Approfondimento: Parigi tra sangue e terrore
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Fino a due giorni fa, i fratelli Said e Cherif Kouachi erano due semplici persone, trasferite in Francia dall’Algeria, dove erano nati. Fino a due giorni fa, mai si sarebbe pensato che facevano parte di una cellula jihadista che stava preparando un attentato a Parigi, il quale ha causato la morte di dodici persone.
Tre giorni fa, da comuni persone sono diventati il tema principale di ogni giornale e di ogni agente delle forze dell’ordine impegnato nella ricerca, per arrestare i malviventi e decidere una pena da far scontare in base a quanto avevano fatto. Nella tarda mattinata di mercoledì sette gennaio, i due fratelli franco – algerini si sono recati in un quartiere del centro di Parigi e, minacciando un dipendente, sono potuti entrare nella sede di Charlie Hebdo, un quotidiano satirico che con le sue vignette riguardanti la fede islamica li aveva offesi ed irritati, così hanno deciso di manifestare il loro sdegno in maniera che il messaggio arrivasse forte e chiaro.
Armati di fucili AK-47, hanno iniziato a sparare ai giornalisti e vignettisti del giornale, compreso il direttore, al grido “Allah Akbar“, che significa “Allah è grande”. Una volta usciti dall’edificio, hanno ingaggiato una scontro a fuoco con due poliziotti, uccidendoli.
In pochi minuti, i due terroristi hanno ucciso dodici persone, per poi scomparire nel nulla. La Polizia ha subito iniziato le ricerche, ma per un intero pomeriggio e per tutta la sera, dei due fratelli si era persa ogni traccia.
L’allerta, nel frattempo, era salita non solo a Parigi, ma anche nelle maggiori città europee, compresa Roma, dove i poliziotti dovevano indossare obbligatoriamente il giubbotto anti proiettile, mentre San Pietro era controllata palmo a palmo. Stessa cosa a Londra, Berlino, Madrid.
Circola in tutto il mondo il video, ripreso da un uomo dal tetto di un edificio, di uno dei terroristi che si avvicina a uno dei poliziotti feriti, e senza troppe cerimonie gli spara alla testa. Era un uomo ferito, disarmato, si scopre più tardi di fede islamica. Non si trovano parole per poter spiegare un simile gesto.
Ma per Parigi non è ancora finita: ieri, i fratelli vengono trovati. Braccati dalle squadre speciali, si sono nascosti dentro una tipografia, prendendo in ostaggio un suo dipendente. Contemporaneamente, un uomo prende in ostaggio sei persone all’interno di un negozio kosher.
By Thierry Caro (Own work) [CC BY-SA 4.0], via Wikimedia Commons
Amedy Coulibali è il terzo uomo, scoperto poi appartenere alla stessa cellulare terroristica, che è entrato nel negozio ebreo sparando e barricandosi al suo interno. Anche qui, le teste di cuoio sono intervenute immediatamente, delimitando la zona e cercando di parlare con il terrorista.Ma gli unici a voler parlare con la Polizia sono stati i due fratelli algerini, che hanno affermato che sono pronti a morire da martiri. A seguito di questa affermazione, la Polizia ha capito che l’intervento per liberare gli ostaggi doveva avvenire immediatamente, in quanto i terroristi erano pronti a morire pur di portare a termine il loro progetto, uccidendo sicuramente anche gli ostaggi.
E la parola fine a questo “week end di paura” la scrivono proprio le teste di cuoio, che una volta deciso il piano, sono entrati con forza nella tipografia e nel negozio, facendo fuoco contro i terroristi che li aspettavano con le armi puntate, pronti a sparare.
Il bilancio è di quattro ostaggi morti, oltre a Said e Cherif Kouachi e al terzo compagno, Amedy Coulibali. Quest’ultimo, inoltre, è stato riconosciuto come l’uomo che l’otto gennaio, il giorno dopo l’attentato a Charlie Hebdo, ha sparato a un agente di Polizia, ma ancora non si conoscono esattamente le circostanze. I fratelli Koauchi invece erano rientrati in Francia nell’estate dell’anno appena trascorso, dopo aver combattuto in Siria per qualche anno. Uno dei due aveva inoltre partecipato a delle battaglie in Yemen e in Iraq, mentre l’addestramento di entrambi era stato fatto tra lo Yemen e in un grande parco proprio a Parigi, nell’incredulità dei passanti, che quando sono stati intervistati e messi al corrente di quanto avveniva in quei giardini, sono rimasti attoniti e sconvolti.
By Thierry Caro (Own work) [CC BY-SA 4.0], via Wikimedia Commons
Ma come si è arrivati a scoprire che i responsabili dell’attentato al giornale parigino erano i due Kouachi, dato che indossavano il passamontagna? Merito, forse, della sbadataggine proprio dei due trentenni, che oltre a caricare nell’auto un numero imprecisato di armi, avevano con sè anche la propria carta d’identità. Una volta abbandonata l’auto, hanno dimenticato il documento al suo interno, e quando la Polizia ha ritrovato il veicolo, dopo qualche minuto si conosceva tutta la storia dei due uomini.Per quanto riguarda oggi, l’allerta rimane comunque alta, perché all’appello manca Hayat Boumeddiene, una donna che pare sia la compagna di Coulibali e che sarebbe pienamente coinvolta negli attentati. A un primo riscontro, sembrava che la donna fosse all’interno del negozio, ma al momento dell’operazione che ha ucciso Amedy non si erano trovati altri uomini. Proprio per questo, si pensa che la donna si sia finta un ostaggio, e portata al sicuro assieme agli altri.
Alla sera del sette gennaio, la popolazione francese è scesa nelle piazze, per una cerimonia in ricordo delle persone uccise a Charlie Hebdo, durante la quale anche la Torre Eiffel si è spenta per un minuto. Cerimonie simili ci sono state anche a Roma e nelle altre città italiane ed estere. Anche domenica ci sarà una seconda cerimonia, più grande, per ricordare tutti i morti e i feriti in questi tre giorni d’inferno. Saranno presenti i Presidente Hollande, Renzi, Merkel, Cameron, Rajoy e Poroshenko. Sarà una Parigi blindata quella che troveranno i presenti, avendo alzato il livello della sicurezza anche nelle zone circostanti la capitale.
“Ci saranno altri attacchi fino a quando non smetterete di combattere Allah e i suoi credenti.“
Queste le parole dal Califfato, che considera i terroristi degli eroi, dei martiri che sono morti per far valere la loro causa. La paura, quindi, non può definirsi passata. Ancora una volta, l’Occidente si trova a fare i conti con gli effetti delle operazioni militari volte a sconfiggere un nemico che aumenta di giorno in giorno, che trova seguaci anche in Italia, come in Inghilerra, Francia e Germania. L’ISIS è un nemico invisibile, che forse non sarà mai del tutto sconfitto.
Cosa si può fare, dunque? Al momento, non c’è una risposta.
di Alessandro Bovo
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