare il loro prezioso contributo al recupero di vitigni autoctoni laziali.
L’azienda Casale del Giglio ha ricevuto all’ultimo Vinitaly il premio speciale Nazioni 2015 e ben 10 Gran Menzioni nelle seguenti categorie: Vini bianchi prodotti nella vendemmia 2014 per lo Chardonnay e il Sauvignon; Vini bianchi elaborati in barrique o affinati in legno per l’Antinoo 2013; Vini rossi prodotti nelle ultime due vendemmie (2014 – 2013) per il Tempranijo; Vini rossi dai tre ai quattro anni dalla vendemmia (2012 – 2011) per il Cabernet Sauvignon 2012 e 2011 e per il Madreselva 2012 e 2011; Vini dolci naturali per l’Aphrodisium 2013 e 2014.
di Giovanna Moldenhauer