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Antonella e le altre

Da Marypinagiuliaalessiafabiana

Antonella, Giulia, Stefania, Annarosa, Emiliana e tanti altri nomi che non vorrei fossero ricordati solo come dei nomi. Si tratta dei nomi di molte donne che oggi mancano all’appello perchè sono state uccise dai loro partner. il motivo? Erano donne, troppe donne sono state uccise per il medesimo motivo.

Quello che accomuna queste donne è che tante di loro hanno chiesto aiuto alle istituzioni perché vittime di stalking ma sono state riconsegnate ai loro aguzzini. Il femminicidio è una mattanza quotidiana che nel nostro Paese vede morire per mano maschile una donna ogni tre giorni. Badate bene che questa non è una guerra contro i maschi ma contro le istituzioni del patriarcato che lasciano le vittime nelle mani dei loro assassini.

Perchè noi non abbiamo mai negato che anche le donne sono violente e che anche gli uomini sono vittime di stalking da parte delle loro compagne, ma quanti uomini vengono uccisi dalle ex-mogli, fidanzate e conviventi? Molti meno e questo non perchè le donne sono meno violente ma perchè gli uomini trovano più aiuto da parte delle istituzioni e vengono quasi sempre sottratti dalle stalker.

Ricordiamoci che dietro a questi femminicidi c’è sopratutto una cultura che non riconosce alla donna il diritto di autodeterminarsi e di prendere iniziativa, accade che questi uomini, percependo le proprie compagne come delle proprietà si sentono feriti nell’onore e uccidono. Non una questione antropologica, ma tutta culturale presente anche nel nostro Paese e nell’inconscio di alcuni uomini: “O mia o di nessun’altro”.

L’anno è appena iniziato e già tre donne sono state uccise: una ogni 3 giorni.

Lenuta, rumena aveva 31 anni e voleva scappare dalla schiavitù della prostituzione, si rivolse ad un centro antiviolenza e alla polizia e in cambio non ricevette alcun aiuto, così fu uccisa da un italiano perchè non voleva continuare a fare la vita. E’ stata uccisa a coltellate, picchiata e abbandonata in un canale tra le campagne del Mezzano. La cosa più sconcertante è che assassino è stato ricoverato per problemi psichiatrici in una struttura protetta. Si tratta di una patologia inventata che salva spesso gli autori di femminicidio, stessa patologia che permise a Luca Delfino di farne fuori un’altra.

Una ragazza cinese senza nome, sexworker anche lei, trovata morta strangolata nel suo appartamento. Il caso è ancora irrisolto.

Antonella, italiana, 20 anni, sgozzata e buttata sotto una scarpata. Il suo ragazzo, italiano, confessa, lei voleva lasciarlo e lui la perseguitò fino all’ultimo minuto malgrado lei chiese aiuto alla polizia ma nulla da fare, non intervengono e lui la uccide, destino che capita troppo spesso a quasi tutte le donne che vengono uccise in Italia.

VITTIME RICONSEGNATE AI LORO AGUZZINI. La legge contro lo stalking doveva nascere per evitare queste stragi, ma le leggi non sono deterrenti sufficienti se si vive in un Paese dove la vita di una donna vale la metà di quella di un uomo e quando la giustizia non funziona come dovrebbe.

Al massimo concedono loro i domiciliari, loro scappano e riescono a compiere la loro opera, come è accaduto ad Emiliana e Giulia, uccise dai loro ex evasi dai domiciliari dopo un tentato omicidio. Poi ci sono quegli stalker arrestati e poi subito dopo rispediti a domicilio dalla vittima ignara che lo credeva in galera, quelle “più fortunate” che vengono a sapere del rilascio si organizzano e scappano via costrette a cambiare abitudini di vita.  E’ inutile che poi si continui a parlare di sicurezza nelle città se poi all’interno delle famiglie, nelle relazioni tra uomo e donna si rischia di più che percorrere da sole una strada deserta al buio.

In un Paese come queste ci percepiamo non come vive ma come delle sopravvissute. Lo so, è brutto come termine ma fa paura pensare che se capitasse a una di noi, allo stesso modo, non avremmo alcuna tutela. Viviamo da marginali, siamo costrette all’invisibilità e quest’ultima consuma le nostre vite in maniera più o meno tragica, finchè queste finiscano in mano ad un individuo che si prende il potere di porre fine ad essa quando decide lui.

Chi permette questo? Non c’era per caso scritto sulla Bibbia che l’uomo deve obbedire a Dio e la donna all’uomo come se egli fosse il suo Dio? Dietro la violenza sulle donne si nasconde il patriarcato, non la follia, una cultura che trovate scritta e incisa sui libri religiosi e sulle antiche scritture.

Per quelli che pensano che le donne sono sottomesse solo nelle società islamiche si sbaglia . Proprio in questo momento di fronte casa mia c’è un marito musulmano che sta aiutando la moglie nelle faccende domestiche e non le ha mai alzato un dito, sempre di fronte a casa mia c’è una donna italiana che ha subito violenze dal marito (italiano). A pensarci bene, quali diritti hanno conquistato le donne in Italia?

Escludendo il diritto di voto e la depenalizzazione del delitto d’onore, tutto il resto rimane sulla carta. La donna in Italia viene considerata un oggetto, la nostra percezione ruota ancora oggi dietro due figure tradizionali e stereotipate: la mamma (o la moglie) e la prostituta.

L’invisibilità sociale della donne in Italia è imbarazzante. I mezzi di comunicazione parlano di te solo in relazione all’aspetto estetico, quando qualche giornale si ricorda della condizione femminile, pubblicando una serie di articoli che denunciano il femminicidio, la discriminazione delle donne, la reazione di alcuni lettori è aberrante: si indignano perchè vorrebbero che questi giornali continuassero a parlare di noi in relazione alla nostra taglia di seno.

Per questo motivo è nata la figura della Velina, una donna rassicurante che esiste solo per distrarre il pubblico maschile minacciati dalle ” troppe pretese” delle loro compagne e da donne sempre più aggressive, come lamentano ogni giorno. Accanto alla figura della Velina c’è quella materna, anch’essa molto presente nel panorama pubblicitario. Ho virgolettato la parola “troppe pretese” perché in una società così terribilmente maschilista si scambiano per pretese perfino i diritti fondamentali delle donne come: parità salariale, tutele contro la discriminazione nel lavoro, empowerment femminile, leggi contro la violenza sulle donne.

Guardate come ad esempio come viene rappresentata la donna il 90% dei mezzi di comunicazione, un problema tutto italiano, dimenticando che l’esistenza delle donne è fondamentale per la società e mai accessoria a nessuno. Sono proprio quelle immagini che vediamo ogni giorno sui media a creare un terreno fertile alla violenza sulle donne, poichè svalutano le donne, in quanto tali. Se questa svalutazione mediatica (che porta perfino a commentare un femminicidio come delitto passionale) è fenomeno tipico italiano allora non è un caso se il nostro Paese registra tassi di violenza contro le donne superiori al resto d’Europa, femminicidi compresi (come ha denunciato più spesso l’Onu).

QUESTIONE DI CULTURA. Pensate all’importanza che viene data ancora allo stato civile o al fidanzamento delle ragazze. Non so se è capitato a tutte voi di sentire parenti contente perchè avete trovato un fidanzato e chiedervi come mai non vi siete fidanzate, come se ancora oggi per una donna “sistemarsi” equivalga a trovare marito, andando a crearsi una dipendenza. Molto resistente è la cultura secondo il quale una buona moglie ha il compito di cambiare il marito e correggere i difetti spesso attraverso la sua sottomissione. Nel 2007 in un’indagine ISTAT  solo il 18,2% delle donne era consapevole che quello che ha subito è un reato, mentre il 44% lo giudica semplicemente ‘qualcosa di sbagliato’ e ben il 36% solo ‘qualcosa che è accaduto’, molte altre si dichiaravano colpevoli di aver innescato la reazione violenta (sessuale o fisica) dell’altro sesso. Per questo motivo tante non denunciano, altre per paura, altre perché non hanno mezzi. I media spesso colpevolizzano le donne accusandole di essere la causa dell’aumento della violenza sulle donne a causa del loro silenzio, le definiscono complici, ma hanno solo paura perchè la società non le da i mezzi per farlo (i centri antiviolenza chiudono o non hanno mezzi per ospitare tutte le vittime, c’è scarsa sensibilizzazione sul fenomeno e per questo molte non percepiscono quella violenza come reato).

Poi ci sono quelle che denunciano ma nonostante questo non ricevono giustizia. Questo è quello che hanno subito Antonella e le altre che se fossero vissute in un Paese più civile e rispettoso verso le donne sarebbero ancora vive.

Da oggi sono amministratrice del gruppo “No alla violenza sulle donne (pagina ufficiale bis)”.

Mary

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