
L'era dell'Antropocene, ossia quella in cui stiamo vivendo, sembra abbia una data di inizio ben precisa: 16 Luglio 1945 alle ore 05:29 del mattino quando nel deserto del New Mexico alla presenza di coloro che vissero per alcuni anni nella base segreta di Los Alamos detonarono la prima bomba atomica.
Se desiderate vi invito a leggere sia l'articolo che di seguito ripropongo dal sito delle scienze, sia la lettura di un bel libro che ho letto qualche tempo addietro:
Gli apprendisti stregoni di Robert Jungk
Una luce incredibile quella mattina illuminò il cielo nel deserto del Nuovo Messico; una luce d'oro, di porpora, d'indaco, di viola e di verde striato di bianco. Una nube simile ad un fungo si elevò nel cielo. Alta, raggiunse i 13000 metri di altezza. Poi ci fu una forza d'urto che, quando venne calcolata fu paragonata a quella dello scoppio di ventimila tonnellate di tritolo. Alcuni giornalisti, ignari dell'evento nel deserto, riferirono che in quelle ore ad Alamogordo, un deposito di munizioni saltò in aria con straordinari effetti luminosi. William Laurence unico giornalista accreditato ad assistere all'evento scrisse in seguito: "In quel momento il tempo si fermò e lo spazio si ridusse ad una punta di spillo. Fu come se la Terra ed il cielo si squartassero".
Tutti noi siamo a conoscenza della devastazione che portò in seguito in Giappone lo sgancio da Enola Gay di "Little Boy". Così venne chiamato l'ordigno che causò migliaia di morti sia il giorno stesso sia nei tempi che seguirono.
Nel 1945 Koki Kinoshita scrisse questa poesia in ricordo dei morti dell'atomica e come monito per l'intera umanità: "Uomini di terra e di mare, vigilate e badate che non venga mai la terza bomba atomica."
Alla fine dell'Ordoviciano, circa 440 milioni anni fa, quando il mondo fu stretto in una morsa di ghiaccio, solo poche specie di graptoliti sopravvissero all'estinzione di massa. I graptoliti, il cui nome significa 'scritti nella roccia', erano minuscoli animali che vivevano in colonie formando piccole strutture simili a tazze, note come teche.

Ora però Zalasiewicz pensa di avere trovato il marcatore ideale anche per l'Antropocene, la nuova epoca degli esseri umani, così chiamata per l'impatto rivoluzionario di Homo sapiens sul mondo. Grazie ad alcuni isotopi insoliti, c'è una data d'inizio piuttosto precisa: il 16 luglio 1945, alle ore 5 e 29 del mattino secondo il fuso orario del deserto del New Mexico. Quello è il momento in cui gli scienziati americani hanno fatto esplodere la prima bomba atomica del mondo e in cui l'orologio degli isotopi radioattivi creati dall'uomo ha iniziato a ticchettare.
Gli isotopi in questione sono il cesio 137 e il plutonio 239 e 240, che impiegheranno millenni a decadere. Non sono note fonti naturali di cesio 137. In conseguenza delle successive detonazioni di centinaia di atomiche in tutto il mondo, anche in un lontano nel futuro ci sarà in circolazione un sacco di questi isotopi. Come il meteorite che circa 65 milioni di anni fa contribuì a porre fine al Cretaceo, e forse al regno dei dinosauri, così la prima esplosione nucleare potrebbe segnare un punto di svolta nella storia della Terra per i geologi del futuro.

Isotopi persistenti racconteranno anche la storia di cieli pieni di anidride carbonica proveniente dai combustibili fossili. L'abitudine umana di bruciare combustibili fossili ha già fatto variare la concentrazione di CO2 atmosferica di oltre 100 parti per milione, un cambiamento di concentrazione che di solito segna la differenza tra un pianeta avvolto nel ghiaccio e i climi più temperati in cui si è sviluppata la civiltà umana.
Ma non è certo l'unico cambiamento. L'azoto è stato strappato dal cielo, trasformato in alimenti vegetali e, in ultima analisi, in un numero sempre maggiore di essseri umani - un raddoppio della quantità di azoto che circola nei sistemi planetari. I sedimenti nello Sky Pond, nelle Montagne Rocciose, mostrano che intorno al 1950 l'azoto ha cominciato a inondare il lago, un evento senza precedenti da almeno 14.000 anni, e anchequesta documentazione isotopica potrebbe avere una data d'inizio precisa: il 2 luglio 1909, il giorno in cui in Germania Fritz Haber dimostrò per la prima volta come produrre ammoniaca dall'aria.
In Groenlandia, la presenza di isotopi del piombo nei campioni di ghiaccio registra un inquinamento da piombo causato dalla sua fusione in Spagna circa 2000 anni fa da parte degli antichi romani. Ma i livelli di piombo decollano nel XX secolo, con l'aggiunta di questo elemento alla benzina. Più di recente, le centrali elettriche a carbone della Cina hanno iniziato a produrre inquinamento da piombo.
Tuttavia, come dimostra il caso degli antichi romani, gli esseri umani hanno cominciato a lasciare un segno duraturo, anche se non in tutto il mondo, ben prima della metà del XX secolo, periodo che alcuni hanno soprannominato "grande accelerazione". "La bomba" non è dunque l'unico marcatore proposto per segnare l'inizio di questa nuova epoca.

Visto dall'alto. Un'alternativa è far iniziare l'Antropocene dal momento in cui la gente è diventata consapevole dell'impatto globale dell'uomo, un evento spesso associato alla prima vista panoramica completa del pianeta, offerta dai satelliti successivi allo Sputnik, a cui poi si sono aggiunte le foto scattate dagli astronauti.
Il dilemma del carbonio. Le future rilevazioni geologiche riveleranno un'assenza di combustibili fossili dopo il 1800 circa. Ossia da quando un nuovo motore a vapore alimentato a carbone portò a una maggiore produzione di quella roccia nera per alimentare sempre più sofisticati motori a vapore, inaugurando la Rivoluzione industriale e il problema del cambiamento climatico. I mutamenti del clima, come il passaggio dal mondo ghiacciato del Pleistocene al clima estivo dell'Olocene, hanno segnato nelle rocce diversi cambiamenti passati. Sferule magnetiche particolari che per la combustione del carbone si sono diffuse dappertutto possono essere trovate nelle torbiere dei sedimenti lacustri e fornire ai geologi del futuro una testimonianza di questa combustione del carbonio.

Metano antico. Alcuni scienziati propendono per un Antropocene che risalga fino all'inizio dell'agricoltura su vasta scala, più o meno 10.000 anni fa. Il metano proveniente delle coltivazioni del riso nelle aree paludose dell'Asia potrebbe effettivamente aver iniziato a liberarsi 6000 anni fa o giù di lì ed essere in parte responsabile del perpetuarsi del clima dolce dell'Olocene. I futuri geologi troveranno nei sedimenti anche un costante passaggio dal polline di piante ad alto fusto a polline di piante erbacee, in particolare di mais, da quando l'agricoltura è diventata una diffusa attività umana. Questo potrebbe segnare il passaggio dall'Olocene all'Antropocene.

Zalasiewicz ha dedicato qualche riflessione a ciò che rimarrà fra 10.000 anni. Le testimonianze di città, materie plastiche e milioni di miniere e pozzi di combustibili fossili persisteranno senz'altro sotto forma di quelli che lui chiama tecnofossili. Le concentrazioni di anidride carbonica nell'atmosfera potrebbero essere ancora squilibrate a causa delle emissioni dovute a tutti i combustibili fossili bruciati anche solo negli ultimi decenni.
Nel giro di un milione di anni, salvo profondi cambiamenti, il clima dovrebbe essere tornato ai suoi ritmi naturali, ma le città sepolte nei sedimenti dall'innalzamento dei mari dovrebbero essere ancora conservate, insieme ai segni delle preturbazioni antropogeniche (anthroturbation), le alterazioni indotte dall'uomo nel sottosuolo, come il plutonio prodotto dalle esplosioni sotterranee di ordigni nucleari.
Queste resteranno per 10 milioni o addirittura 100 milioni di anni, o fino a quando la tettonica a placche non riporterà tutto in superficie, esponendo quegli strati alla pioggia che, molto lentamente, porterà via quei segni. Di certo, in un lontano futuro nulla di quanto fatto dall'umanità contemporanea resterà in superficie; perfino i manufatti di pietra, come le piramidi o il Mount Rushmore, saranno spazzati via, anche se nelle rocce si potranno vedere delle belle impronte di oggetti di plastica, come un disco in vinile.

Tempo profondo
La scala dei tempi geologici profondi è forse uno dei concetti scientifici più difficili da cogliere per la mente umana. Una generazione della nostra specie abbraccia circa 25 anni ed è difficile conciliare i nostri tempi con quelli di un pianeta che misura l'età in miliardi di anni.
Diecimila anni è tutto ciò che separa le persone di oggi da coloro che vivevano a Catalhoyuk, una città della Turchia le cui case di mattoni di fango avevano le porte nel tetto. I suoi abitanti erano apparentemente ossessionati dai leopardi, dormivano sulle tombe dei propri antenati e, occasionalmente, ne conservavano i teschi come ricordo. In un lontano futuro qualcuno potrà capire il codice binario e gli scarabocchi in caratteri latini in cui viene proposta l'idea stessa di Antropocene?
Ci è voluta la stele di Rosetta per svelare i misteri di geroglifici tracciati solo 5000 anni fa, e non siamo nemmeno vicini a comprendere i segni in nerofumo lasciati da antichi ominini centinaia di migliaia di anni fa. Un milione di anni fa, Homo sapiens non esisteva, i nostri antenati si limitavano a percorrere le savane dell'Africa, o poco più, e l'esplosione demografica umana era ancora in un lontano futuro.

Ma la caratterizzazione attraverso i cambiamenti isotopici potrebbe rivelarsi la rovina dell'Olocene in quanto epoca, se come marcatore dell'inizio dell'Antropocene prendessimo la diffusione dell'agricoltura o della combustione. Entrambe, infatti, occupano ampia parte di quel lasso di tempo che chiamiamo Olocene. Se invece usassimo i residui di piombo, all'Olocene verrebbero strappati forse solo gli ultimi 2000 anni.
L'Antropocene sarà un batter di ciglia, un'epoca o qualcosa di più? Se questa nuova epoca durerà solo pochi secoli o decenni, come si potrà trovarla fra 10.000 anni? Se il cambiamento climatico diventerà catastrofico e il mondo assisterà a un riscaldamento di 6 gradi delle temperature medie, il pianeta abbandonerà il periodo geologico in corso, noto come Quaternario e lontano successore dell'Ordoviciano, per tornare a temperature mai più osservate dal Paleogene, più di 30 milioni di anni fa.
Forse, allora, l'Antropocene meriterebbe di essere riconosciuto come l'inizio di un nuovo grande periodo geologico, che si potrebbe forse chiamare Quinario o anche Antropogene. Considerando le incerte traiettorie future del cambiamento climatico, dell'aumento del livello del mare e dell'estinzione di massa, nel valutare questa nuova epoca Zalasiewicz e altri geologi per il momento preferiscono essere prudenti.
Ma l'impatto umano continua a crescere, come l'ondata demografica, che ha superato i sette miliardi di persone. L'umanità civilizzata muove, tra le altre cose, circa 57 miliardi di tonnellate di roccia, sporcizia, sabbia e carbone, ossia tre volte tanto il materiale geologico mosso da tutti i fiumi del mondo. Questo corrisponde a un volume di 30 chilometri cubi spostati ogni anno dalle persone.
Oppure, come Zalasiewicz ha scritto nel suo libro The Earth after Us: "è difficile, come esseri umani, guardare da una giusta prospettiva al genere umano”. L'Antropocene, come epoca geologica, mette di nuovo la gente al centro dell'azione, protagonista collettiva di un dramma planetario. Idealmente, l'Antropocene è l'epoca in cui sono i marcatori geologici a incidere se stessi nella propria eredità geologica.
(La versione originale di questo articolo è apparsa il 10 febbraio su scientificamerican.com. Condividi
