Non pensavo di voler scrivere qualcosa sul libro "Sostiene Pereira". Non perché non ci sia nulla da dire, anzi. Solo che, primo, è un libro che dice molto senza la necessità delle mie riflessioni; secondo, non sono io a impormi di dedicare qualche riga a un'opera, è quest'ultima che silenziosamente mi invoglia a fare alcune considerazioni.
Ho letto "Sostiene Pereira" perché era un libro che non conoscevo - quanti libri ancora non conosco! - e che mi ha scelto immediatamente mentre i miei occhi scansionavano rapidamente lo scaffale della biblioteca. La recente morte del suo autore ha fatto richiamare maggiore attenzione sui suoi scritti e, inevitabilmente, è salita la curiosità. Volevo sapere. Chi è Tabucchi? Ma soprattutto (visto che l'interesse sull'autore deriva da quello che si ha per i personaggi), chi è Pereira?
Sin dalle prime pagine, questo personaggio è emerso chiaramente e, con l'avanzare della lettura, delineavo nella mia mente ogni piccolo dettaglio che mi permetteva di comporre la sua identità. Non è stato difficile, data la chiarezza dei particolari, accennati e ripetuti come veloci lampi, che ne hanno permesso una costruzione completa. Se Tabucchi non avesse inserito una personale descrizione di Pereira alla fine del libro, io ve l'avrei descritto così: uomo abitudinario, sovrappeso, mangiatore di omelette e limonate - con molto zucchero - al solito bar, consapevole dei suoi problemi di salute, ma svogliato nel risolverli; legato alla vita passata trascorsa con sua moglie, che gli sorride ancora, con un "sorriso lontano" dal ritratto con il quale egli si ritrova a parlare, forse perché troppo solo; senza figli, buono e intellettuale - caratteristiche che spiegano il suo disinteressato aiuto nei confronti di un giovane chiamato Monteiro Rossi; astratto, ossessionato da pensieri sulla morte e sull'anima, si rivelarà poi concreto; fedele ai suoi ideali e valori, che difende, dapprima con apparente distrazione, pubblicando articoli e traduzioni di opere francesi dell'Ottocento - che nascondono la velata denuncia della situazione politica portoghese nel 1938 - in seguito, dopo una evidente ma graduale trasformazione, la denuncia si fa aperta, diretta e inequivocabile. Ma vi lascio assaporare la descrizione del suo autore, che sicuramente lo conosce meglio di me:
"Nelle sue visite notturne mi andava raccontando che era vedovo, cardiopatico e infelice. Che amava la letteratura francese, specialmente gli scrittori cattolici fra le due guerre, come Mauriac e Bernanos, che era ossessionato dall'idea della morte, che il suo migliore confidente era un francescano chiamato Padre António, dal quale si confessava timoroso di essere un eretico perché non credeva nella resurrezione della carne."
È lo stesso Pereira a raccontarsi al suo autore, a scegliere il suo autore, ribadendo quella originale vecchia convinzione di Miguel de Unamuno che sia il personaggio a imporsi al suo creatore, come aveva fatto Don Quijote con Cervantes. Originale sì, perché egli la smembrò e la scandagliò in ogni suo aspetto, ma vecchia; vecchia perché ormai radicata nel mondo letterario, tanto da nascere spontaneamente con la nascita dei nuovi scrittori. Non che mi ritenga una scrittrice di elevato spessore, ma essendo pur sempre una ragazza che scrive - e quindi pur sempre una scrittrice - posso confermare che quando scoprii i pensieri di Unamuno, qui ritrovati nelle parole di Tabucchi, ebbi un'illuminazione: da un lato ero felicemente sorpresa, perché vi lessi i miei stessi pensieri, dall'altro disillusa, perché quella che credevo essere una mia personale e originale convinzione mi si presentò in tutta la sua già radicata esistenza.
Ma basta parlare di me, torniamo a Tabucchi. Ecco come descrive l'incontro col suo personaggio, già esistente nel mondo della finzione, ma che si è affacciato nella realtà forgiandosi in parte sull'immagine di un giornalista realmente esistito:
"Il dottor Pereira mi visitò per la prima volta in una sera di settembre del 1992. A quell'epoca lui non si chiamava ancora Pereira, non aveva ancora i tratti definiti, era qualcosa di vago, di sfuggente e di sfumato, ma aveva già la voglia di essere protagonista di un libro. Era solo un personaggio in cerca d'autore. Non so perché scelse proprio me per essere raccontato. [...] Quella sera di settembre compresi vagamente che un'anima che vagava nello spazio dell'etere aveva bisogno di me per raccontarsi, per descrivere una scelta, un tormento, una vita."
Interessante è stato, inoltre, scoprire il significato del nome "Pereira" e la connessione inaspettata con T.S. Eliot.
"In portoghese Pereira significa albero da pero, e come tutti i nomi degli alberi da frutto, è un cognome di origine ebraica, così come in Italia i cognomi di origine ebraica sono nomi di città. Con questo volli rendere omaggio a un popolo che ha lasciato una grande traccia nella civiltà portoghese e che ha subito le grandi ingiustizie della Storia."
Non a caso, il libro è ambientato agli albori della Seconda Guerra Mondiale. Inoltre, la ripetizione di "sostiene Pereira", a incalzare il ritmo di una lettura scorrevole, conferisce un carattere documentale, accennando a una testimonianza. L'opera è una testimonianza della dittatura, dell'ingiustizia, delle vicende del giornalista rievocato, della censura: della guerra.
"Ma c'era un altro motivo, questo di origine letteraria, che mi spingeva verso questo nome: un piccolo intermezzo di Eliot intitolato What about Pereira? in cui due amiche evocano, nel loro dialogo, un misterioso portoghese chiamato Pereira, del quale non si saprà mai niente."
Il testo a cui Tabucchi fa riferimento è il seguente, di cui trascrivo solo l'inizio, tratto dall'opera teatrale intitolata "Sweeney Agonistes":
DUSTY: How about Pereira?
DORIS: Yes, he pays the rent.
DUSTY: Well some men don't and some men do
Some men don't and you know who.
DORIS: You can have Pereira.
DUSTY: What about Pereira?
DORIS: He is no gentleman, Pereira;
He's no gentleman if you can't trust him
Then you never know what he's going to do.