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ANTONIO D. LUCA, Music Wozu

Creato il 10 marzo 2016 da The New Noise @TheNewNoiseIt

ANTONIO D. LUCA, Music Wozu

Antonio de Luca è italiano, ma è cresciuto in Germania. Vive a Colonia, dove lavora come sound designer per cinema e televisione. Mi ha raccontato che da giovane frequentava la scena hardcore/punk, genere che ha poi abbandonato, e che suona coi Colorist assieme a Carolina Kox e Fridolin Körner, formati inizialmente per suonare musica techno dal vivo. Mi ha anche spiegato che, da quando vive a Colonia, ha avuto modo di avvicinarsi alla classica contemporanea. Music Wozu è il suo esordio solista, che esce per un’etichetta di Düsseldorf che debutterà sul mercato con lui e un’altra pubblicazione. Il disco è stato registrato con l’aiuto di una serie di musicisti, come si evince chiaramente dal numero di strumenti che si sentono durante l’ascolto. Si tratta di un lavoro composito, nel quale Antonio cerca in qualche modo di far entrare tutte le diverse esperienze avute. Dopo molti “giri” sono ancora lontano dal trovare il bandolo della matassa, ma del resto sono su strade che conosco davvero poco: “Sonatine”, grazie al principe degli strumenti, ci regala un po’ di malinconia, “This Will Not Revive Your Soul” si sviluppa attraverso un uso degli archi prima vicino alla colonna sonora, poi più classico, prima di essere sollevata da terra dall’entrata del piano, poi “Wired Counterpoint” filtra (direi elettronicamente) un altro strumento a tasti con esiti non poi così lontani dall’ultimo Tim Hecker, continuando in un certo senso il volo partito con la traccia precedente. A questo punto è la volta di “Europa Palindrom”, nella quale i musicisti che collaborano con Antonio creano un’atmosfera rarefatta e quasi di stupore (direi improvvisando), per poi progressivamente riempirla di suoni percussivi e tramestii tipici della musica concreta, il che in qualche modo aumenta la tensione. La successiva “Ariete” torna a servirsi degli archi in una chiave più cinematografica e in un certo senso “narrativa” (è come se seguissero il movimento di qualcuno, se stessero descrivendo una scena), poi Antonio rimette in gioco l’elettronica e di nuovo oscilliamo tra suoni reali e di sintesi: non ho amato molto quelli di “Mefisto”, un po’ troppo di grana grossa, mentre “Mr. Universo” poteva forse gestire meglio gli equilibri coi diafani vocalizzi femminili ai quali fa ricorso. Si arriva alla fine con le note di piano sparse e a-melodiche di “For Morton Feldman” e si chiude con altri elementi di novità, cioè con le ance malinconiche e fluttuanti di “Ascending A Staircase”, accompagnate a un certo punto anche da un organo.

De Luca sembra avere tantissime idee ed è in grado di far smarrire l’ascoltatore nei meandri dell’avanguardia come di prenderlo per mano e accompagnarlo su strade più sicure. È troppo più vasto di me perché io possa comprenderlo a pieno e parlarne senza che il mio discorso non faccia continui scricchiolii. Penso che al suo Music Wozu vada dato un assaggio e sono curioso di vedere se in futuro riuscirà a sintetizzare una sola sostanza con tutte le suggestioni qui presenti.

Dischi 2016, antonio d. luca, hauch records

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