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Appalti alla Rai, tre dirigenti indagati (Il Tempo)

Creato il 07 novembre 2013 da Nicoladki @NicolaRaiano
Appalti alla Rai, tre dirigenti indagati (Il Tempo) C’è l’alto funzionario che ha chiesto un contratto per il figlio regista e il dirigente che invece ha voluto una tangente da 100mila euro. Poi c’è la camorra, che invece ha minacciato due imprenditori del Nord Italia che nel casertano dovevano seguire alcuni lavori per la Rai.
Insomma, in una lunga e accurata denuncia è riassunto il presunto «sistema Rai». Un meccanismo così identificato dall’imprenditore Pietro Di Lorenzo, ex patron della casa di produzione Ldm. Oggi amministratore delegato di un centro biologico molecolare con sede a Roma, Bruxelles e Los Angeles, Di Lorenzo ha depositato in Procura un lungo elenco di «soprusi ricevuti dalla Rai».
Un vero e proprio sistema, quello che emerge dagli atti, che avrebbe condizionato gravemente la gestione degli appalti della Rai. «Violenze», che sarebbero state compiute - a suo dire - dal responsabile dei palisesti di Rai Uno, Chicco Agnese, che avrebbe chiesto l’assunzione del figlio 26enne regista. Un ruolo lo avrebbero avuto anche Chiara Calvani e il marito Giampiero Raveggi, ex capostruttura di Rai Uno, che avrebbe chiesto 100mila euro l’anno a Di Lorenzo. «Nel 2006 Raveggi - si legge negli atti - mi chiese un prestito di 5 mila euro. Mi accorsi ben presto che non voleva un prestito ma somme di ben altra portata, nonché una serie di favori da elargire a persone a lui vicine (...) Quando mi rifiutai di versare una tangente da 100 mila euro, ho subìto vessazioni che hanno portato la Ldm a essere praticamente azzerata dalla Rai». Ne sarebbe nata una rappresaglia, cominciata con una programmazione difficile per i suoi format, tale da far crollare gli ascolti. Ma non solo, perché gli stessi ospiti delle trasmissioni ricevevano cachet inferiori alle sue richieste e alcuni programmi venivano, senza preavviso, cancellati dai palinsesti.
Il tutto, poi, è finito in una denuncia che lo stesso imprenditore ha inviato al direttore generale della Rai, Luigi Gubitosi, senza - a suo dire - ottenere giustizia. Ed anzi, secondo quanto racconta, dopo le segnalazioni avrebbe ricevuto un vero e proprio mobbing, vedendosi automaticamente escluso da tutte le gare di appalto.
Tuttavia negli atti ci sarebbe molto di più. C’è, per esempio, un accurato esposto su supposte pressioni della camorra ai danni di due imprenditori del nord Italia. Denunce racchiuse in un dossier che Di Lorenzo ha inviato alla Procura di Roma con nomi e cognomi degli imprenditori minacciati. In particolare, sarebbe emerso che nel corso di alcuni lavori da svolgere in provincia di Caserta per conto della Rai, i due imprenditori sarebbero stati avvicinati da personaggi legati alla camorra e, più in particolare, dal clan dei Casalesi. Secondo il racconto che hanno fatto a Di Lorenzo, sarebbero stati obbligati a lasciare i lavori perché «qui - avrebbero detto - lavoriamo solo noi». Successivamente, gli imprenditori si sarebbero rivolti alla Rai, la quale non avrebbe fatto nulla di fronte alle minacce.
Intanto Di Lorenzo, assistito dai suoi legale, l’ex pm Antonio Ingroia (al suo primo incarico come avvocato) e Alessandro Diddi, ha annunciato l’intenzione di avviare «un coordinamento per la tutela delle vittime del sistema malaRai». L’obiettivo è di raccogliere il maggior numero di denunce, da inviare successivamente agli organi investigativi. «E grazie al web - ha spiegato ieri Di Lorenzo in una conferenza stampa - abbiamo ricevuto notizie inquietanti. Sono venuto a conoscenza, in maniera circostanziata e con nomi e cognomi, da altri fornitori dell’azienda televisiva di Stato di altri gravi fatti di corruzione e di possibili infiltrazioni mafiose nella gestione degli appalti in Rai. Notizie che ho prontamente comunicato alla Magistratura con un nuovo esposto», ha aggiunto l’imprenditore, che lamenta anche «pressioni di Viale Mazzini sugli organi di stampa per non far parlare di queste vicende».

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