Magazine Racconti
Come in un paradosso, i figli delle montagne hanno dato vita al primo Yacht Club italiano. E quanti Torinesi sono andati alla conquista del mondo con la loro genialità visionaria o tremendamente concreta: per esempio il “pomologo artificiale” Garnier Valletti; per esempio Marcel Bich, l’inventore della penna a sfera; per esempio Riccardo Gualino, il grande Gatsby della finanza spericolata e del collezionismo d’arte; senza dimenticare Francesco Cirio, che riuscì a mettere in scatola la natura, o la signora Lenci che popolò il mondo di bambole. I Torinesi sono stati inarrestabili fino a quando, liquidata la monarchia, si sono dati come principe Gianni Agnelli, considerandolo il vero signore d’Italia e il suo ambasciatore. E’ una storia di grandezze ma anche di bassezze quella raccontata da Osvaldo Guerrieri. Santità, criminalità, densità sublimi del pensiero politico, altezze dell’arte, svenevolezze crepuscolari, rivelazioni ultrasensibili si intrecciano in questo libro così come si sono intricate in centocinquant’anni di rimescolamenti. E’ la narrazione non di uno storico ma di un turista davanti alle vetrine della storia, che al termine della sua passeggiata faziosa, approdando al sovvertimento delle identità, si domanda: esistono ancora i Torinesi?Osvaldo Guerrieri è nato a Chieti e vive a Torino. È giornalista e critico teatrale de La Stampa, attività per la quale ha ricevuto nel 2003 il Premio Flaiano per il Teatro. È autore dei romanzi L’archiamore, Un padre in prestito, Natura morta con violino oltremare, dei volumi di racconti L’ultimo nastro di Beckett e altri travestimenti e Alè Calai. Fra i suoi saggi teatrali La Grecia in pantofole di Alberto Savinio in Le lingue italiane del teatro a cura di Tullio De Mauro. Con Neri Pozza ha pubblicato Istantanee e L’insaziabile***SABATO 12 MAGGIO ore 13.30 Sala AzzurraInterviene: Giovanna ZucconiSABAT0 12 MAGGIO ore 18.30 - Salone OFFBiblioteca Multimediale ArchimedePiazza Campidoglio, 50 - Settimo TorineseAMITAV GHOSH Il fiume dell'oppio«Oppio e potere. Con Ghosh la storia diventa romanzo».Irene Bignardi - La Repubblica«Amitav Ghosh lavora con la minuzia e la pretesa esaustiva dell'enciclopedista, ma l'enciclopedia è al servizio di una narrazione continuamente sorprendente e densa di colpi di scena».Maria Giulia Minetti - La Stampa«Se Mare di papaveri ci stupì, Il fiume dell'oppio è una conferma.Ghosh ha vinto ancora la sua sfida».Goffredo Fofi - Il Sole 24 OreÈ il settembre del 1838 quando una terribile burrasca si abbatte sulla Ibis, la goletta a due alberi della «Benjamin Brightwell Burnham» in viaggio verso Mauritius con il suo carico di «coolie», di «delinquenti». Come un uccello mitologico in balia del vento, con il bompresso come un grande becco e le vele come due enormi ali spiegate, la Ibis resiste miracolosamente alla furia dell'uragano. Nel fracasso della tempesta, tuttavia, tra lampi, tuoni e marosi, una scialuppa si allontana lestamente dalla goletta. È una barca di fuggitivi e a bordo reca due lascari, i leggendari marinai che parlano una lingua tutta loro, e tre coolie che dovrebbero scontare la loro pena a Mauritius: Kalua l'ex lottatore strappato ai campi di papaveri indiani, Ah Fatt, il figlio di un ricco mercante di Bombay e di una donna cinese, Neel, il raja di Raskhali che ha sperperato la sua ricchezza, indebitandosi con i mercanti inglesi e finendo galeotto tra le stive della nave inglese. Qualche giorno dopo attracca a Mauritius un brigantino ridotto anch'esso male in arnese dopo una traversata segnata da disgrazie e tragedia: il Redruth di Fitcher Penrose, il cacciatore di piante. A Port Louis, però, Fitcher ha di che rallegrarsi. Nel porto di Mauritius fa, infatti, bella mostra di sé uno dei più venerati orti botanici del mondo in cui hanno prestato la loro opera lo scopritore della buganvillea e quello del pepe nero. Chi, invece, non ha da essere lieto per nulla è Bahram Modi, il mercante Parsi partito da Bombay alla volta di Canton con la sua Anahita, un agile ed elegante vascello a tre alberi con la stiva di prua completamente piena di oppio. A meno di cento miglia a ovest della Grande Nicobar, il fortunale ha sorpreso la nave e l'intero carico di oppio si è sganciato. Bahram contava di arrivare presto a Fanqui-town, come veniva chiamata un tempo Canton, dove tutti lo conoscono come Barry Moddie , un uomo sicuro di sé e di enorme successo appartenente alla ristretta schiera dei daaih-baan, i mercanti stranieri in buoni rapporti coi mandarini. Ora buona parte del prezioso carico è andata perduta e i venti di guerra già soffiano alla bocca del Fiume delle Perle, dove i vascelli inglesi attraccano sulle isole sparse nell'acqua che, come denti che sorgono dal mare, accolgono gigantesche navi e barche-granchio le quali, spinte da trenta remi, trasportano di soppiatto l'oppio nel cuore della Cina... Secondo romanzo della «trilogia della Ibis» dopo Mare di papaveri, Il fiume dell'oppio conduce il lettore nelle acque agitate dell'Oceano indiano allo scoppio del primo conflitto dell'oppio. Tra mercanti, soldati della Compagnia delle Indie orientali, coolie, marinai di tutte le razze e lingue e raja in rovina, Amitav Ghosh ricostruisce mirabilmente il mirabile incrocio di culture, guerre e naufragi da cui è sorta l'India moderna.Amitav Ghosh è nato a Calcutta nel 1956, ha studiato a Oxford e vive tra la sua città natale e New York. Considerato «uno dei più grandi scrittori indiani» (la Repubblica), è autore di Lo schiavo del manoscritto (Neri Pozza 2009), Mare di papaveri (Neri Pozza 2008 - Beat edizioni 2011), Il cromosoma Calcutta (Neri Pozza 2008), Il palazzo degli specchi (Neri Pozza 2007), Circostanze incendiarie (Neri Pozza 2006), Il paese delle maree (Neri Pozza 2005). www.amitavghosh.com%20www.theibistrilogy.com
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