"Apocalypto"
di: M.Gibson
- USA 2006 -
Più vicino
agli estri dinamici dell'"Ultimo dei Mohicani" di Mann che al furore
mistico del suo precedente "The passion", Gibson confeziona con "Apocalypto"
un solido film di avventura, veloce e ferino, che supera di puro muscolo le
solite polemiche sulla violenza, nonché lo snobismo e la pedanteria di buona
parte dell'intellighenzia europea per l'ennesima volta impastoiata nella
stesura degli elenchi delle cantonate storiche, antropologiche e linguistiche
(tutto il film e' parlato nel dialetto originale dei luoghi), anziché attenta a
valutare ciò che ogni film innanzitutto e': spettacolo di finzione. E lo
spettacolo orchestrato dall'attore/regista australiano/americano funziona. Il passo
dell'azione e' rapido, nella seconda parte quasi frenetico ma sempre preciso.
Nell'insieme, la durata, due ore abbondanti, non pesa mai. Jaguar Paw - Zampa
di Giaguaro - guerriero e cacciatore Maya, viene fatto prigioniero da una tribù
rivale e trasferito in ceppi attraverso la giungla insieme ad altri superstiti
del massacro e della distruzione del villaggio natio per essere offerto come
carne da sacrificio agli dei. Miracolosamente scampato al rito
dell'asportazione del cuore, si da alla fuga lottando da un lato contro gli
inseguitori decisi a finirlo e dall'altro contro il tempo che insidia la moglie
incinta e il figlioletto (sottratti d'astuzia alla strage
iniziale
grazie ad una cavità del terreno dalla quale pero' non possono uscire e che alla
lunga diventerebbe la loro tomba).
Se il tema dominante del film, sottolineato dalla necessita ribadita più volte di "trovare un nuovo inizio", e' la sopravvivenza ad ogni costo, la volontà, proprio perché la fine incombe, di riaffermare la vita e con essa la possibilità di rimettere in moto la Storia, ecco che la sorte specifica del popolo Maya diventa sfondo - a tratti brutale, a tratti intimistico, talvolta enfatico, sempre coloratissimo, comunque la parte più debole del film - di un meccanismo molto più grande e inesorabile di fronte al quale anche le beghe nozionistiche svelano la propria inconsistenza e retrocedono a pretesti, se non a veri e propri atti di ridicolo involontario o, chissà, interessato. Ciò che conta - sembra dire Gibson - e' l'affermazione per cui ogni società - nel caso una società "arcaica" ma lo stesso varrebbe per qualunque avventura umana in un altro tempo e in un altro luogo - e' un corpo vivo che cresce, invecchia e muore (non necessariamente di morte tranquilla) e che non e' detto che quando due civiltà vengono a contatto (il film si chiude sull'approdo dei galeoni spagnoli verso cui Zampa di Giaguaro manifesta un atteggiamento più che guardingo) hanno voglia di conoscersi, si integrano e si migliorano. Concetti semplici all'apparenza, eppure oggi come oggi rimossi o dimenticati se e' vero, come e' vero, che la "moderna" comunità in cui viviamo si considera l'apice perfettibile della civilizzazione solo a partire da se stessa. Concetti che cineasti come nel caso Gibson - a modo loro - sentono il bisogno di riproporre alla nostra attenzione, privilegiando qui la semplicità della narrazione e sollecitando quel tanto di senso del meraviglioso che ancora abita gli occhi dello spettatore.
