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Apple, la favola continua anche nel dopo-Jobs

Creato il 26 gennaio 2012 da Benedetto

Apple, la favola continua anche nel dopo-Jobs

Chi pensava che l’età dorata di Apple si concludesse con la morte di Steve Jobs si sbagliava di grosso. I risultati del primo trimestre pubblicati martedì dimostrano che l’azienda di Cupertino è in salute. Anzi, si può senz’altro dire che non è mai stata così bene.

 

Le cifre – nude e crude – le abbiamo già snocciolate. Ciò che ci interessa fare in questa sede è fornire uno spaccato più concreto di quello che è l’attuale valore di Apple e capire dove può arrivare di questo passo sotto la guida di Tim Cook.

Apple, la favola continua anche nel dopo-Jobs

Ripartiamo perciò dai numeri e nello specifico da quelli relativi afatturato e utile nel primo quarto 2012, rispettivamente 46,3 e 13,1 miliardi di dollari. Che siano un sacco di soldi non serve ribadirlo, più interessante raffrontare questi valori con quelli del recente passato e degli altri big dell’economia mondiale.

Apple, la favola continua anche nel dopo-Jobs

 conti fatti, Apple guadagna in un solo trimestre più di quanto non riuscisse a fare 8 anni fa in tutti i dodici mesi dell’anno. Qualcuno sa fare di meglio? Google? No, i suoi ricavi dell’ultimo quarto (10,5 miliardi di dollari) sono persino più bassi del profitto di Apple. Walmart? Sì, in termini di fatturato (circa due volte quello di Apple), ma non certo in termini di profitto: il più grande retailer del mondo realizza appena un quarto degli utili di Cupertino.

Insomma, i risultati di Apple non rappresentano solo un record (l’ennesimo) per la società ma qualcosa di più grande. Parliamo delsecondo miglior trimestre nella storia delle compagnie statunitensi, il quarto a livello globale.

E se andiamo a scoprire chi sta sopra Apple troviamo nientemeno che i giganti del comparto Oli & Gas come GazpromShell ed ExxonMobil.

Addirittura imbarazzante il livello di liquidità accumulato dalla società. Nel corso del 2011 Apple ha incamerato nelle sue casse 38 miliardi di dollari, praticamente più di quanto hanno messo da parte tutte le società del Pianeta Terra ad eccezione delle prime 52.

In totale, nei forzieri di Cupertino ci sono quasi 100 miliardi di dollari(97.6 miliardi per l’esattezza). E la società in Borsa vale circa 400 miliardi. Se la Mela fosse una nazione, fa notare Wall Street Italia, e la liquidità il suo prodotto interno lordo, Apple sarebbe la 58esima economia al mondo, più grande anche di paesi come Slovacchia, Iraq, Croazia e Lussemburgo.

Si dirà che questi risultati, in fondo, riflettono l’onda lunga della gestione Jobs, perché a ben guardare l’iPad, l’iPhone e tutti gli altri iGadget che hanno contribuito a generare questa ricchezza sono tutti prodotti sui quali il mago di Cupertino aveva dato il suo imprimatur.

vero, ma bisogna anche dire che per certi versi Apple è una società che va con il pilota automatico.

- La gestione della catena dei fornitori è forse l’emblema di quanto certi meccanismi siano ormai radicati nel dna di Apple. Non a caso il New York Times parla di una vera e propria iPhone Economy, un’economia distribuita su tutto il Pianeta e che in un certo senso sta cambiando anche le dinamiche della forza lavoro (americana e non).

- L’innovazione si muove sulla stessa linea. Uno dei meriti di Steve Jobs è stato senz’altro quello di aver messo nei posti chiave della società uomini capaci di tradurre il suo pensiero in realtà. Il responsabile del design, Jonathan Ive, quello del marketing, Phil Schiller, ma anche lo stesso Tim Cook (attuale CEO della società) rappresentano il vero testamento di Jobs. E quindi una garanzia di successo per gli anni a venire.

- I brevetti concludono il pacchetto dato che in molti fanno notare come negli ultimi tempi la società di Cupertino sembra essere più interessata a difendere coi denti i suoi brevetti (con risultati peraltro non sempre positivi) che a innovare in senso stretto. Come abbiamo sottolineato altrove, Apple sta sfruttando fino all’ultima goccia quella che è stata probabilmente la sua più grande intuizione di sempre: il multitouch. Ma quanto può durare ancora questa supremazia tecnologica?

- La concorrenza è più aggressiva e negli ultimi anni ha fatto passi da gigante. Google, grazie alle diffusione trasversale (ovvero multivendor) del suo sistema operativo Android, supera ormai complessivamente Apple per quanto riguarda la base di installato sui telefonini intelligenti:47,4% contro 18%, dice iSuppli. E Microsoft – con Windows Phone e l’arrivo imminente di Windows 8 - sembra aver imboccato la strada giusta per recitare una parte da protagonista anche nel settore della mobilità. Tanto che lo stesso analista avverte: di questo passo, entro il 2015 la società di Steve Ballmer potrebbe superare Apple in termini di quote di mercato complessive del suo OS.

Intendiamoci, Apple non deve correre ai ripari. Ma se vuole ritornare ad essere quella società che guarda tutti a cinque anni di distanza (tecnologica) deve innovare in maniera più profonda. Per questo c’è chi scommette su uno sviluppo futuristico della Apple Tv (la televisione secondo Apple, una delle poche scommesse mancate di Steve Jobs), e chi invece pronostica una diffusione di massa di Siri, l’interfaccia vocale introdotta in via sperimentale sul recente iPhone 4S.

Di certo, molte delle sfide si giocheranno sul piano del software. Il successo di iTunes e dell’AppStore, in fondo, dimostrano che si possono fare tanti soldi senza produrre nulla, ma semplicemente facendo da intermediari fra i produttori di contenuti e gli utenti.

La scorsa estate Apple ha superato i 15 miliardi di download daAppStore, generando un guadagno complessivo di 3,6 miliardi di dollari: di questi il 70% è andato agli sviluppatori, il resto (oltre 1 miliardo) è finito nella casse di Cupertino. iTunes, da solo, fa il doppio del fatturato diYahoo, mentre la quota distribuita da Apple ai suoi sviluppatori in un quarto (700 milioni di dollari) è più del doppio dell’intero profitto di Sunnyvale.

In questo senso occorre spendere due parole su quello che potrebbe essere il prossimo terreno di conquista del gigante americano: il settore dell’istruzione. La scorsa settimana l’azienda ha rivelato i suoi piani per penetrare in modo massiccio all’interno delle scuole. Applicazioni, soprattutto, che permetteranno agli studenti di tutto il mondo di mettere in soffitta i vecchi e pesantissimi libri di testo per passare a una nuova modalità di apprendimento. Nella quale le lezioni universitarie, i corsi di lingue, gli audiolibri e le visite guidate passeranno attraverso l’infrastruttura di iTunes Store. E naturalmente l’iPad.

Si tratta di un piano ambizioso che potrebbe avere una portata dirompente, considerato il bacino di utenti in gioco. Sul piatto non c’è solo la vendita di tavolette digitali e delle applicazioni associate ma qualcosa di più grande: l’impatto che avrà Apple sulle generazioni future.

Gli studenti di oggi sono gli utenti di domani ed Apple sa bene che fare breccia fra le nuove leve potrebbe consegnarle un giorno una customer base che non avrà altro Dio (informatico) al di fuori della Mela.

Seminare oggi per raccogliere domani, insomma. Su larga scala è un po’ quello che ha fatto Autodesk con i suoi software di progettazione, divenuti veri e propri standard di fatto grazie proprio alla penetrazione nelle Università tecnologiche di mezzo mondo.

Molto dipenderà anche dalla capacità di offrire sussidi o agevolazioni agli istituti (piuttosto che ai singoli studenti). Per farlo, Apple dovrebbe rinunciare a una parte del suo stratosferico profitto in considerazione dei vantaggi che potrebbero derivarle un domani. Una politica per certi versi controcorrente a quello che è sempre stato il Jobs-pensiero. O forse, qualcosa che risponde a una delle tante bozze che il guru di Cupertino ha lasciato nei suoi cassetti.


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