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Antonio Steffenoni: “Meglio andare lontano”

Creato il 15 luglio 2010 da Viadellebelledonne
Antonio Steffenoni: “Meglio andare lontano”

Meglio andare lontano

Carte Scoperte Editore, 2010

Non so molto di questo scrittore, se non le poche notizie che appaiono nel risvolto di copertina. Leggo che la sua famiglia è di origine ispano-cubana e che ha pubblicato con Rizzoli due libri: “Una sola paura” e “Un’ora d’aria”, un altro libro con Einaudi, “Vally cresce e suo papà pure”. Gli ultimi libri, come questo, sono pubblicati da Carte scoperte.
Dunque un narratore per me tutto da scoprire. Da qui nascono grande interesse e grande curiosità.

La storia è ambientata a L’Avana. L’Avana da qualche tempo attrae alcuni narratori. Ricordo i libri di Gordiano Lupi che di quella terra è un autentico innamorato.

Il commissario capo della mobile di Milano, Ernesto Campos, è in aspettativa e riceve la telefonata di un vecchio amico, Fabrizio Camagni, che lo invita a recarsi all’Avana per tornare in possesso delle molte proprietà appartenute al nonno e requisite nel gennaio 1959 dal governo di Fidel Castro. Il momento, gli dice, è favorevole.

È una L’Avana piena di colori e di belle ragazze quella che si presenta agli occhi di Ernesto: “La via era un andirivieni di ragazzi e ragazze giovani, molti di colore, che chiacchieravano compostamente, le ragazze quasi tutte in pantaloncini corti e topo multicolori e i ragazzi in jeans e canottiere che mettevano in risalto corpi muscolosi.” Fabrizio lo porta a visitare la camera di Hemingway e per un attimo ci immaginiamo il soggiorno del grande scrittore, impastato da quella lussureggiante natura, e nello stesso tempo angosciato e triste: “Hemingway era il sessantenne imbottito di farmaci, con una frangetta grottesca e nello sguardo tutti i segni della disperazione che lo avrebbero portato, di lì a poco, al suicidio.

Ci conduce lungo la storia una scrittura pulita, luminosa. Gli scenari de L’Avana prendono risalto grazie ad essa, che ha lo stesso ritmo quieto e rilassante che incontriamo nella vita che vi si svolge.

Qualcosa nel passato tra Ernesto e Fabrizio li aveva divisi. L’autore non ci rivela il perché, ma ci tiene a far emergere la rinnovata amicizia tra i due. L’interrogativo si allunga abilmente sulla storia. Appaiono qua e là brandelli del passato, intrighi di politica e di finanza, un po’ come ai nostri giorni.

Ancora: una ragazza molto bella, praticamente allevata da Fabrizio, di nome Maryani, entra a poco a poco nella vita del protagonista. La sua nascita è avvolta nel mistero. Sono piccoli tasselli che cominciano a prendere il loro rilievo.

Sappiamo poi che Ernesto ha avuto una figlia, Barbara, morta prematuramente. Laura, la madre, gliene ha attribuito la colpa ed è sparita dalla sua vita. Infine, una vecchia amica, Virginia, è finita su di una sedia a rotelle per qualcosa che ha a che fare con il suo passato.

Tutto ciò entra in una tessitura che si dipana lentamente. Il lettore è suggestionato da una L’Avana quasi mitica, dove la miseria che si osserva in giro e promana dalle case e dai palazzi un tempo fastosi ed ora fatiscenti, fa da sfondo ad un ambiente in cui la natura è stata generosa di tutto. Il caldo eccessivo, il cielo azzurro, il mare limpido, i colori vivaci e forti, la gioventù costituita da giovani e ragazze nel massimo fulgore della loro bellezza sono altrettanti protagonisti. Se nel cielo compaiono le nuvole sono “poche nuvole leggere.” E poi quell’umidità che avvolge tutti, che fa sudare sotto le ascelle perfino le ragazze come Maryani che si vorrebbero inviolabili come gli dèi.

In quei luoghi tutto sembra scorrere normalmente. Sembra che nulla possa turbare la bellezza che li sovrasta. Leggiamo, tuttavia, che vi si stanno svolgendo le sottili trame di un intrigo, che lascia per strada perfino dei morti. I segni che l’autore dissemina qua e là, ci mettono in attesa.

Finché una morte, spacciata per suicidio, non dà il là ad un cambiamento di marcia, ad un ritmo incisivo che ci infila dritto dritto in una storia di corruzione e di malaffare, in cui l’amico Fabrizio è punto fisso e di  riferimento.

Fabrizio coagula in sé tutti i movimenti e tutti i misteri del romanzo. I nodi si moltiplicano e si intricano tra di loro. Emerge la palude corruttiva da cui dovranno spuntare le teste dei responsabili. Gariotti, di cui non sappiamo niente, è una di questa teste, intorno a cui si va attorcigliando uno dei molti fili che ci condurranno alla soluzione del giallo. Sembra di avere a che fare con uno scandalo di quelli nostrani, con fior di denari che ballano tra Milano e L’Avana.

La scrittura si arricchisce e si ravviva nei dialoghi. Sono dialoghi asciutti e coinvolgenti. Siamo entrati indubbiamente nella parte migliore del romanzo, che l’autore padroneggia con strumenti sicuri.

Scopriremo, infine, che tutto ciò che accade ha a che fare anche con un equivoco relativo ad una storia d’amore e di gelosia.



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