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ANTROPOLOGIA E GIOCO (I parte)

Creato il 21 gennaio 2011 da Spaziokultura
L'antropologia del gioco nasce e si sviluppa molto più tardi dell'affermazione teorica e pratica dell'antropologia culturale propriamente detta. Nonostante ogni epoca, ogni civiltà, abbia prodotto significativi esempi di giochi, gli antropologi "ufficiali" per molto tempo hanno trattato di ludico solo superficialmente e raramente con quell'attenzione che invece avrebbero potuto dedicargli. Comunque sia, il gioco associato ad attività paramilitari, praticato per conservare la forma fisica, o ancora quale semplice passatempo, è presente in numerosi esempi di riferimento. Huizinga, uno dei grandi teorici del gioco afferma che il gioco è un operatore decisivo di ogni cultura (...). La cultura sorge in forma ludica. Parlare di gioco significa perciò guardare la storia da un osservatorio particolare: quello dell'universo ludico. Alcuni antropologi del passato hanno parlato però di ludico anche se non in maniera adeguata. Il gioco in questi casi era considerato solo uno dei tratti culturali rintracciati, ma al contrario di altre categorie non veniva analizzato così come lo sarà successivamente. Dalla seconda metà dell'800 l'antropologia concepisce il gioco come una sorta di deposito misterioso nel quale sopravvivevano antichi e obsoleti costumi, credenze, istituzioni (De Sanctis Ricciardone, 1993). In tal senso, almeno nella prospettiva dell'evoluzionismo vittoriano i giochi sono intesi come i residui di attività considerate più "serie" e quindi non sono altro che la riproduzione delle fasi primitive della storia, di quella che si può chiamare l'infanzia dell'umanità.

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