Lo hanno definito un anarchico ai fornelli. Lui dice di essere un visionario. Certo è che Antonello Colonna è un’istituzione romana, non solo in cucina. Uomo eclettico, amante dell’arte e del bello a 360 gradi, determinato oltre ogni misura, appassionato e passionale in tutto ciò che fa, ha una grinta senza uguali e ama definirsi “rabbiosamente sereno”, citando aforismi “compulsivi” che rendono unico il suo modo di esprimersi.
Antonello Colonna vicino al ritratto di Marco Delogu
Ragazzo del 1956, figlio d’arte proveniente da generazioni di ristoratori, inizia con la sua porta rossa un nuovo modo di interpretare la cucina. E dopo anni di esperienza in prestigiose location, torna a Labìco nella campagna romana e da lì ricomincia. È il 1985 e Antonello inizia una vera e propria rivoluzione gastronomica che lo porterà lontano in termini di notorietà, ma vicino geograficamente. Cambia il nome del locale che dal 1874 appartiene alla sua famiglia in Antonello Colonna e modifica il regime del ristorante: conservare tipologia e sapore dei piatti della tradizione rivisitandoli per incontrare i più raffinati gusti ed abitudini dei giorni nostri. Il successo della semplicità di una cucina tradizionale e casalinga varca i confini di Labìco e della capitale a cui Antonello approda nel 2007 raccogliendo l’invito del Palazzo delle Esposizioni per gestire con la propria filosofia di ristorazione ed ospitalità lo spazio progettato dall’architetto Paolo Desideri al roof garden del palazzo: una serra di 2000 metri quadrati. Così nasce l’Open Colonna che diventa il più grande contenitore di cultura ed enogastronomia, il primo outlet dell’alta ristorazione, il primo esempio di maison gourmet e il primo spazio eventi contemporaneo in una cornice di fine Ottocento.
Ma non finisce qui. Nell’aprile del 2012 nel cuore delle colline romane, immerso nel parco naturale di Labìco, nasce l’Antonello Colonna Vallefredda resort: un luogo fuori dal tempo e dalla spazio. Una cattedrale nel deserto, come l’ho definita io al primo sguardo, che rispecchia un pensiero in tutto ciò che si vede. Un luogo che non ti aspetti. Un ambiente che scopri minuto dopo minuto e che devi vivere per comprendere in toto. Nulla è lasciato al caso, qui come non mai. A cominciare dalla celebre porta rossa, dicevamo, la firma dello chef che lo accompagna ovunque e che anche qui sigla una filosofia che va oltre la ristorazione.
Una delle celebri porte rosse di Antonello Colonna
Il Vallefredda resort è più di un ristorante, più di un centro benessere, più di un luogo espositivo, più di una casa. È una filosofia di vita. Dodici esclusive suite con orto-giardino (sei che guardano l’alba e sei che guardano il tramonto), piscina di acqua termale e spa, putting green, spazio eventi e temporary gallery, ma anche azienda agricola, zootecnica e casearia. Questa in pillole la descrizione di un posto che a meno di un anno dalla sua apertura è già un punto di riferimento per il mondo romano, e non solo. Un luogo completamente fuori dal mondo ma a due passi dal Colosseo, dove si viene per mangiare (bene), dormire (in assoluto relax), sognare (prendendosi il tempo per se stessi), festeggiare (in uno scenario sorprendente) e pensare (perché ogni angolo qui è dedicato a te).
Realizzato dall’architetto Francesco Aniello, da un’idea che da oltre dieci anni ha accompagnato quotidianamente Antonello Colonna, il Vallefredda resort va visto e vissuto, non solo raccontato. La struttura apparentemente in contrasto con la natura in realtà è parte integrante di essa: quasi un ponte tra due prati che va attraversato per essere compreso.
Dalle grandi vetrate e dai pavimenti in resina che indicano come in realtà il verde non finisca, si respira quell’unione con la natura che si ritrova a tavola e che racconta anche di un’azienda agricola di oltre 30 mila metri che sull’altra collina produce ciò che viene servito nel ristorante. Qui non ci sono regole, se non la libertà di vivere il proprio tempo come meglio si preferisce. Per questo non esiste un luogo dedicato alla ristorazione (tutti i tavoli presenti nella struttura possono essere apparecchiati per il pasto a seconda delle preferenze degli ospiti), non ci sono orari per la colazione e non occorre liberare la camera in una determinata fascia temporale prestabilita. Per questo dico che il Vallefredda resort è un luogo da vivere, perché è molto di più di un ambiente dove soggiornare. È un’emozione che va vissuta, cercata, ascoltata. È la location giusta per concedersi del tempo, per coccolarsi, per perdersi e per ritrovarsi.Anche attraverso il percorso benessere nella piscina interna con acqua oligominerale riscaldata a 30 gradi, o attraverso la sauna finlandese, le docce emozionali, l’hamman massage, i massaggi rilassanti, drenanti… Ma è la natura, a mio avviso,
l’elemento trainante di tutto il sistema. Oltre all’architettura, alle mostre d’arte (tra cui quelle dell’amico fotografo Marco Delogu di cui Colonna detiene una collezione privata), all’attenzione per la cultura, la lettura (con una biblioteca privata a disposizione degli ospiti) per il design e per l’arredamento realizzato con elementi che non oltrepassano lo stile del 1970 e con l’utilizzo di materiali di risulta del cantiere come le putrelle in ferro. Una natura maestosa, con alberi secolari come ciliegi, noci, castagni, che raccontano l’identità di un luogo, che testimoniano la sua storia e la volontà di essere presenti, fermi, costanti, nonostante la velocità con cui la modernità si esprime e prosegue il suo corso.Una natura che dona i suoi frutti a seconda delle stagioni sulle tavole del resort, che consente di realizzare passeggiate a cavallo, lunghe camminate, profondi respiri, deliziosi silenzi. Una natura amica, complice, vicina come non mai e per questo così lontana dal frastuono e dal caos di ogni città.
Una natura che si rispecchia negli ambienti, che cattura ogni sguardo e che si riflette in un gioco di luci magico e sorprendente sulle superfici della struttura. Come avviene per il tavolo triangolare, quello dello chef che si trova dietro alla cucina e che è stato realizzato da Andrea Hartmann, architetto tedesco che nell’Open Colonna ha ideato questo oggetto di design, cuore del locale e simbolo della storia di Roma.