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Antonio Boggia, il mostro della Stretta Bagnera.
Creato il 26 ottobre 2014 da Il Viaggiatore Ignorante« Di modi calmi, con un’esteriore quasi di bonarietà, esatto osservatore delle pratiche religiose, estraneo, almeno apparentemente, da viziose tendenze. »
(Sentenza del Tribunale di Milano nel processo contro Antonio Boggia)
Era il 18 Novembre 1861, una gran folla quasi in delirio s'accalcava dinnanzi agli ingressi del Palazzo di Giustizia di Milano e, al momento dell'apertura dei portoni, s' ingaggiò un’'incivile gara ad accaparrarsi il posto migliore in un'angusta aula del palazzo, dove si stava per celebrare il processo ad Antonio Boggia, il primo omicida seriale meneghino, che finirà con la condanna per impiccagione del mostro, forse l'ultima di un civile avvenuta a Milano, nel prato della morte, tra l' attuale viale Bligny e viale Beatrice d' Este.Ma facciamo un passo indietro.
La nostra storia comincia il 23 Dicembre 1799 sulle sponde del Lago di Como, poco lontano dal confine Svizzero, e più precisamente ad Urio dove nasce Antonio Boggia detto “El Togn”. Poco più che ventenne ebbe i primi piccoli guai con la giustizia per truffa, cambiali non pagate, rissa ma fu un tentato omicidio che cambiò per sempre la vita del nostro protagonista.
Secondo la denuncia, Boggia aveva attirato il contabile Comi nel proprio magazzino nella Stretta Bagnera a Milano, per farsi controllare dei conti. Mentre il Comi era chino sullo scrittoio, Boggia aveva approfittato per assestare un forte colpo di scure alla testa, tramortendolo. Ripresosi dal duro colpo, il contabile era riuscito a scappare e a denunciare il proprio aggressore. Processato come colpevole e riconosciuto in stato di follia, Boggia era stato internato per alcuni anni in un manicomio dal quale era però riuscito a fuggire prima di aver scontato l’ intera pena.Calmate le acque, dopo aver lasciato che si spegnessero i riflettori sulla sua fuga, il Boggia si trasferì a Milano, città nella quale pochi anni dopo si sposò ed ivi prese residenza, dove grazie alla sua conoscenza della lingua tedesca riuscì a farsi assumere dal comando Militare Austriaco come fochista.
La vita trascorreva apparentemente tranquilla ed il protagonista della nostra storia appariva come un insospettabile lavoratore, tanto che dalle testimonianze di chi lo conobbe o ebbe a che fare, veniva giudicato un bravo cristiano timorato di Dio e sempre pronto ad aiutare il prossimo.Il destino cominciò a remare contro quando nel Febbraio del 1860 tale Giovanni Maurier denunciò la scomparsa della madre ed un banale indizio permise agli investigatori di appurare che, da quando l'anziana donna era scomparsa, il Boggia era diventato amministratore dello stabile di sua proprietà. Da una più accurata indagine vengono ritrovate in un cassetto nell'appartamento del Boggia alcune false procure, tra le quali una fatta proprio dalla madre del Maurier che nominava il Boggia amministratore unico in caso di sua assenza.Il Boggia dopo esser stato più volte convocato dalla polizia, come possibile persona informata dei fatti, sente la pressione su di se e tenta di sviare le indagini chiamando il figlio della donna scomparsa e comunicandogli la decisione della madre di trasferirsi definitivamente sul lago di Como ed affittare l’ intero palazzo ad un unico conduttore tranne il proprio appartamento che sarebbe rimasto a disposizione del figlio.Questa serie di curiose circostanze induce il giudice incaricato al caso di indagare in maniera più approfondita sul Boggia, e, finalmente, spunta la vecchia denuncia per tentato omicidio. A questo punto le domande si fanno più incalzanti ed i sospetti più fondati tanto che il Boggia viene torchiato dagli investigatori ma, lui, nicchia giustificandosi che i forti mal di testa di cui è afflitto gli impediscono di ricordare bene i fatti.
Si comincia a prendere in considerazione che il Boggia possa aver fatto sparire l'anziana donna, pertanto, vengono interrogati i vicini di casa, l'intero palazzo ed i portinai e, finalmente, qualcuno si decide a parlare raccontando di aver visto l’ ultima volta la madre di Maurier insieme al Boggia e scorto, quest’ ultimo, poco dopo nei pressi del magazzino della Stretta Bagnera con una grossa cesta sulle spalle e dei sacchi nelle mani.A questo punto vengono disposte delle perquisizioni nel magazzino della Stretta Bagnera che rivelano, ben presto, la presenza nel sottoscala di un primo cadavere mutilato della testa e delle gambe.
Messo alle strette il Boggia conferma che il cadavere è quello della Sig.ra Perrocchio, madre del Maurier.
Proseguendo nelle indagini, ed abbattendo una parete che separava il locale da una piccola rientranza, vengono scoperti i cadaveri murati di un uomo d' affari, un operaio e un commerciante tutte persone che in passato avevano avuto a che fare con il Bolgia e che, misteriosamente, erano scomparse.Il caso è finalmente chiuso e l’ assassino viene condannato a morte.
Il corpo verrà sepolto, mentre il cranio venne dato in custodia al gabinetto Anatomico dell'Ospedale Maggiore, che ne aveva fatto richiesta per studiarlo. E così nel cuore della vecchia Milano a due passi della Via Torino la storia dell’ assassino seriale Antonio Boggia detto El Togn, nato sul Lago di Como, muratore, portinaio, nullafacente e infine mostro, aveva chiuso con la «stretta Bagnera».La via esiste ancora ed è la più stretta di Milano, i suoi muri oggi sono colorati da vari murales che di giorno il sole difficilmente riesce ad illuminare, ma di notte torna ad essere un budello non certamente piacevole da percorrere, forse anche, perché consapevoli della leggenda che vuole il fantasma dell’ assassino aggirarsi nelle notti che parrebbe manifestarsi ai passanti come una gelida ed improvvisa folata di vento.
Marco Boldini.
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