La sottoscritta sostava rapita presso alcune rigogliose piante di orchidea, e dopo lunghi tentennamenti decideva per una di colore bianco (le viola erano più belle ma il colore superstiziosamente meno apprezzato) provvista di foglie cicciose e boccioli in fioritura, ma anche di strane radici plasticose che sbucavano da un vaso inadatto alla crescita della medesima.
La sottoscritta piazzava la pianta in auto, il cui interno si aggirava intorno ai 50 gradi centigradi e, colta da ansia naturalista, finiva lo shopping di corsa, già proiettata all'innaffiatura della pianta e relativo impacchettamento.
Oramai in preda a pena crescente si tratteneva dall'acquisto di un vaso di capienza più adeguata unicamente per via dell'emergenza idrica dell'essere tropicale, che al momento della presa in carico sembrava già essersi livemente infiappito.Infrangendo la barriera del suono la sottoscritta si dirigeva presso la sua dimora con un piano di intervento bio-globale ripetutamente revisionato.Estraeva la pianta dall'automobile con estrema cautela.La cautela non si rivelava sufficiente e un bocciolo bianco e carnoso staccavasi dal picciolo, rovinando sul tappetino dell'auto con rumore sordo, vuoto, fesso, praticamente sintetico. Rimbalzava altresì gommosamente.Colta da terribile sospetto la sottoscritta infilava un'unghia nello stelo e mordeva il petalo col piglio dell'intenditore di monete.La pianta risultava falsa. E ad un'occhiata meno svampita, visibilmente di plastica.Abbandonato il bocciolo al suo destino, la pianta veniva trasferita in luogo ameno e sostituita con costosissimo mazzo di fiori autentici e caduchi.
©Loredana de Michelis
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