Antoine de Saint-Exupéry, La pasta umana, Utet
Tutto cominciò per me con Il mestiere di vivere di Cesare Pavese. E furono guai seri, in senso buono, poiché mi appassionai in modo irreversibile al genere diaristico. Di quella lettura ricordo l'ingenuità della giovinezza che mi aveva portata ad annotare, in matita, accanto alla frase di Pavese che recitava: "tutto ciò che più temiamo accade" (riporto a memoria), un commento tra l'arrabbiato e il fiducioso del tipo: "ma allora anche ciò che più speriamo?!".
Eh sì quell'idealismo e ottimismo, che allora si accompagnavano però a pericolose e tardoadolescenziali montagne russe emotive, non mi hanno ancora abbandonata. Anche se oggi non mi permetterei più di apostrofare il grande scrittore e poeta, mi limiterei magari a prendere atto della grandezza del suo dolore, e della sua arte. Ricordo di quel libro un'edizione curata da Marziano Guglielminetti, con cui diedi un esame all'Università, e ricordo anche lo incontrai qualche tempo dopo sul tram 15 a Torino e mi disse - devo averlo già scritto da qualche parte su questo blog - insomma mi disse di non "irregimentarmi", si riferiva al lavoro, alla scelta di un lavoro che mi rendesse libera, così almeno interpretai quella indicazione. Potessi parlargli adesso, ma non è purtroppo più possibile, gli direi che sono passati più di dieci anni e ci sto provando sul serio e ci sto lavorando davvero, nonostante alti e bassi, errori e inciampi, e credo che la scrittura sia un buon metodo per raggiungere la libertà nella vita, una libertà di scelta e qualche volta addirittura di allegria.
Passando dai tremendi ed emotivamente scombussolanti diari di Sylvia Plath, fino a tutti (quasi) gli angloamericani, la forma del memoir, dell'autobiografia e del diario ha continuato ad appassionarmi fino a qui. E ancora oggi mi capitano tra le mani taccuini come quelli del mitico Antoine de Saint-Exupéry. Ringrazio gli amici del prestigioso editore Utet per il dono, che è stata una vera sorpresa.
Come molti, ho letto, e riletto parecchie volte nella vita Il piccolo principe. L'ho anche amato sinceramente. Devo avere anche un temperino, una t-shirt, un'agendina e alcuni altri gadget di quel libro.
Quindi a muovere la lettura dei taccuini è senza dubbio come prima cosa la curiosità di scoprire lati diversi rispetto a quelli noti di un autore tanto universale. Rimando, per una comprensione maggiore, alla postfazione della traduttrice Manuela Maddamma, Un fiore di civiltà in cima allo stelo.
E aggiungo che in questo piccolo libro, che si inserisce nella collana UtetExtra a cura di Emanuele Trevi e Luna Orlando, si trovano le considerazioni di un quinquennio - 1935/1940 - sistemate come appunti presi qua e là e, si apprende, spesse volte anche in volo, poiché l'autore era un pilota. Beh non esiterei a definirli allora voli pindarici su tutti i temi dello scibile. L'amore, prima di tutto.
Tanto che questo è l'incipit del Taccuino 1:
Bisogna fare qualcosa degli uomini. È il solo problema importante: per prima cosa quello delle relazioni umane... E parlando di carità e di universale viene dimenticato l'essenziale: l'amore.
Per poi spaziare dalla giustizia alla verità, da Dio alla razza, dalla filosofia all'uguaglianza, dalla cultura alla biologia all'astronomia e poi ancora a tutto ciò che concerne "la pasta umana".
La pasta umana dalla quale si estrae così poco: sì, questo è il vero dramma.
Ci tengo a dire che questi taccuini sono un diario intimo di una mente particolare.
"È dei nostri", ammetteva volentieri un pilota francese, collega di Saint-Exupéry ai tempi feroci delle prime rotte commerciali nel Nord Africa e in America Latina. Subito dopo però aggiungeva una precisazione essenziale: "ma non è come noi". Ammirevole sintesi psicologica, racchiusa in un pugno di parole più preziose di intere biblioteche di studi critici.
Eh sì, così si legge nella bella prefazione. Una precisazione essenziale perché, si sa, l'essenziale è invisibile agli occhi.