Il campione di poker Antonio Esfandiari ha fatto parlare di sé in questi giorni per aver associato il suo nome al torneo più ricco e al contempo più atteso delle WSOP, il Big One For One Drop, un evento caratterizzato da una prima moneta da 18 milioni di euro. Quella a cui si è assistiti è stata, senza dubbio, un’impresa epica che ha visto il suo epilogo quando il campione statunitense di origini israeliane si è imposto nell’heads-up finale su Sam Trickett.
Quello andato in scena al Rio Casinò di Las Vegas è stato un torneo dai grandi numeri che ha visto la partecipazione dei volti più importanti del poker mondiale a cui si sono uniti tutta una serie di giocatori amatoriali in grado di versare un buy-in da 1 milione di dollari. Per non accollarsi tutto il rischio di una tassa d’iscrizione così cospicua sono stati in molti a cedere quote della propria partecipazione. Lo stesso Esfandiari ne ha vendute per una somma corrispondente all’85%, una scelta questa che si traduce in un importo di 3 milioni di dollari che finisce nelle sue tasche, in pratica il 15% dei 18 milioni spettanti al vincitore.
Molti altri sono stati coloro che hanno deciso di lasciarsi finanziare: Phil Hellmuth ha dichiarato, infatti, di aver ceduto l’80% di quote, Jens Kyllonen il 50%, lo stesso per Mike Sexton, sostenuto per un importo cospicuo da amici molto facoltosi come il secondo classificato, Sam Trickett, dovrà dividere con chi l’ha finanziato una somma di circa 10 milioni di Dollari.
Il Big One For One Drop oltre ad essere stato il torneo più ricco e costoso della storia si è differenziato dagli altri anche per il fine umanitario che lo ha caratterizzato, infatti, l’11% percento di ogni buy-in è stato devoluto all’associazione benefica “One Drop“, una onlus che si batte per la fornitura di acqua potabile alle popolazioni del terzo e quarto mondo.