Posted 19 novembre 2013 in Opinioni ed eresie, Slider with 0 Comments
di Calandrino
Seduti sulle poltroncine del teatro della Storia, attendiamo l’inizio del prossimo atto. Dal nostro palchetto defilato la tragedia in corso sembra avere inspiegabilmente un’aria malinconica di farsa. L’attenzione catturata da guitti e comparse non badiamo proprio alla trama, ai personaggi, al senso. In fondo, non abbiamo già visto tutto, noi italiani?
E forse abbiamo ragione. D’altronde, non è una buona pièce, quella che recitano stasera. La vuota arroganza dei mercati cattivi, la pochezza degli eroi in assetto di troika, il ridicolo deus-ex-machina della crisi economica. Si alza qualche fischio, volano insulti. Ma chi sono costoro, questi scalmanati dal loggione? Chi ha fatto il liceo li chiama giacobini. Il benestante che vota a destra ed ha pagato fior di quattrini per il suo posto in platea li chiama comunisti, drogati, terroristi, casinisti – basta che finisca per -isti. Il menobenestante che da giovane era comunista li chiama fascisti, anti-politici, casinisti, terroristi (signori miei, pero’, quante cose in comune!). “Che maleducati, ma da quando in qua si urla a teatro? Queste cose non succedono mica in Europa, solo qui da noi..”
Andiamo a vedere in Europa. Sorpresa, anche nelle sale vicine la gente grida a teatro. Gridano giovani spagnoli, portoghesi, francesi. In Grecia la sala è in fiamme e urlano più o meno tutti. Anche in Germania la rabbia del loggione, prima indirizzata verso quei bifolchi che strepitano da fuori, dalle altre sale, esplode a mano a mano che ci si accorge che è lo spettacolo ad esser brutto e banale, nonostante la buona fama degli autori – e la virtuosa regia tedesca.
Ma da noi urlare non s’usa, tanto che a chi urla si dà di norma torto. Se ascoltassimo, però, vedremmo che tra casinisti e giacobini si trovano persone di un’altra specie, professionisti seri ed equilibrati, che hanno però capito come lo spettacolo andrà a finire e che non si tratta di finzione. Parlano di deficit di democrazia, di politica economica e industriale suicida, di aree valutarie non ottimali, di trappola dell’Euro. Denunciano il tradimento dei Trattati, l’austerità che uccide la crescita, l’incrinarsi della solidarietà tra i popoli.
Ovviamente, i casinisti se ne approfittano per menar le mani e rincarano la dose, mentre fascisti e diversamente fascisti (ma quanto diversamente, poi?) proclamano la fine delle ideologie e la caccia all’immigrato, mentre i benpensanti fanno “SSSTT” che non bisogna disturbare le grandi intese, e chi non ha fatto il liceo per non saper né leggere né scrivere brandisce oggetti contundenti. E intanto, il fronte delle destre europee più abiette, razziste e antisemite, sta rialzando la testa ed è pronto ad utilizzare i solidi argomenti della protesta che cresce come grimaldello per accedere alle stanze di regia [4]. Wilders e Le Pen, magari UKIP e FpO. Siccome la folla incazzata è sempre di destra, anche chi si vanta di rappresentare la volontà del popolo dovrà necessariamente svoltare a destra, perché è così che si prendono i voti. E mentre il servizio d’ordine dell’informazione cerca inutilmente di gettare acqua sul fuoco, ed il capitalismo dalle braghe pezzate svicola e si rifugia alla buvette per un’ultima mangiata, ecco che si apre il sipario per il secondo atto.
Dal palco, per un rovesciamento pirandelliano, gli attori seduti in poltrona in abiti civili guardano il pubblico imbizzarrito rumoreggiare. Anche stavolta lo spettacolo è stato un successo. Il titolo? “Apocalypse soon”.
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