Vorrei raccontare di un uomo di orientamento progressista, nonché acceso sostenitore delle (buone) deliberazioni ottenute grazie al metodo scientifico, che subisce un improvviso e spiazzante cedimento nei confronti di Beppe Grillo.
Quell’uomo sono io.
Certo non ne vado orgoglioso, ma il punto è proprio questo, la fenomenologia di Beppe Grillo e per associazione del Movimento pentastellato può (ho scoperto) coincidere con la fenomenologia del sottoscritto.
Devo dunque domandarmi: come mai questo disdicevole per quanto momentaneo afflato? Devo farlo, perché sono convinto (da progressista e sostenitore del metodo ecc. ecc.) che l’ingresso in politica del Movimento abbia portato più costi che benefici.
La costante opera di semplificazione – e qui anticipo la tesi – portata avanti dal Movimento su tante questioni sensibili, l’assenza di una pur larvata soluzione di compromesso, costituisce un serio limite alla buona deliberazione.
Voglio dire, siamo in una società complessa, con molti attori sulla scena, ci confrontiamo inoltre con partner nazionali e internazionali, le innovazioni culturali sono ampie ed estese, bisogna maneggiare strumenti diversi, e con flessibilità valutare caso per caso, analizzare costi e benefici, insomma ci vogliono attente misurazioni.
Invece, il modus operandi del M5s sempre teso (come diceva quel politico interpretato da Verdone) a semplificare le questioni sta foraggiando una generazione di eterni arrabbiati, cittadini emotivi sempre con la vena del collo gonfia, che odiano i soldi, i privilegi ma parlano solo di soldi e di privilegi, e restringono di fatto l’orizzonte politico.
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Sorgente: Quanto è costato il grillismo all’Italia