Apis- Morfologia & Anatomia

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Morfologia
Antenne - Apparato boccale - Zampe - Torace -Addome - Pungiglione
Anatomia 
Apparato digerente - Apparato respiratorio - Apparato circolatorio - Sistema nervoso - Corredo genetico dei membri della colonia

Morfologia Antenne
Nell'ape, ciascuna antenna (breve, filiforme e genicolata) è costituita da un articolo basale (scapo) seguito da un articolo più breve (pedicello) e da una porzione distale (flagello) composto da 11 articoli nelle femmine e di 12 nei maschi. Il flagello contiene numerose fossette olfattive che conferiscono all'ape un acuto senso dell'olfatto [1600 nell'antenna della regina, 2400 in quella di un'operaia , 1000 in quella di un fuco] e numerosi peli tattili, in numero di circa 7000 sull'antenna dell'operaia e di 1000 su quella del fuco. Lo scapo si articola con il capo entro una fossetta ( torulo) attraverso la quale giungono fino all'apice antennale liquidi e tessuti di provenienza interna (nervi, trachee, emolinfa,ecc.).
Apparato boccale
L'apparato boccale è tipico degli insetti,(in origine masticatore; le radicali trasformazioni sono dovute ai regimi alimentari.
Nell'ape, i pezzi originari si sono trasformati costituendo un apparato boccale lambente e succhiante. Il complesso maxillo-facciale si piega tra cardini e stipiti, e si sposta un po' all'indietro sotto il cranio, costituendo un canale temporaneo per suggere il nettare. L'organo aspirante, lungo e flessibile, è formato dalle glosse labiali grazie alle quali le api raccolgono il nettare e manipolano il miele nell'arnia. I lati di questa ligula sono ripiegati verso l'interno e verso il basso, fino quasi ad incontrarsi, per formare un tubo racchiuso dalle mascelle e dai palpi labiali. Il labium (labbro inferiore) è provvisto di palpi assai sviluppati e articolati (con il primo articolo molto allungato e piuttosto largo, il secondo più corto, gli ultimi molto brevi) e di una ligula (o glossa/ lingua) lunga, cilindrica, densamente pelosa, flessibile e contrattile, percorsa da un solco ventrale (canale ligulare) e terminante con un'espansione a cucchiaio (labello/flabello).
L'apparato boccale dell’ape è adatto alla raccolta dei liquidi.
Le galee mascellari ed i palpi labiali, accostandosi alla ligula formano un tubo (proboscide) delimitante un canale di suzione che permette all'ape di succhiare il nettare liquido mediante l'azione aspirante del cibario (porzione della cavità boccale anteriore alla faringe) e della faringe (pompa cibario-faringea).
In breve, se l'insetto vuole raccogliere dell'acqua o dello zucchero disciolto impregna il labello di liquido che poi passa nel solco ligulare e vi sale per capillarità dopodicchè i liquidi arrivano alla nella grande ingluvie (o borsa/borsetta melaria/stomaco mellifico), un sacco a parete estensibile costituito da una dilatazione dell'esofago, dove il nettare subisce una prima trasformazione chimico-fisica (azione enzimatica della saliva) che cambia il nettare in miele.
Alla base della faccia interna delle mandibole sboccano due ghiandole mandibolari grazie alle quali le operaie producono una frazione della pappa reale.
Nei fuchi sono ridotte a una piccola masserella; nella regina sono molto sviluppate e producono il feromone di coesione della colonia (mix di acidi che permette alla regina di esser identificata come tale all'interno e fuori dell'alveare, di inibire lo sviluppo dei ovarìoli e di impedire la costruzione di celle reali).
Quando il livello di questo feromone nella colonia scende al disotto di un certo valore (per la morte o l'invecchiamento della regina, per un eccessivo aumento della popolazione...), l'inibizione cessa e le operaie cominciano a costruire celle reali in cui allevare nuove regine o, eccezionalmente, sviluppano ovarioli funzionali (operaie ovificatrici) e depongono uova partenogenetiche maschili.
Sulla superficie dorsale del labbro inferiore sboccano le ghiandole labiali (salivari) presenti in tutte e tre le caste costituite da due distinti sistemi ghiandolari: le ghiandole postcerebrali (situate contro la parete posteriore del capo) e le ghiandole toraciche (situate nella porzione ventrale anteriore del torace). Il loro secreto ha funzioni non ancora del tutto chiarite, una della quali è probabilmente quella di sciogliere le sostanze zuccherine presenti nell'alimento facilitandone così la suzione.
Zampe La zampa di Apis mellifera porta un tarso articolato con pretarso con due unghie ed arolio.
Zampa anteriore (protoracica): il margine anteriore della superficie interna la tibia è ricoperto da una frangia di peli corti e rigidi che costituiscono la spazzola per la pulizia degli occhi.
Sul margine distale esterno si trova una spina mobile piatta (sperone/raschiatoio) semicircolare con spine disposte circolarmente a pettine.
Quando la zampa si piega, lo sperone chiude l'apertura dell'incavo delimitando un foro attraverso il quale l'ape fa passare l'antenna per pulirla.
La spazzola del polline che l'ape usa per raccogliere i granuli pollinici dalle parti anteriori del corpo è composta da lunghi peli distribuiti sul basitarso.
Incrociando le zampe l'ape spinge il polline dentro la cestella aiutandosi con la spazzola del polline situata sul primo articolo del tarso.
Anche nella zampa media (mesotoracica), il tarso appiattito è provvisto di una spazzola del polline per asportare i granuli pollinici dalle zampe anteriori e dal corpo.
L'estremità distale interna della tibia reca uno sperone (spina tibiale) che l'ape usa come leva per staccare le lamelle di cera, secrete dalle ghiandole situate nella regione sternale dell'addome, e le pallottoline di polline dalle cestelle quando deve scaricarle e disporle nelle apposite celle, come dispositivo di pulizia per liberare dai corpi estranei le ali e gli spiracoli tracheali,ecc.
Nella zampa posteriore (metatoracica), la larga tibia presenta esternamente una lieve concavità marginata da forti e lunghi peli incurvati: la cestella (o cestello/corbella/corbicula) dove l'ape accumula il polline per trasportarlo nell'alveare. In corrispondenza dell’articolazione tibio-tarsale, il margine distale libero della tibia, provvisto di una spazzola della cera ed il margine prossimale libero del tarso (sperone tarsale /auricola) formano una pinza tibio-tarsale che serve per raccogliere le lamelle di cera dall'addome.
La faccia esterna del basitarso è provvista di peli collettori per raccogliere i granuli pollinici dalle parti posteriori del corpo e la sua faccia interna porta una decina di serie trasversali di spine brevi e robuste, rivolte verso il basso, che costituiscono la spazzola del polline.
Torace
L’ape ha il mesotorace molto svilluppato, suddiviso in scleriti secondari e distinto in una porzione anteriore prescuto-scutale ed in una posteriore scutello-postscutellare. Modesto sviluppo del protorace. Il primo urite ha perso la regione sternale ed è venuto ad accollarsi al metanoto, entrando a far parte integrante del torace (epinoto/propodeo), cosicché il torace medesimo, visto dorsalmente sembra costituito da quattro regioni tergali invece di tre.
Addome
L'addome dell'ape è costituito da 10 segmenti chiamati uriti (da urà: coda).
Il primo urotergo e le sue aree laterali si sono integrati col torace formando un quarto tergo che ha preso il nome di propodeo (epinoto).
La parte rimanente dell'addome (dal secondo urite indietro) detta gastro si collega col propodeo mediante un peduncolo (peziolo).
Il settimo urosterno funziona sempre da lamina sottogenitale.
Il quarto e settimo prosterni hanno ciascuno due larghe aree ovoidali (specchi) attraverso i quali passa la cera fluida.
La ghiandola di Nassonoff è situata sotto la membrana intersegmentale, tra il sesto ed il settimo uroterghi e sbocca nella parte anteriore di quest'ultimo.
Pungiglione All'estremità distale del corpo dell'ape è presente l'aculeo (pungiglione), un ovopositore modificato di cui sono provviste solo le operaie e la regina.
È formato da uno stilo lungo e sottile che nella parte prossimale si allarga in un bulbo cavo. Lo stilo è formato da una guaina a doccia che si prolunga con il bulbo ed abbraccia due stiletti slanciati e seghettati da una decina di denti rivolti all'indietro. Gli stiletti e la guaina delimitano un canale che si apre alla estremità dello stilo, ai lati del quale si trovano le due valve dell'aculeo dotate di numerose piccole spine e di sensilli.
L'apparato del pungiglione comprende:
  • una guaina dorsale cava 
  • uno stilo o dardo, costituito da due stiletti (o aghi/ lamelle) provvisti di circa 9 dentelli con la punta rivolta all'indietro che trattengono lo stilo nella ferita (in tessuti elastici e molli, come quelli dei mammiferi), ed è percorso ventralmente da un solco che permette loro di scorrere l'uno sull'altro sotto l'azione dei muscoli situati alla loro base interna e di penetrare così alternativamente e sempre più profondamente nei tessuti della vittima 
  • due processi digitiformi (rivolti all'indietro quando l'aculeo è protratto/disposti ai suoi lati quando è retratto) chiamati appendici palpiformi sono considerati come organi di senso che comunicano all'ape quando l'addome è a contatto con il corpo in cui essa vuole infiggere il suo aculeo 
  • un grande sacco del veleno mediano alimentato da una ghiandola acida (formata da due masse ghiandolari) e da una ghiandola alcalina (il cui secreto viene miscelato ed iniettato nella ferita al momento della puntura). 
Fra i componenti identificati del veleno ci sono:
  • istamina (una sostanza che determina reazioni allergiche) 
  • melittina (una proteina farmacologicamente attiva) 
  • fosfolipasi A (un enzima che idrolizza i fosfolipidi) 
  • ialuronidasi (un complesso enzimatico di natura proteica che depolimerizza l'acido ialuronico facilitando lo scambio dei liquidi attraverso il tessuto connettivale) 
  • apamina (un peptide basico ricco di zolfo). 
Al momento della puntura, al veleno si mescola il feromone di allarme (a base di acetato di amile) che attira le altre operaie sulla vittima. Un'operaia muore un paio di giorni dopo avere usato il suo aculeo, poiché tutto l'apparato del veleno ed altre parti adiacenti vengono strappate dal corpo dell'ape, assicurando così un'azione protratta dell'aculeo che continua la penetrazione e ad iniettare veleno nella ferita anche dopo che l'ape si è allontanata.
Quando l'ape operaia infigge il suo pungiglione nel tessuti di un vertebrato, essa non può più estrarlo a causa degli uncini di arpionamento rivolti all'indietro, come le punte della lancia di un fucile subacqueo.
Allontanandosi, l’ape, strappa i propri tessuti insieme al pungiglione, allora lascia anche le annesse ghiandole velenifere, muscoli, gangli nervosi e la ghiandola che emette il feromone di allarme.
L'aculeo che rimane nella ferita è in grado di fungere da arma automatica, continuando da solo la penetrazione nella ferita ed a iniettare il veleno, mentre la ghiandola continua a emettere il feromone di allarme che richiama le altre operaie e le induce ad aggredire la vittima.
Anatomia Apparato digerente
Alla faringe segue l'esofago, un lungo e sottile tubo che attraversa tutto il torace, entra nell'addome, si slarga per formare l'ingluvie (borsa melaria) un serbatoio dalle pareti estensibili. All'ingluvie segue il proventricolo che si apre mediante un dispositivo valvolare costituito da quattro bande delimitanti un'apertura a x (valvola a x), che favorisce il passaggio dell'alimento nello stomaco ed impedisce il rigurgito.
La valvola a x imèedisce al miele di fluire oltre nel tubo digerente e venga quindi digerito. Impedisce quindi al nettare ed al miele di entrare nell'intestino medio quando non si rendono necessari come alimenti e di impedire al contenuto dell'intestino di riversarsi nell'ingluvie quando l'ape rigurgita il miele contenuto in essa.
Quando l’operaia ha fame essa apre la valvola e si somministra la sua razione.
L'intestino medio (mesenteron/stomaco/ventricolo/ventricolo chilifero) è tappezzato da uno strato di cellule epiteliali utilizzate alla secrezione dei succhi digestivi per la digestione dell'alimento e all'assorbimento delle sostanze digerite.
L'intestino posteriore (proctodeo) comprende l'intestino tenue e l'intestino retto. L'intestino tenue, in cui si apre l'intestino medio mediante la valvola pilorica, riceve nel suo tratto iniziale lo sbocco di circa 100 tubi deputati all'espulsione dei cataboiliti. L'intestino retto comprende una parte prossimale, la cui parete è percorsa da cordoni longitudinali (papille rettali) dalla funzione imprecisata, ed una porzione distale voluminosa (ampolla rettale) in cui vengono accumulate le feci per essere espulse attraverso l'ano nei cosiddetti “voli di purificazione”. [le api non evacuano all'interno dell'alveare, ma in volo.]
Apparato respiratorio
Apis mellifera è specie olopneustica poiché possiede dieci paia di stigmi.

Apparato circolatorio
Il vaso dorsale si presenta differenziato in un primo tratto addominale (cuore) suddiviso in camere; ogni camera cardiaca è munita di un paio di aperture a valvola (ostioli) che favoriscono l'entrata dell'emolinfa dalla cavità.
Sistema nervoso
Il cerebro delle api occupa un volume di circa 1 mm³ e pesa circa 1 mg, cioè 1/100 del peso dell'ape. Il numero totale di neuroni nel cervello è stimato in 950 000.
I principali territori del cervello dell'ape sono i lobi ottici, i lobi antennali, i corpi fungiformi e il complesso centrale.
Corredo genetico dei membri della colonia
Apis mellifera è specie aplo-diploide in quanto il maschio è aploide (derivante da uova non fecondate) e la femmina è diploide (derivante da uova regolarmente fecondate).
Il corredo cromosomico è 2n=32.
I maschi, quindi, sono portatori del solo corredo n=16 di derivazione materna.
La determinazione aplo-diploide del sesso, caratteristica nelle formiche, vespe ed api (Hymenoptera Formicoidea, Vespoidea ed Apoidea) secondo alcuni autori sarebbe particolarmente favorevole alla evoluzione sociale, e spiegherebbe perciò il suo ripetuto comparire nell'ambito di questi gruppi.
Le madri e le figlie hanno in comune 1/2 dei geni, le sorelle ne hanno i ¾; di consequenza le figlie risultano meglio predisposte ad aiutare la madre a prolificare ulteriormente che non a prolificare se stesse, favorendo la nascita di individui che, per i ¾, hanno il loro medesimo corredo genetico.
Sono stati documentati i meccanismi genetici che determinano l'indirizzo di sviluppo di una giovane ape in operaia oppure in regina.
Le femmine di Apis mellifera cominciano la loro esistenza come larve bipotenziali (ospitate in celle diverse) con la capacità cioè di formarsi nella morfologia ed anatomia di entrambe le caste, quella delle operaie o quella delle regine (polifenismo). Le larve destinate a diventare regine sembrano attivare un insieme distinto di geni legati alla casta, inclusi quelli responsabili del metabolismo e della respirazione.
Nel caso delle api operaie, viceversa, continuano a esprimersi i geni tipici della fase giovanile di larva.
La differenza nell'espressione dei geni porterebbe alle differenze morfo-anatomiche e funzionali(Evans).
I geni regolerebbero molto il comportamento delle api, al punto che l'occupazione e il ruolo di una singola ape può essere prevista conoscendo il profilo dell'espressione genica nel suo cervello. C’è una chiara impronta molecolare nel cervello delle api associata in modo consistente con il comportamento specifico dell'individuo, e questo fatto dà una immagine del genoma come entità dinamica, coinvolta nella modulazione del comportamento nel cervello adulto (da Robinson).

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