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Antiviral, di Brandon Cronenberg (2012)

Creato il 16 marzo 2013 da Psichetechne
Antiviral, di Brandon Cronenberg (2012)
In un futuro non molto lontano, Syd March è un giovane che lavora per una società che fornisce servizi molto speciali: l'azienda commercia in malattie che hanno ucciso famose stelle del mondo della musica e dello spettacolo, e da cui i loro fan fedeli desiderano essere infettati per provare le stesse sensazioni psicofisiche dei loro idoli. Il lavoro di Syd consiste nel consigliare ai clienti il virus che fa per loro. Ma Syd non ne ha mai abbastanza di denaro, e così mette in piedi un'attività clandestina: ruba malattie e le spaccia a clienti ovviamente paganti, nascondendo tali traffici all'azienda. Quando tuttavia Syd si ammala della malattia della sua eroina preferita, la giovane e bella Hanna Geist, ecco che il giovane diventa bersaglio del desiderio feticistico di molti clienti. Per salvarsi la pelle dovrà svelare il mistero che avvolge la morte della ragazza...
L'impatto estetico-perturbante di quest'ultima opera di Brandon Cronenberg è considerevole. A partire dalla locandina, potremmo dire, che evoca un'aura sanitaria asettica e insieme misteriosa, che è poi lo spirito che aleggia in tutto il film, un perfetto mix di immagini algide e decomposizione corporea, da sembrare ispirato alle opere di Francis Bacon. Il sottotesto principale che muove le fila della narrazione filmica è senza dubbio una riflessione sulle nuove, moderne, attuali forme di feticismo diffuso, planetario. Un feticismo non più chiuso nella psicopatologia del singolo, non più eccezione alla regola, alla normalità dei più, bensì "malattia" psichica delle masse, dei gruppi, forse dell'umanità, sebbene Cronenberg non si spinga in territori antropologici o filosofici nella sua personale riflessione sul tema, e giustamente. Cronenberg si limita a girare una storia che rivitalizza lo stile di suo padre, le sue intuizioni geniali, la sua estetica. Tale operazione viene effettuata essenzialmente attraverso un lavoro sull'immagine, sempre luminosissima, asettica, fredda, ma che subito abbraccia l'orrido-perturbante generando un equilibrio visivo che si fa tuttavia portatore di profonde inquietudini. E' come se fossimo portati in un perfetto giardino zen che rimane sempre lindo e pulito, ma nel quale appaiono improvvisamente i segni inesorabili di un'infezione mortale, senza scampo. Bellissime le sequenze in cui vediamo i giovani dipendenti della Lucas Clinic che chiacchierano tranquillamente di autopsie e intossicazioni alimentari, mentre camminano su sfondi immacolati e vestono sobriamente in giaccia e cravatta. Crononberg non utilizza mezzi splatteriformi o effetti speciali particolarmente raffinati per stupire quel tanto che basta  e  condurci così al botteghino. Anzi, al contrario centellina sangue e carne come un vino pregiato d'annata; ma è giustappunto questa ritmica lenta ed equilibrata tra stile zen e feticismo del corpo a generare una sottile, continua e persistente inquietudine nello spettatore. "Antiviral" è in ogni caso un film sul feticismo, sulla presenza di questo elemento sottotestuale non abbiamo dubbi, e anche da questo versante (cioè da quello dell'osservazione psicopatologica da parte di un medium artistico quale è un film) il film assolve egregiamente la funzione di lente di ingrandimento estetico di uno squilibrio psichico molto studiato dalla psicoanalisi di tutti i tempi, a partire naturalmente da Freud, e sul quale si fonda grande parte della teoria psicoanalitica stessa (basti pensare a tutto il filone freudiano relativo ai legami tra feticismo e negazione della castrazione, oppure al tema della perversione come difesa dalla psicosi). A tale proposito mi pare molto significativa la sequenza in cui Syd entra nella stanza dove trova un grande schermo digitale in cui vede il suo idolo femminile, Hanna Geist, completamente nuda. La Tv è avvolta da drappi di velluto rosso che dominano la scena con la loro purpurea presenza cardinalizia: siamo di fronte ad un contrasto estetico radicale, ulteriore declinazione della fissità mortifera del feticcio. Siamo di fronte ad un'immagine che ricorda certi quadri di Magritte, e che potrebbe certamente essere oggetto di studi psicoanalitici. Sulla stessa linea  narrativa "magrittiana" e bizzarra, vanno collocati i dialoghi, surreali e potenti come palle di piombo: "Sei consapevole che stanno ancora coltivando le cellule tumorali di una donna morta negli anni '50, Henrietta Lacks? Sì, le usano per la ricerca. Quindi quelle sue cellule sono ancora vive e si moltiplicano in tutto il mondo. La vita dopo la morte sta diventando estremamente perversa", racconta a Syd un ricercatore nel suo laboratorio nel quale vengono trattate le cellule di divi e dive. Naturalmente anche Syd, il protagonista (un Caleb Jones altrettanto perfattemente ossimorico nel vestire i panni di una specie di cantante rock britannico anno '80, ma in giacca e cravatta), si troverà avvolto dalle spire fatali del mondo perverso che abita. Sarà costretto a farsi detective, ricercatore a sua volta di una verità che si perde nei gorghi della finzione e della simbiosi con la superstar idealizzata. Tornando al girato, la mano di Cronenberg scandisce la storia mediante una tempistica volutamente lenta, cerebrale, come a voler ribadire che il tempo del feticcio è un tempo immobile, è il Tempo dell'Inconscio. Da questo punto di vista il film può apparire lento ed involuto, ma ad esempio l'uso molto statico dei piani medi è a sua volta studiatamente voluto e volto a dare voce all'immagine in quanto tale. La fotografia dell'ottimo Karim Hussain (già egregiamente all'opera in "The Theatre Bizarre", di Buck, Giovinazzo et al., 2011) e le musiche, molto cupe, di E.C.Woodley, accompagnano magistralmente tutto il racconto. Per concludere, nonostante i suoi lunghi, impegnativi 108 minuti di pellicola, "Antiviral" mantiene sempre una linea narrativa che si fa ben seguire, a tratti anche come un romanzo giallo, a tratti come un romanzo di fantascienza suburbana in stile China Mieville, oltre che come un horror pur molto "di pensiero" più che di "effetto". I rimandi al corporeo e alle sue trasformazioni sono infine ancorati al codice stilistico paterno (il David Cronenberg di "Inseparabili" - 1988, per esempio, se guardiamo al tema della simbiosi patologica), ma sono elaborati con piglio personale e niente affatto derivativo. "Antiviral": tra i film di genere Perturbante più interessanti degli ultimi anni, quindi da vedere assolutamente.  Regia: Brandon Cronenberg  Soggetto e Sceneggiatura: Brandon Cronenberg Fotografia:    Karim Hussain Montaggio: Mattew Hannam   Musiche: E.C. Woodley  Cast: Caleb Landry Jones, Sarah Gadon, Malcolm McDowell, Douglas Smith, Joe Pingue, Nicholas Campbell   Nazione: Canada, USA  Produzione: Rhombus Media  Durata: 108 min.  


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