Magazine Cinema
La trama (con parole mie): Syd March, impiegato presso una clinica che si occupa di iniettare nei fan più accaniti i germi delle malattie che colpiscono le loro star favorite, si ritrova a contatto con l'infezione che ha ucciso Hannah Geist, vera e propria ossessione penetrata fin nei sogni del giovane.
Prima di consegnarlo ai suoi datori di lavoro, March si inietta il virus diventando così un bersaglio, un reietto, un pezzo del puzzle che potrebbe portarlo a scoprire cosa c'è veramente dietro la misteriosa morte della ragazza, finendo per comprendere i lati più oscuri della sua natura ed avere la possibilità di accedere ad un altro livello di comprensione e percezione dell'esistenza.
Ma sarà sogno o realtà? Futuro o passato? Fumo o arrosto?
Come già appurato non troppo tempo fa grazie al post dedicato a Chained, la questione dei figli d'arte resta una delle più spinose del Cinema - e non solo -: Brandon Cronenberg, giovane di belle speranze - non ancora trentenne - ansioso di percorrere le orme paterne, si presenta al mondo della settima arte con un'opera prima ultimamente rimbalzata da una parte all'altra della blogosfera raccogliendo spesso e volentieri pareri più che lusinghieri, ispirandosi alla stessa ricerca fisica e mentale che animò il padre David nel corso della realizzazione di lavori come Videodrome, Crash o Exsistenz.
Purtroppo per il suddetto Brandon, prima o poi, nel corso del peregrinare lungo la Frontiera della rete, si finisce per incontrare un vecchio cowboy come il sottoscritto, che pur non essendo giovane quanto lui o ugualmente talentuoso, ha d'altro canto sviluppato una scorza dura da superare rispetto alle finte opere artistiche tutto fumo e niente arrosto come questa.
Perchè Antiviral, con tutte le potenzialità obiettivamente presenti nelle sue quasi due ore di viaggio verso la mutazione, l'evoluzione, la vita e la morte, lo stile impeccabile ed il citazionismo - da 2001 ai già citati lavori del genitore del fanciullo -, rientra a pieno titolo in quel novero di visioni radical chic fredde, calcolate, pulite pulite e confezionate nello stile che piace tanto alle giurie dei festival ma che, di fatto, non nasconde sostanza che vada oltre il mero esercizio di stile.
Senza, dunque, andare a stuzzicare le consuete discussioni a proposito delle possibilità che il rampollo di un cineasta noto in tutto il mondo potrà sempre e comunque avere rispetto ad un illustre sconosciuto a parità di potenziale - che vorrei vedere un qualsiasi portentoso esordiente sparato dritto dritto a Cannes sfoggiando Malcolm McDowell nel cast ed un risultato finale così patinato da fare invidia alle grandi produzioni hollywoodiane, altro che Canada terra promessa dell'alternativismo -, Antiviral rappresenta fondamentalmente tutto quello che normalmente detesto in un presuntuoso film d'autore, dalla voglia di stupire a tutti i costi mostrando le sorprendenti abilità che muovono la mente dietro l'opera ai dettagli insistiti - io posso capire la ricerca e l'esplorazione della mutazione fisica derivata dallo stile di casa Cronenberg, ma al quinto dettaglio dell'ago che entra sottopelle mi sono chiesto se non ci si trovasse nel pieno di un documentario sulla vita delle infermiere nei centri prelievi -, dalla recitazione volutamente sopra le righe - il tanto acclamato protagonista Caleb Landry Jones non mi pare fenomenale come è stato dipinto - ad una pretestuosità totalmente priva di anima che non aggiunge nulla alla storia della settima arte e, al contrario, finisce per annoiare - e non poco - e mostrare tanta anima e passione quanta è quella espressa dall'algida - ed anche qualcosa in più - fotografia.
Una pellicola pomposa, frigida, ricca di buone idee ma priva del cuore necessario a trasformare le stesse in una grande storia, una sorta di "sotto il vestito niente" che lascia in bocca l'insoddisfazione di un cocktail annacquato pagato fior di soldi nel locale all'ultima moda quando nel postaccio del fido Umbertone per un terzo del prezzo al secondo drink sei già pronto per entrare in orbita.
Brandon Cronenberg avrebbe bisogno di una freddissima doccia di umiltà, e anche se non servirà quella del sottoscritto, spero davvero che qualcuno - pur non facendo affidamento sul padre, considerata la crisi di creatività che sta attraversando lui stesso, vedasi il terribile Cosmopolis - possa allungargli un paio di bottigliate supplementari in modo che il suo talento - perchè senza dubbio il ragazzo ne ha - possa essere meglio gestito la prossima volta.
Del resto, nessuno nasce imparato.
Neanche il figlio di David Cronenberg.
MrFord
"You and me have a disease,
you affect me, you infect me,
I'm afflicted, you're addicted,
you and me, you and me."
Bad Religion - "Infected" -
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