Antonio Conte: sfida ai fantasmi del passato, suoi e della nazionale

Creato il 16 agosto 2014 da Nicola933
di Anna Ambrosio - 16 agosto 2014

Di Anna Ambrosio. Sette anni lunghi una vita e vissuti tutti d’un fiato. Viene da pensarlo guardando la parabola lavorativa di Antonio Conte che solo qualche campionato fa iniziò la sua carriera con un esordio da brividi ad Arezzo in serie B con nove partite e neanche lo straccio di una vittoria. E’ un esonero amaro per l’allenatore che ha il carattere di chi punta in alto e lo dimostra fin da subito. Lui leccese, lo chiama il Bari e accetta. Vince il derby contro i conterranei e alla fine polemizza con i salentini. Un animo bollente, come quello che l’anno prima (in seguito alla sua retrocessione) l’aveva portato ad accusare la Juventus di giocare un calcio sporco, tirandosi dietro l’ira di tutta la tifoseria. La stessa tifoseria da cui si è fatto amare, qualche anno dopo , a suon di vittorie, spirito vincente e carattere che a Torino mancavano da un po’. Quel carattere che l’ha eletto come “allenatore più antipatico della serie A”, l’allenatore che più di tutti si è tirato addosso fischi e sfottò più o meno calcistici in ogni stadio della penisola. Ed ora una nuova avventura. Lui, che sembra vivere di sfide, si porta a capo della nazionale e di quell’Italia intera con cui ha polemizzato per anni. Aldilà delle antipatie, che ancora tengono vivo il nostro calcio, la scelta di Conte sembra essere la più giusta. Alla guida della nostra nazionale è arrivato l’allenatore Italiano più vincente dell’ultimo periodo, l’allenatore che ha guidato e plasmato la squadra che attualmente è la più forte d’Italia. E ciò è fondamentale anche per l’immagine che viene data al resto del mondo. La nazionale riparte e lo fa con quello che, volendo o nolendo, è il miglior allenatore italiano che si aveva a disposizione.

Il blocco juventino con l’arrivo di Conte sarà, naturalmente, più che confermato. Per cui, coloro che invocavano un rinnovamento a discapito delle vecchie guardie, dovranno aspettare. E’ facile immaginare che il blocco bianconero rappresenterà la base principale degli azzurri, perché è di loro che si fida il ct e sono loro che conosce al meglio. Nuovi innesti però saranno necessari, lo sa bene Conte che non a caso rivestirà un ruolo di supervisore di tutte le squadre, dalla maggiore alle giovanili. Un modo per avere il controllo su tutti i “suoi” ragazzi. Da quelli affermati fino ai più giovani, quei talenti ancora in erba che andranno a formare l’altra faccia della sua Italia. “Avevamo bisogno di un condottiero” ha dichiarato dopo l’annuncio Tavecchio. Un condottiero che sappia ridare una direzione a questa squadra, verrebbe da dire. Uno che, insomma, in primis rimargini quella spaccatura profonda creatasi in Brasile fra vecchia e nuova guardia. Uno che sappia ritornare a far parlare di nazionale italiana come un unico e grande organico e non più di blocco juventino, vecchia generazione (che più o meno, poi, sono la stessa cosa) e nuova generazione. Non più dunque Buffon contro Balotelli. Ma Buffon e Balotelli dalla stessa parte, quella dell’Italia, a formare quel “fattore B” di cui la nazionale necessita. Non a caso, il compito più suggestivo del nuovo commissario tecnico riguarderà proprio super Mario. Due caratteri forti, impulsivi, passionali messi a confronto. Solo confronto però, niente scontro. Lo sa Conte, che deve innanzitutto raccogliere i cocci di un calciatore che è uscito dallo scorso mondiale completamente distrutto. Cocci che faticano a raccogliere a Milano, laddove per lungo tempo si è sperato in un’offerta adeguata per poterlo cedere. L’attacco italiano invece passa fra i suoi piedi, e quelli di Pepito Rossi scontratosi duramente con Prandelli e lasciato fuori dalla lista dei convocati. Tanto lavoro da svolgere, anche psicologico per Conte che dovrà guidare questa squadra verso Euro 2016 già dal prossimo settembre. I primi test saranno fondamentali e il commissario tecnico dovrà dimostrare se lo scetticismo di qualcuno sia giustificato o meno. Infatti sebbene sia l’allenatore più vincente della serie A, la bacheca juventina negli scorsi anni è rimasta a secco di trofei internazionali. I fallimenti dell’allenatore in campo europeo, dunque, hanno fatto storcere il naso a qualcuno convito che basare la forza di un allenatore solo per quanto fatto in serie A, campionato che ha abbassato di molto il suo livello negli ultimi anni, sia deleterio per la nazionale. Meglio un Ancelotti, ha sussurrato qualche addetto ai lavori, che tuttavia difficilmente avrebbe lasciato il Real. Insomma tante, per alcuni troppe, le sfide che l’ex bianconero dovrà affrontare in campo e negli spogliatoi. Lui che non dovrà essere solo un selezionatore, per molti non a caso non lo è, ma uno che sappia dare il giusto collante ad una squadra che deve tornare ad unirsi sotto il segno della bandiera tricolore.


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