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Approfondimenti/ Storia. L’affaire Dreyfus, di Federica Fanuli

Creato il 21 ottobre 2014 da Antonio Conte

Federica Fanuli, 31 anni, si laurea con 110 e Lode in Scienze Politiche e delle Relazioni Internazionali, presso l’Università del Salento, con una tesi in Relazioni Internazionali in cui analizza i pilastri della politica estera di Ahmadinejad, Presidente della Repubblica islamica dell’Iran dal 3 agosto 2005 al 3 agosto 2013: la questione ebraica e la questione nucleare. Procede i suoi studi universitari a Lecce e consegue la Laurea specialistica in Scienze Politiche, Comunitarie e delle Relazioni Internazionali, con 110 e Lode, scrivendo una tesi, in Storia dei Trattati e della Politica internazionale, sull’Amministrazione Nixon e le relazioni indo-pakistane. Nei primi anni ’70, la terza guerra tra India e Pakistan fa da sfondo alla normalizzazione delle relazioni diplomatiche tra Washington e Pechino, grazie all’abilità politica del binomio Nixon-Kissinger di sfruttare i legami con Islamabad. Aspirante analista di politica internazionale, collabora dal 2009, come contributor settore mediorientale, con il Centro Studi Internazionali e, co.co.pro. dal 2009 al 2013, Federica ha lavorato presso una società che offre consulenza tecnica alla regione Puglia per il Programma di Sviluppo Rurale. Al momento studia per il Dottorato di ricerca in Storia moderna e contemporanea.

Federica Fanuli, 31 anni, si laurea con 110 e Lode in Scienze Politiche e delle Relazioni Internazionali, presso l’Università del Salento, con una tesi in Relazioni Internazionali in cui analizza i pilastri della politica estera di Ahmadinejad, Presidente della Repubblica islamica dell’Iran dal 3 agosto 2005 al 3 agosto 2013: la questione ebraica e la questione nucleare. Procede i suoi studi universitari a Lecce e consegue la Laurea specialistica in Scienze Politiche, Comunitarie e delle Relazioni Internazionali, con 110 e Lode, scrivendo una tesi, in Storia dei Trattati e della Politica internazionale, sull’Amministrazione Nixon e le relazioni indo-pakistane. Nei primi anni ’70, la terza guerra tra India e Pakistan fa da sfondo alla normalizzazione delle relazioni diplomatiche tra Washington e Pechino, grazie all’abilità politica del binomio Nixon-Kissinger di sfruttare i legami con Islamabad. Aspirante analista di politica internazionale, collabora dal 2009, come contributor settore mediorientale, con il Centro Studi Internazionali e, co.co.pro. dal 2009 al 2013, Federica ha lavorato presso una società che offre consulenza tecnica alla regione Puglia per il Programma di Sviluppo Rurale. Al momento studia per il Dottorato di ricerca in Storia moderna e contemporanea.

l’Affaire Dreyfus, antisemitismo e antisionismo 

L’affare Dreyfus è uno scandalo politico-giudiziario che sconvolge la Francia della Terza Repubblica, nel 1894. Capitano di artiglieria, di estrazione ebraica, Alfred Dreyfus è accusato di spionaggio per aver rivelato a un militare tedesco informazioni segrete sulla organizzazione militare francese. All’indomani della Guerra Franco-Prussiana, la Francia della Terza Repubblica è attraversata da una serie di scontri, tra repubblicani e sostenitori della Monarchia, e indebolita dall’ipotesi di un imminente colpo di stato. Processato e condannato ai lavori forzati, l’intensa campagna di stampa condotta da Emile Zola consente la scarcerazione e la riabilitazione del Generale Dreyfus, sebbene le sue origini abbiano rafforzato il concetto di cospirazione legato all’ascendenza ebraica. Un antisemitismo atavico, medievale, che diventa fonte d’ispirazione per il Movimento sionista di Herzl e la ricerca indiscussa della Terra Promessa.

I fatti

La drammatica vicenda del Capitano d’artiglieria dell’Esercito francese, Alfred Dreyfus, ebbe inizio nel 1894, con la scoperta di un biglietto anonimo e non datato in cui un Ufficiale di Stato maggiore francese indicava, a un militare dell’Ambasciata tedesca a Parigi, una serie di documenti riservati attinenti all’Esercito francese. L’elenco fu trovato in mille pezzi, dentro il cestino della carta straccia, da Marie Bastian, una donna delle pulizie in servizio presso l’ambasciata tedesca, probabilmente agente del controspionaggio francese. La donna fece pervenire il biglietto al Maggiore Henry e, il 13 ottobre 1894, Dreyfus fu arrestato[i]. Processato a porte chiuse, la vicenda terminò nel 1895. Un caso di spionaggio che sarebbe in realtà durato ben dodici anni. Giudicato dalla Corte Marziale colpevole di alto tradimento e spionaggio, Dreyfus fu degradato e deportato sull’Isola del Diavolo, nella Guyana Francese, per scontarvi l’ergastolo ai lavori forzati[ii]. A dire il vero, nei ranghi dell’Esercito francese sibilava già da qualche tempo la parola “tradimento”, con cui si cercava di spiegare la sconfitta subìta a Sédan nella guerra contro la Prussia[iii]. La Guerra Franco-Prussiana scoppiò a seguito di un incidente diplomatico legato al cosiddetto dispaccio di Ems, un telegramma reso pubblico da Bismarck che conteneva una dichiarazione di Guglielmo I contro Napoleone III. La Francia dichiarò così guerra alla Prussia, ma dopo poche settimane dall’inizio del conflitto Napoleone III fu sconfitto e imprigionato a Sédan, mentre a Parigi fu proclamata la Terza Repubblica[iv]. L’affaire Dreyfus divenne motivo di divisione tra l’opinione pubblica. Da una parte, vi erano i dreyfusards, intellettuali e politici che ritenevano si trattasse di una clamorosa prova di antisemitismo; dall’altra, gli antidreyfusards, antisemiti. Nel 1896, il Colonnello Georges Picquart tentò la riapertura del caso, redigendo una relazione nella quale dimostrava l’innocenza del Capitano e la colpevolezza del Maggiore Ferdinand Walsin Esterhazy, nobile di origini antiche oppresso dai debiti di gioco. Picquart fu ben presto rimosso dal suo incarico e spedito in una zona di guerra; sebbene fosse riuscito a informare in tempo il Vicepresidente del Senato Auguste Scheurer-Kestner e lo scrittore ebreo Bernard Lazar, amico della famiglia Dreyfus, che lanciò una campagna innocentista, alla quale aderì anche lo scrittore Emile Zola[v]. Il 13 gennaio 1898, infatti, sulla rivista letteraria Aurore fu pubblicata la sua famosa lettera destinata al Presidente della Repubblica, intitolata “J’accuse!”. Di tutta risposta, lo Stato Maggiore ordinò l’arresto di Piquart e processò Zola per vilipendio delle forze armate, scatenando i giornali nazionalistici contro ebrei, democratici e liberali[vi]. Nel 1898, Ferdinand Walsin-Esterházy confessò di aver contraffatto i documenti obbedendo a ordini superiori. Nel 1899, di fronte alla Corte di Cassazione, un nuovo processo portò a un secondo giudizio di colpevolezza per Dreyfus, con una riduzione della condanna a dieci anni di carcere. Fu il nuovo governo progressista ad annullare la sentenza e concedere l’amnistia a Dreyfus che, nel 1906, fu pienamente riabilitato da una sentenza definitiva della Corte di Cassazione, reintegrato nell’Esercito con il grado di Maggiore e insignito della Medaglia della Legion d’Onore[vii].

Dreyfus, Antisemitismo e Antisionismo

L’affare Dreyfus divenne una questione nazionale. L’oggetto della polemica era costituito dall’origine ebraica dell’imputato, perché le sue origini conducevano direttamente all’accusa di tradimento e di cospirazione. Un accostamento che ha radici profonde, poiché gli ebrei sono stati storicamente accusati d’infedeltà. Il caso traccia un solco profondo che giunge fino a noi, non a caso l’antisemitismo contemporaneo si fa risalire a tale vicenda[viii]. La parola “antisemitismo” fu coniata da Wilhelm Marr, ex socialista convertito ai valori germanici, nel libro Semite Jude, una campagna di diffamazione contro gli ebrei molto violenta che risale alla fine dell’Ottocento e che favorirà successivamente la nascita del mito ariano[ix]. L’antisemitismo nei paesi occidentali comincia ad assumere carattere aggressivo con l’affaire Dreyfus. All’epoca, decisivo fu il ruolo della stampa. I giornali, soprattutto di orientamento cattolico, riuscirono a pilotare una parte dell’opinione pubblica verso la convinzione ideologica che la Francia fosse minacciata da macchinazioni ebraiche[x]. Una concezione ideologica che sarà poi avallata dalla pubblicazione de “I Protocolli dei saggi anziani di Sion”. Una falsificazione propagandistica antisemita, redatta dalla polizia segreta russa, che descriveva un piano di conquista del mondo organizzato dalla comunità ebraica, attraverso il dominio e il controllo dei punti strategici delle moderne società occidentali, quali la finanza, la stampa, l’economia, gli eserciti militari, la morale e la cultura[xi]. L’antisemitismo è impregnato di pregiudizi e atteggiamenti persecutori contro gli ebrei. Era opinione diffusa che i giudei muovessero i fili del mondo e la cui liberazione passasse, obbligatoriamente, dall’individuazione e dalla neutralizzazione di tali “parassiti”. Una logica del complotto quanto mai attuale. L’ebreo contaminava le società con le quali entra in contatto e alimentava l’antigiudaismo di matrice cristiana. Gli attacchi antisemiti provenivano soprattutto dagli ambienti cattolici e reazionari e se gli intellettuali schierati a favore di Dreyfus erano ispirati dai principi di giustizia e libertà, quelli che guidavano l’impegno degli antidreyfusards erano intrisi di nazionalismo. Strettamente connesso al nazionalismo era l’antisemitismo[xii]. La razza francese andava protetta, purificata dal contagio delle altre razze, quella ebraica, virus infetto da estirpare dall’organismo della nazione. Uno sterminio che si concretizzerà nell’Olocausto. Ben diverso l’antisionismo. Un giovane giornalista ungherese di religione ebraica, Theodor Herzl, inviato dal suo giornale a seguire gli sviluppi della vicenda Dreyfus, comprese che in nessuna nazione, persino nella terra dell’Illuminismo, laddove si formò lo spirito laico, l’antisemitismo avrebbe consentito l’integrazione sociale. Herzl scrisse Lo Stato Ebraico, in cui teorizzava il diritto all’autodeterminazione del popolo ebraico che avrebbe dovuto avere una propria patria, dove finalmente gli ebrei sarebbero stati al sicuro dall’odio antisemita[xiii]. L’opinione, secondo la quale gli ebrei non avrebbero mai potuto vivere in sicurezza senza un proprio Stato, trovava conferma nell’ondata di antisemitismo in Europa, nelle persecuzioni e nelle leggi discriminatorie di cui gli ebrei erano vittime indiscusse sin dai secoli passati. Il prefisso “anti” rivela la natura avversativa, l’opposizione allo Stato di Israele, poiché considerato storicamente illegittimo o privo di una ragione storica per esistere. Herzl, nel 1897, convocò la nota Conferenza di Basilea in Svizzera e, in seguito al primo Congresso Sionista, pubblicò un documento intitolato Il Programma di Basilea destinato agli ebrei dispersi nella Diaspora e alle nazioni nelle quali essi vivevano. Il Congresso sionista di Basilea stabilì che l’insediamento di agricoltori ebrei nella Palestina turca, l’organizzazione e l’unità degli ebrei di tutto il mondo, la formazione di una coscienza nazionale ebraica e l’appoggio politico alla causa sionista da parte di diversi governi del mondo avrebbero garantito uno Stato in cui stabilirsi[xiv]. Gli accordi di pace e la Dichiarazione Balfour sembrarono concedere la possibilità di ottenere uno Stato indipendente in Palestina, sotto il mandato britannico, e mentre s’intensifica l’emigrazione ebraica verso la Palestina, il mondo occidentale si avvia verso un antisemitismo sempre più crudele. Questo processo è accelerato dalla nascita dei totalitarismi, il nazismo in Germania, lo stalinismo in Unione Sovietica e il fascismo in Italia. Nel corso del tempo, l’antisionismo è diventato la più pericolosa ed efficace forma di antisemitismo, attraverso la sistematica delegittimazione e demonizzazione dello Stato di Israele, che nacque il 14 maggio 1948[xv]. Gran parte di questa diffamazione e criminalizzazione deriva sicuramente dalla causa palestinese e dalla forza di Israele che si manifesta ripetutamente negli interventi militari. Le manifestazioni a favore della Palestina, che sorgono in alcune capitali europee a ogni nuovo round delle ostilità, non devono essere il terreno fertile e il pretesto per coloro che, dietro la solidarietà alla Striscia di Gaza, celano un radicato antisemitismo pericoloso. Nomadi, assetati di sangue, cospiratori e invasori che hanno conquistato con la forza la Palestina, manipolati dalla Gran Bretagna e poi dagli Stati Uniti. Gli ebrei sono spesso colpiti in quanto tali, non perché unanime condividano la politica di Netanyahu[xvi]. La costruttiva opposizione politica a Israele, sulla base di “critiche” conoscenze storiche, non coincide con le manifestazioni di odio razziale e religioso. Il conflitto israelo-palestinese da decenni infetta l’Europa di antisemitismo e non si può escludere che nelle sinagoghe prese di mira con molotov, come accaduto proprio nella Sarcelles – la “piccola Gerusalemme” alla periferia di Parigi – fossero raccolti in preghiera ebrei di ogni estrazione politica e, per di più, estranei alle offensive israeliane su Gaza. La frase “Hitler aveva ragione” tira in ballo tutto l’orrore possibile[xvii]. L’antisionismo però non è un sentimento estraneo alla popolazione ebraica. Gli ebrei ortodossi, appartenenti al movimento dei Naturei Karta – Guardiani della città, in lingua aramaica – sono antisionisti. Fondato dal Rabbino Aharon Katzenelbogen, nel 1938, il gruppo dei Neturei Karta combatte il Sionismo, perché considerato alla stessa stregua del Colonialismo, gli ebrei hanno occupato il territorio palestinese[xviii]. Il Rabbino Moshe Hirsch è stato consigliere di Arafat per gli Affari Ebraici del governo palestinese e, nel 2005, una delegazione ha preso parte alla Marcia per la Liberazione di Gaza[xix]. Diversi componenti del Neturei Karta si recano regolarmente in Iran e, nel 2006, hanno anche partecipato, su invito dell’allora Presidente della Repubblica islamica Ahmadinejad, alla famosa Conferenza sull’Olocausto, alla quale presero parte revisionisti e negazionisti della Shoah. Il sostegno a favore della popolazione palestinese, che non è una negazione dei diritti umani della popolazione ebraica, ha una natura prettamente religiosa con riflessi politici, poiché risponde alla volontà di Dio. “I sionisti devono cedere l’intera terra alla Palestina e attendere la venuta del Messia per riavere Israele” si legge a Mea Shearim, il quartiere di Gerusalemme che ospita gli ebrei ortodossi, secondo le rigide osservanze dei libri sacri della Torah e del Talmud[xx]. È chiaro dunque che se, da una parte, l’antisemitismo non corrisponde all’antisionismo; dall’altra parte, spesso erroneamente, i due fenomeni si sovrappongono.

Quale soluzione?

Capro espiatorio, ma anche prova di diffidenza e persecuzione verso gli ebrei, l’affaire Dreyfus offre spunti interessanti per tornare indietro nel tempo e tracciare l’excursus storico dell’accanimento sociale contro le comunità ebraiche accusate di cospirare, ordire un complotto al fine di dominare il mondo, politicamente ed economicamente, e distruggere la religione cattolica. La giudaica perfidia degli ebrei deicidi, che hanno condannato Cristo alla croce e che compivano rituali macabri sui bambini cristiani. Guardando avanti però, il vecchio antisemitismo di matrice europea non è morto con Auschwitz, ma si è rigenerato congiungendosi a quello islamico di natura politica e religiosa. L’antisemitismo resta una patologia che resiste e che andrebbe combattuta culturalmente e con il riconoscimento del diritto di Israele di esistere e di garantire il rispetto dei diritti della popolazione palestinese, in virtù di una cooperazione internazionale, che appare complicata dall’instabilità della regione mediorientale che non può essere meramente ricondotta al conflitto israelo-palestinese.

Federica Fanuli

[i] Cfr. T. Conner, The Dreyfus Affair and the Rise of the French Public Intellectual, McFarland, 2014, p. 57.
[ii] Cfr. A. Silvestri, Il caso Dreyfus e la nascita dell’intellettuale moderno, Franco Angeli, 2012, p. 69.
[iii] Cfr. http://www.dreyfus.culture.fr/en/bio/bio-html-ferdinand-walsin-esterhazy.htm.
[iv] Cfr. http://siba2.unisalento.it/moneta/index.php?sec=bio&page=history8.
[v] Cfr. A. Silvestri, Il caso Dreyfus e la nascita dell’intellettuale moderno, Franco Angeli, 2012, pp. 90-93.
[vi] Ibid., pp. 162-167.
[vii] Cfr. http://www.dreyfus.culture.fr/en/bio/bio-html-ferdinand-walsin-esterhazy.htm.
[viii] Cfr. A. Silvestri, Il caso Dreyfus e la nascita dell’intellettuale moderno, Franco Angeli, 2012, pp. 95-98.
[ix] Cfr. https://www.jewishvirtuallibrary.org/jsource/biography/WilhelmMarr.html.
[x] Cfr. Cfr. A. Silvestri, Il caso Dreyfus e la nascita dell’intellettuale moderno, Franco Angeli, 2012, pp. 98-101.
[xi] Cfr. W. Benz, I protocolli dei savi di Sion. La leggenda del complotto ebraico, Mimesis Edizioni, 2009, pp. 27-35.
[xii] Cfr. Cfr. A. Silvestri, Il caso Dreyfus e la nascita dell’intellettuale moderno, Franco Angeli, 2012, pp. 39-45.
[xiii] Cfr. R. Finzi, L’antisemitismo: dal pregiudizio contro gli ebrei ai campi di sterminio, Giunti Editore, 1997, pp. 37-40.
[xiv] Cfr. http://storiadisraele.blogspot.it/2010/08/herzl-e-la-home-ebraica-il-sionismo.html.
[xv] Cfr. http://www.osservatorioantisemitismo.it/antisemitismo/; http://www.isral.it/web/web/risorsedocumenti/27gennaio_antisemitismo.htm.
[xvi] Cfr. http://it.ibtimes.com/articles/69006/20140731/antisemitismo-esodo-ebrei-israele-palestina-gaza-odio.htm.
[xvii] Cfr. http://www.huffingtonpost.it/2014/07/22/antisemitismo-manifestazioni-pro-gaza_n_5608708.html.
[xviii] Cfr. http://www.nkusa.org/aboutus/.
[xix] Cfr. http://fiammanirenstein.com/articoli.asp?Categoria=1&Id=30.
[xx] Cfr. http://ilmanifesto.info/le-origini-dellantisionismo-degli-ebrei-ortodossi/.

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